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Epidemia di PSC nei cinghiali

Le misure di lotta hanno avuto successo!
Nel mese di maggio 1998 sono stati registrati nel Cantone Ticino i primi casi di peste suina classica nei cinghiali. Il focolaio di origine si è verificato nella vicina provincia di Varese nella primavera del 1997 (val Cuvia), da dove la malattia si è diffusa in direzione settentrionale. Grazie all'istituzione di una zona a rischio e all'adozione di una serie di misure è stato possibile combattere efficacemente la malattia. Oggi i nostri cinghiali sono nuovamente sani e negativi all'esame virologico.

Cronologia

Primavera 1997: Apparizione della peste suina classica (PSC) nella provincia di Varese, nella zona della val Cuvia, dove si osserva un'elevata mortalità nei cinghiali nel corso del 1997; diffusione della malattia sul territorio provinciale, in direzione del Cantone Ticino e più precisamente delle regioni del Malcantone e del Gambarogno.

15 maggio 1998: Primi casi accertati in Ticino e in Svizzera nelle località di Sessa, Bedigliora e Croglio.

Maggio-dicembre 1998: Progressiva diffusione del virus nella zona a rischio istituita dal Veterinario cantonale, comprendente le regioni del Malcantone, la sponda destra del Vedeggio e il Gambarogno.

Marzo 1999: Fine della fase epidemica della malattia.

Aprile 1999 - maggio 2001: Buona immunizzazione naturale della popolazione di cinghiali nella zona a rischio; nessun animale positivo all'esame virologico.

Maggio 2001: Revoca della zona a rischio.

Evoluzione

Le seguenti cartine illustrano tre momenti ben distinti e caratteristici relativi all'evoluzione della situazione epidemiologica della PSC all’interno della zona a rischio.

Periodo maggio - luglio 1998

Il fronte della malattia è situato nell'alto Malcantone, nelle zone a ridosso con la confinante provincia di Varese.
Durante la fase epidemica della malattia i cinghiali sono molto ricettivi al virus poiché non dispongono di alcuna difesa immunitaria. Vi è dunque un numero elevato di animali che periscono e risultano positivi all'analisi virologica, ma che sono ancora privi di anticorpi (rossi). In una parte degli animali infetti, cioè portatori del virus, è possibile rilevare la presenza di anticorpi (blu): sono i cinghiali che hanno subito l'infezione da qualche settimana e stanno lottando contro la malattia. Altri invece non sono ancora entrati in contatto con il virus (neri): sono soprattutto cinghiali abbattuti in località distanti dai luoghi dove il virus ha fatto la sua apparizione.

Periodo dicembre 1998 - gennaio 1999

I casi di PSC sono ormai diffusi all'intera zona a rischio.

Nelle zone dove il virus è comparso inizialmente, gli animali ricettivi al virus sono in diminuzione: da un lato perché la malattia ha decimato la popolazione dei cinghiali, dall’altro perché è in aumento il numero di animali sopravvissuti che hanno sviluppato anticorpi contro la peste (verdi). Una volta prodotti gli anticorpi, quest'ultimi conferiscono una protezione immunitaria duratura. Il virus compare ora nei comuni confinanti con la zona colpita inizialmente (rossi e blu), mentre i cinghiali che non sono ancora entrati in contatto con il virus (neri) si trovano soprattutto nei territori della zona a rischio situati più a nord, distanti dall'origine del focolaio.

 

Periodo dicembre 1999 - gennaio 2000

Il virus non viene rilevato in nessuno dei cinghiali abbattuti. Circa la metà degli animali abbattuti risulta portatore di anticorpi (verdi), la restante metà non sembra essere mai venuta a contatto con il virus della PSC (neri). Gli animali sieropositivi appartengono, salvo poche eccezioni, alla categoria di età superiore a 2 anni. Quasi tutti gli animali sieronegativi sono individui giovani, mai entrati in contatto con il virus, oppure nati da madri sieropositive, dalle quali hanno acquisito un'immunità passiva nel frattempo scomparsa.

Modello di lotta contro la PSC nei cinghiali

L'eradicazione della malattia nei cinghiali risulta particolarmente difficoltosa per una serie di ragioni, quali l'impossibilità di interrompere fisicamente il contatto da animale ad animale, la vastità del territorio popolato da questi animali, l'impossibilità di ridurre drasticamente la densità della popolazione senza alterare profondamente la struttura sociale della popolazione, la scarsa efficacia dei vaccini finora utilizzati a titolo sperimentale in altre nazioni (Germania). Gli strumenti di lotta si basano essenzialmente su una corretta gestione della fauna selvatica nell'ambito dell’attività venatoria. La linea di condotta seguita nel Cantone Ticino si è basata sul modello rappresentato nel grafico.

L'attività venatoria è controindicata durante la fase epidemica della malattia - caratterizzata da forme clinicamente manifeste e da un'elevata mortalità - perché non permetterebbe di influenzare in modo significativo la struttura della popolazione (la mortalità principale è determinata dalla malattia stessa) ma provocherebbe lo spostamento sul territorio di animali infetti. Durante questa fase dell'epidemia un'elevata percentuale di animali subisce il contagio e acquisisce un'immunità duratura.

Azioni di caccia al cinghiale devono essere condotte in modo molto determinato dopo che la fase epidemica ha raggiunto il suo apice e dopo che il virus si è diffuso nella zona a rischio, allo scopo di contrastare la ripresa demografica nella popolazione dei cinghiali e di rendere meno probabile la possibilità di contatto tra animali infetti e animali ricettivi al virus. La caccia deve tuttavia essere condotta in modo da salvaguardare la struttura sociale dei cinghiali, caratterizzata da uno spiccato matriarcato, e di preservare la fascia della popolazione meglio protetta dal profilo immunologico. Per questo motivo l'abbattimento dei capi adulti, di peso superiore a 40-50 kg, ed in particolare delle femmine, è controindicato.

Misure adottate per evitare il contagio ai suini

Zona a rischio

Il 12 giugno 1998 è stata istituita una zona a rischio (ZR) estesa alle regioni del Malcantone, alla sponda destra del Vedeggio e al Gambarogno.

Nella zona a rischio sono presenti alcune decine di tenute di maiali, per lo più di carattere familiare. Le misure ordinate sono le seguenti:

  • divieto di alpeggio dei maiali
  • divieto di trasferire suini fuori zona, ad eccezione della macellazione
  • obbligo di installazione di una doppia recinzione per tutte le tenute di maiali
  • controllo sierologico di tutti i suini macellati provenienti dalla ZR

 

Tutte le analisi sierologiche effettuate su una campionatura di suini macellati provenienti dalla zona a rischio hanno dato un risultato negativo.

Altre zone

Nei distretti di Bellinzona e Lugano, confinanti con la zona a rischio, i responsabili degli alpeggi sono stati invitati a custodire i maiali all'interno di spazi delimitati da una doppia recinzione.

Nei Comuni a ridosso della zona a rischio (Cadenazzo, Sant'Antonino, Camorino, Giubiasco, Bellinzona, Pianezzo, Sant'Antonio, Isone, Medeglia), oltre all'obbligo di custodire i maiali all'interno di una doppia recinzione, si procede al monitoraggio sierologico (analisi su campioni di sangue prelevati al momento della macellazione) nelle aziende suinicole.

Per le due recinzioni solide, distanti almeno 2 m l'una dall'altra, si raccomanda una recinzione in rete metallica oppure l'utilizzo di fili con corrente elettrica a tre altezze 30/60/90 cm, in modo da impedire ogni possibilità di contatto tra maiali e cinghiali.

Risultati

Periodo 1 maggio 1998 - 31 aprile 2001.

Grafico 1

Numero cinghiali abbattuti o rinvenuti nella zona a rischio e notificati all'Ufficio del veterinario cantonale (per trimestre). Nella zona a rischio sono stati registrati complessivamente 694 cinghiali.

Grafico 2

Risultati delle analisi sierologiche e virologiche sui cinghiali provenienti dalla zona a rischio. Dati trimestrali effettuati dall'Istituto di virologia ed immunoprofilassi di Mettelhäusern (IVI) su 579 cinghiali (83%) provenienti dalla zona a rischio.

Grafico 3

Come grafico 2, con dati percentuali.

Grafico 4

Risultati analisi cinghiali provenienti da fuori zona a rischio. Sono stati registrati 1183 cinghiali, dei quali 1168 (98,7%) sono stati sottoposti ad analisi sierologica. Un solo animale è risultato sieropositivo (probabile provenienza dalla zona a rischio). Tutti gli animali sono risultati negativi all'esame virologico.