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Autori: Mattia Bertoldi
Data: 21 dicembre 2016

Simona Ferraina, la passione per la fotografia e quel mal d'Africa che non la lascia mai

Aspettando lo sbadiglio del leone

Tutto è cominciato nel 2006, quando una semplice vacanza in Kenya si è trasformata in un amore sfolgorante per i safari fotografici e l'inseguimento di alcuni tra i più bei animali sulla Terra

Sembrava una vacanza come tutte le altre, di quelle che puoi prendere all’ultimo minuto: una manciata di giorni in Kenya, da trascorrere tra il mare di Diani Beach e la savana esplorabile grazie al solito safari. Eppure è stato quello il viaggio che ha cambiato la vita di Simona Ferraina (impiegata alla Sezione degli enti locali), che nel 2006 era provvista solo di una fotocamera compatta e aveva da poco terminato l’apprendistato all’interno dell’Amministrazione cantonale. «Quel viaggio mi ha aperto un mondo. La sera in cui dovevamo lasciare le praterie kenyane per tornare a casa avevo le lacrime agli occhi: avrei voluto rimanere lì, accompagnata solo dalla macchina fotografica».

E invece, cosa è successo?
«Sono tornata in Ticino, ovvio, ma con il desiderio di tornare il più presto possibile in Africa. Innanzitutto, però, dovevo attrezzarmi meglio: ho acquistato una reflex e ho imparato a usarla. Dal 2010 al 2015 non c’è stato anno in cui non ho trascorso almeno dieci giorni nel Continente nero tra Kenya, Tanzania, Namibia, Zimbabwe e Botswana».

Però quest’anno…
«Purtroppo niente Africa. Ma sono stata in British Columbia e in Alberta, in Canada».

Per visitare qualche città?
«Non proprio. Abbiamo noleggiato un’automobile e siamo andate all’inseguimento di orche e di orsi. Grizzly, per l’esattezza».

Siamo?
«È venuta con me mia madre, la partner perfetta per questo tipo di trasferte. Ama i viaggi, la natura e gli animali. Ed è paziente, anche quando uno scatto mi prende minuti, talvolta ore - senza contare la preparazione dello zaino, che è tanto importante quanto la valigia. Ho acquistato un telezoom… Una bellezza, anche se pesa quasi tre chili. Ah, quest’anno sono stata anche in Germania».

Immagino non per vedere una città come Berlino o Monaco…
«No, infatti. In quel caso sono andata a caccia di linci».

E per quanto riguarda l’Africa…
«Ci tornerò, presto. A febbraio sarò di nuovo in Kenya, a settembre sarà la volta di Namibia e Botswana. Sono fortunata: a più di dieci anni dal primo viaggio, ho alcuni contatti che rendono più facile l’organizzazione dei safari. In altri casi, invece, mi iscrivo a dei viaggi organizzati per fotografi in cui imparo sempre molto».

Cosa rappresenta, per te, la fotografia?
«È qualcosa di inspiegabile. Quando mi trovo dietro l’obiettivo e ho inquadrato il mio soggetto, è come se perdessi il controllo: sono intrappolata da ciò che vedo, potrei stare ore e scattare fotografie, una dopo l’altra. Non a caso, durante i miei viaggi esco con l’attrezzatura di mattina e ritorno la sera con piccole pause solo per i pasti».

Risultato?
«In media, 6000 fotografie. Che salvo su più schede, per la paura che una di queste si cancelli. Poi, a casa, ne rielaboro al computer circa un migliaio».

Per poi venderle?
«No! (ride) Sono gelosissima delle mie foto, anche se qualche volta faccio uno strappo alla regola e le cedo agli amici. Da un paio di anni organizzo delle mostre fotografiche con le quali raccogliere un po’ di soldi da devolvere a due enti che ho conosciuto in Africa. Il primo è il David Sheldrick Wildlife Trust in Kenya, che si occupa di cuccioli orfani di elefanti, di rinoceronti e di altri grandi animali. Io per esempio sono la madrine di due elefantini, Barsilinga e Ngali. La seconda realtà che sostengo è l’organizzazione no profit Mammadù, che assiste bambini e ragazzi in gravi difficoltà fornendo ogni giorno cibo, salute, istruzione e protezione».

Le fotografie rimangono quindi un affare privato?
«Amo mostrarle a parenti e ad amici. E poi mi piace rivederle, ripercorrendo i viaggi che mi hanno portata a visitare i diversi parchi nazionali: un elefante visto in Kenya nel 2012, che mi ha regalato uno scatto che per me è il simbolo perfetto dell’Africa; i cuccioli di leone osservati nel 2015, unica volta in vita mia; e poi le molte poste di fronte ai felini, in attesa che sbadiglino».

Che sbadiglino?
«Mi piace catturarli mentre sono così, a fauci aperte. Non saprei dire nemmeno io perché».

Sono i tuoi animali preferiti?
«Uno, in particolare: il leopardo. In occasione di uno degli ultimi viaggi ne ho visti ben tre esemplari, e nello spazio di poche centinaia di metri. Uno spettacolo».

E, infine, l’animale che ancora sogni di inquadrare?
«Il leopardo delle nevi: una specie presente in Asia centrale. Difficilissimo da individuare ma molto, molto affascinante».