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Autori: Remigio Ratti
Autori: Tiziano Fontana
Data: 07 luglio 2011

Intervista al prof. Remigio Ratti a margine della 3° Conferenza nazionale sul federalismo di Mendrisio

Federalismo in cammino tra sfide e opportunità

Il federalismo svizzero conosce un periodo di profonde trasformazioni; saprà adattarsi alle sfide del XXI secolo?

Durante la terza Conferenza nazionale sul federalismo tenutasi a Mendrisio il 26 e 27 maggio, sono emersi alcuni aspetti critici dell'attuale assetto istituzionale svizzero e della politica della Confederazione.
L'editorialista di "Le Temps" Joelle Kuntz ha denunciato la mancanza di cura nei confronti delle tre grandi culture europee che compongono la Svizzera e l'assenza di vero dialogo tra le stesse, considerato che lo Stato federale è pressoché assente in questo settore; inoltre ha evidenziato anche il pericolo della chiusura su se stesse, nella dimensione cantonale o locale, delle differenti comunità (un esempio è dato dal dialetto parlato nelle scuole del Canton Zurigo).

La Conferenza di Mendrisio ha in sostanza confermato la buona tenuta istituzionale del nostro federalismo, sempre in cammino. Ma, anche, il federalismo non è una macchina che si regola da sé, né è fine a se stessa. Joëlle Kunz, pubblicista sensibile e fine viaggiatrice, osserva quanto noi possiamo essere spreconi, nel senso di non cogliere le opportunità. Tedesco, francese e italiano (e in modo diverso il romancio) sono ognuna una lingua, ma anche richiamano a una cultura, a una civiltà; il problema è che noi tendiamo a viverle in modo introverso, isolandoci. Da tempo osserviamo come la Svizzera si stia raggruppando in regioni linguistiche; un fenomeno che non corrisponde alla nostra storia fatta di Cantoni. Noi Svizzero italiani, ma la Svizzera stessa, abbiamo solo da perdere regionalizzandosi e "territorializzando lo spazio della lingua"; abbiamo invece tutto da guadagnare aprendoci e più alta sarà la considerazione dell'italiano e della sua cultura (rispettivamente del francese o del tedesco) in Svizzera, in Europa e altrove, meglio saremo in grado di vivere in un mondo di identità multiple. E per tornare al dialetto, la sua presenza non sarebbe da considerare come un baluardo d'identità, da opporre agli altri ma, semmai, una ricchezza da leggere nella globalità.

Il Consigliere di Stato ginevrino Longchamp ha criticato la politica della Confederazione per quanto riguarda gli agglomerati, poiché la ritiene priva di vere scelte, che giudica per contro improrogabili, mentre contemporaneamente il territorio svizzero si sta trasformando in una "Los Angeles" a causa dell'urbanizzazione disordinata e senza regole. Condivide queste critiche? La Confederazione ha perso di vista gli aspetti essenziali della politica (per esempio nel campo dei trasporti urbani) e si interessa a quelli secondari (per esempio gli asili dell'infanzia) che sono di competenza dei Comuni e dei Cantoni?

Queste critiche le sentiremo sempre di più. Due terzi degli svizzeri vivono sull'Altopiano, su un terzo della superficie del Paese. Qui la densità è di 426 persone per chilometro quadrato; come nello stato più densamente popolato d'Europa, i Paesi Bassi. Il Prof. Martin Schuler, dell'École polytechnique fédérale de Lausanne (Epfl), ha riassunto la Svizzera reale come composta da due grandi spazi metropolitani - quello zurighese e l'arco lemanico - e da un grande resto urbano-periferico, con il Ticino come un caso a parte. I Cantoni forse non fusioneranno, ma la politica e le risorse, per definizione scarse, andranno là dove la voce si fa più forte; il tema delle agglomerazioni - iniziato in quest'ultimo decennio con progetti pilota e sussidi ai trasporti - diventerà nella legislatura 2014-2018 un tema prioritario.

La rivendicazione di maggior peso politico avanzata dalle grandi città e dagli agglomerati può condurre alla crisi del federalismo che conosciamo?

Il federalismo ne sarà fortemente influenzato, nel funzionamento e nei contenuti delle politiche settoriali, più che nelle forme istituzionali. Quest'ultime, in modo un po' affrettato, erano state ventilate dal think tank "Avenir Suisse" una quindicina d'anni fa quando gli studi sulle dinamiche spaziali del nostro paese mostravano il delinearsi di 6-7 regioni funzionali (oggi ufficializzate a livello statistico comparato europeo). Dopo la bocciatura di una proposta di fusione tra i cantoni di Ginevra e di Vaud il discorso si è spostato piuttosto sulle forme di cooperazione intercantonali, sul contropotere equilibratore della Conferenza dei Cantoni svizzeri e sui grandi progetti funzionali, portati avanti a geometria variabile. Ma è nata anche la "Zürich Metropolitan Area" mentre per la promozione economica è nata "Great Geneva-Bern Area".

Si sta delineando un nuovo assetto istituzionale sotto la pressione interna ed esterna, come avvenne nel 1800 allorquando il quadro istituzionale non rispondeva più alle esigenze dell'economia e della società?

Come detto, apparentemente no. Ma ci sono delle forze che non si vedono, tettoniche, capaci di modificare a termine, come un terremoto, anche il nostro assetto istituzionale. Soprattutto, se l'Europa si avviasse sulla strada dell'Europa dei popoli e dell'Europa delle Regioni, come nel pensiero del filosofo neocastellano Denis de Rougemont. La Svizzera diverrebbe allora una Confederazione di Regioni-Cantone. Ma per il momento siamo agli antipodi, a un processo di costruzione europea che di fronte alle difficoltà della mondializzazione si divide e si aggrappa al vecchio riflesso degli stati-nazionali.

Lei ha affermato che alla politica svizzera manca uno sguardo sui grandi spazi europei - a cominciare dalla Lombardia - e sulle tendenze in atto, sia a livello svizzero sia a livello europeo (demografia, posti di lavoro ecc.): da cosa nasce questa mancanza di visione strategica? E come ristabilirla?

A dire il vero una chiara visione la troviamo nelle rappresentazioni sviluppate, dopo ampia consultazione-partecipazione di esperti e istituzioni, dall'ARE (Ufficio federale per lo sviluppo territoriale) per la Svizzera del 2030. Anche il paese reale - l'economia svizzera dopo una fase di incertezza (e di sbandamento) negli anni novanta ha trovato una sua risposta alla globalizzazione. Ma, come detto, tutto dipende soprattutto dalle effettive risposte imprenditoriali e collettive; esse trovano oggi la loro forza interna a livello di spazi regionali-metropolitani e, verso l'esterno, di reti funzionali specialistiche mondiali, dove noi ci inseriamo con una strategia di nicchia.

Sebbene la Svizzera sia sempre stata esposta verso l'esterno, se ben capiamo la sfida della globalizzazione appare diversa da quelle del passato...

Sì. La vecchia economia internazionale vedeva stati ed economie nazionali confrontarsi con altri stati ed economie nazionali. Oggi il confronto è sempre meno mediato dal filtro nazionale; un impresa, un settore, una regione si confrontano direttamente con altre imprese, settori, spazi regionali: siamo alla cosiddetta dimensione "glocal ".

E il Ticino dove si collocherebbe?
La Svizzera degli spazi "glocal" comporta, per finire, una competizione interna; il federalismo assume allora anche un carattere competitivo, voluto, ma non del tutto compensato dalla nuova perequazione finanziaria e ripartizione dei compiti (2008). Il Ticino si trova in una posizione particolare; difficile mettersi in sinergia con altri se non tramite un progetto strategico forte. Guardando verso sud, troviamo uno spazio metropolitano milanese e padano che concentra un terzo della popolazione italiana e oltre il quaranta percento del valore aggiunto. Ma le logiche di sviluppo dell'asse metropolitano dell'Altopiano e quello milanese-padano non sembrano incontrarsi; gli interessi svizzeri e gli investimenti diretti in quell'area erano certamente più presenti il secolo scorso che non oggi. Zurigo e Milano certo non si guardano negli occhi; nemmeno Alptransit basterà, da sola, a cambiare le cose. Intanto, è il Ticino ad essere schiacciato ed impedito in una funzione di ponte tanto sbandierata, quanto difficile da interpretare, in particolare se dovesse ulteriormente crescere l'indifferenza confederata di fronte a un Ticino che non capisce più. Il federalismo ci potrà aiutare nella misura in cui comprenderà e appronterà strumenti politici adeguati alle specificità, unicità e complessità del nostro essere regione svizzera di frontiera inserita in un grande spazio metropolitano italiano.