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Autori: Daniele Parenti
Autori: Alessandra Barbuti Storni
Data: 05 maggio 2009

Intervista di Alessandra Barbuti Storni a Daniele Parenti.

Giovani e... blended learning

"Consolidare un modello di formazione a distanza" rappresenta forse un obiettivo ambizioso? Non per la SSIG di Bellinzona. In effetti, la Scuola superiore di informatica di gestione, in collaborazione con l'Istituto universitario federale per la formazione professionale, ha appena concluso con successo il progetto "Opencampus". Così il primo istituto scolastico nel Cantone Ticino e uno fra i primi in Svizzera ha dimostrato che combinare lezioni in classe con sapere erogato a distanza è oggi possibile.

A quasi 30 anni dalla diffusione di massa dell'utilizzo del personal computer, ci rendiamo conto del fatto che continuiamo comunque a recarci giornalmente a scuola rispettivamente al posto di lavoro. Ciò che si paventava a quei tempi, e cioè che il PC ci avrebbe permesso di evitare gli spostamenti quotidiani, non è avvenuto. E così, non solo la mobilità non è migliorata, ma le nostre strade sono sempre più trafficate e la nostra posta elettronica sempre più invasa da messaggi da trattare in tempo reale. Eppure siamo tutti consapevoli del fatto che il PC ha delle potenzialità tutte da scoprire. Lo hanno sperimentato i 175 studenti e i 24 docenti della Scuola superiore di informativa di gestione (SSIG) di Bellinzona che si sono lanciati con successo nel progetto "Opencampus". Letteralmente un campus aperto che sta a significare una modalità di insegnamento rispettivamente apprendimento incentrata sul modello del blended learning. Per approfondire l'argomento e capirne il funzionamento abbiamo posto alcune domande al responsabile del progetto: il vicedirettore della SSIG Daniele Parenti.

Ci spieghi in breve il significato di "blended learning"?
Il blended learning è un approccio di insegnamento/apprendimento che integra la classica formazione d'aula e l'e-learning (cioè la possibilità di imparare sfruttando la rete e la diffusione di informazioni a distanza interagendo con compagni e docenti). Con questo modello non si vuole rinunciare ai benefici della formazione tradizionale, che rimangono invariati, ma si vuole fornire un valore aggiunto proprio attraverso il binomio formazione a distanza/nuove tecnologie. A nostro modo di vedere questa miscela incrementa la qualità di insegnamento e di apprendimento. Inoltre, tale approccio, permette maggiore flessibilità poiché per alcune attività si è svincolati dal "qui ed ora". Crediamo che questo possa portare ad una migliore qualità di vita.

Come è nato il progetto "Opencampus"?
Il progetto è partito nel 2005 (in realtà le prime sperimentazioni le abbiamo effettuate già nel 2001) in collaborazione con l'Istituto universitario federale per la formazione professionale di Lugano. Le ragioni dell'esistenza di Opencampus sono molteplici. Innanzitutto la natura stessa della scuola ha reso fertile il terreno per questo progetto. Abituati a lavorare con le nuove tecnologie ed occupandoci di formazione ci siamo accorti che un approccio serio al blended learning era per noi quasi d'obbligo. Inoltre ci sono, a nostro modo di vedere, molti segnali di mutamenti sociali in atto. Ad esempio sempre più giovani, anche tra gli iscritti ai corsi a tempo pieno, sono spesso assenti da scuola per la semplice ragione che devono lavorare per potersi finanziare gli studi. Il nostro modello, infatti, delega circa il 30 % della formazione alla distanza. Questo significa che per un giorno e mezzo alla settimana i nostri studenti possono organizzare il loro tempo in modo più libero. Questo li induce anche a dover aumentare le loro competenze di autogestione.

Cosa hanno maggiormente apprezzato i giovani studenti nell'apprendimento attraverso la condivisione, la negoziazione e la co-produzione del sapere?
Sul fronte degli utenti finali, tutti i dati in nostro possesso confermano un gradimento molto elevato dell'esperienza per tutta la sua durata, e ne chiedono la prosecuzione. Un elemento che hanno apprezzato, a mio modo di vedere non sempre evidente, è quello relativo al ruolo del docente. Infatti nelle attività didattiche a distanza il docente diviene soprattutto un "tutor" (o facilitatore dell'apprendimento). La relazione privilegiata a distanza è stata quella del "molti a molti". Ognuno ha avuto maggiori possibilità di imparare dai contributi dei propri compagni (come dimostrano gli studi effettuati sui nostri forum di discussione). Tali dinamiche hanno favorito il cosiddetto "apprendimento collaborativo".

Dalla vostra esperienza, ci sono delle materie che meglio si prestano di altre ad essere erogate attraverso il sistema del blended learning?
Non credo ci siano materie più o meno congeniali al blended learning. Abbiamo proposto discipline di ogni tipo, dall'italiano alla programmazione, tutte quante hanno tratto benefici dalla modalità blended.
Certo, in genere, un docente che insegna una materia tecnica è probabilmente più predisposto ad utilizzare gli strumenti informatici che ovviamente sono un fattore determinante nell'e-learning. Ma anche in questo caso non vedo delle regole assolute. Vedi l'ottima esperienza avuta con il nostro docente di italiano.

Come procederete adesso?
La sperimentazione è terminata nel mese di giugno 2008. Ora il modello blended learning qui alla SSIG è parte integrante del piano di formazione. Ovviamente monitoriamo costantemente le attività a distanza e cerchiamo di porre dei correttivi laddove è necessario. Inoltre stiamo collaborando con altre scuole al fine di esportare tutto o parte del nostro modello. Siamo convinti che soprattutto le scuole di grado terziario debbano considerare seriamente tale approccio. D'altronde non è un caso se una buona parte delle università adottano il blended learning.