Vai al contenuto principale Vai alla ricerca

Archivio Argomenti

Autori: Giorgio Merlani
Data: 13 gennaio 2009

Il Medico cantonale, Giorgio Merlani, affronta e spiega il tema della vaccinazione per la prevenzione del virus da papilloma umano (HPV).

HPV questo "ex-sconosciuto"

Introduzione
HPV, il virus da papilloma umano, sconosciuto fino al 2007, sembra essere oramai sulla bocca di tutti.
Il Dottor Harald zur Hausen, scienziato rinomato e rispettato tra i suoi colleghi aveva scoperto nel 1983 il ruolo del Virus Papilloma umano nella genesi del tumore del collo dell'utero. Al di fuori dell'ambiente scientifico era però un perfetto sconosciuto.
Dal 2009 tutti sanno che HPV è il virus trasmesso per via sessuale più frequentemente al mondo e che in alcuni casi porta a sviluppare un tumore dell'utero. Il dr zur Hausen, ex-illustre sconosciuto, è stato insignito del premio Nobel, a pari merito con il Prof L. Montagnier e F. Barré-Sinoussi, ben più noti per la scoperta del virus HIV.

Ciò che ha "generato" questa notorietà va senz'altro collegato al successivo sviluppo e commercializzazione di un vaccino che "impedendo sviluppo e persistenza dell'infezione con certi tipi di HPV particolarmente "aggressivi"" riduce l'incidenza del cancro del collo dell'utero.

La campagna mediatica
Mai una vaccinazione ha fatto parlare tanto di sé, mai una vaccinazione ha portato a una tale spaccatura, mai una vaccinazione ha generato tante discussioni. Al di là dell'eterno confronto tra gli abituali "obiettori" della vaccinazione da un lato e i positivisti convinti dall'altra, si sono venuti ad aggiungere altri aspetti che hanno ulteriormente suddiviso i fronti della discussione e moltiplicato le pagine sui giornali e i dibattiti in televisione.
La causa di questo approccio molto diversificato va ricercato nelle caratteristiche assolutamente innovative della vaccinazione e negli aspetti scientifici, ma anche etici, morali ed economici che questa solleva.

Dall'antica interpretazione secondo cui il cancro rappresentava sfoghi esterni di uno squilibrio umorale dell'organismo ai primi studi scientifici dell'Ottocento, che scoprirono alla base dei tumori una forma letale di "anarchia" delle cellule, l'attenzione dei ricercatori nei confronti delle neoplasie non si è mai esaurita, è anzi andata gradualmente crescendo fino a oggi. Si cercano ormai in maniera continua cause nonché approcci terapeutici efficaci. L'oncogenesi (danno del DNA cellulare che promuove la trasformazione neoplastica della cellula fisiologica in cellula tumorale) è uno degli aspetti scientificamente ed economicamente più interessanti della medicina. Praticamente non passa giorno senza che venga pubblicata una nuova sostanza o mutazione genetica per la quale sia postulata una relazione nello genesi di un tipo di tumore. Alcune relazioni tra sostanze chimiche e radiazioni sono ormai appurate da tempo, cosi come è riconosciuta la relazione di alcune malattie infettive con lo sviluppo di dati tumori (siano questi per un effetto oncogenico diretto o indiretto, via infiammazione cronica oppure danneggiamento cromosomale o altro).
All'interno degli agenti infettivi con un potenziale oncogeno, HPV è uno dei primi studiati e dei meglio conosciuti. Non sono infatti praticamente conosciuti tumori del collo dell'utero senza almeno un sottotipo di HPV. Mi preme qui ricordare che il vaccino copre solo due tipi di HPV potenzialmente oncogeni che insieme sono alla base del 70% di questi cancri alle nostre latitudini.

La creazione di un vaccino che prevenga l'infezione e quindi il tumore è assolutamente rivoluzionaria. Rivoluzionaria per il collo dell'utero in particolare, ma più in generale si sta dimostrando definitivamente non solo la relazione, bensì il nesso di causalità tra (questo tipo di) infezione e (questo tipo di) cancro.
Questo rappresenta un primo passo, una realtà assolutamente innovativa nella prevenzione dei tumori. Potrebbe aprire le porte verso un nuovo approccio anche per altri tipi di cancro, almeno per quelli in cui si ipotizza una componente infettiva.

Aspetti scientifici irrisolti
Il dibattito si apre già su di un piano scientifico. Gli studi fin qui effettuati sul vaccino hanno dimostrato che le ragazze vaccinate non sviluppano una infezione con i tipi di virus coperti dal vaccino e non sviluppano displasie, le alterazioni cellulari tipiche (infiammazione cronica molto forte) che precorrono l'insorgenza del cancro. Non si è però potuto dimostrare che prevenga il cancro, perché nessuna ragazza, vaccinata o meno, ha sviluppato fino ad ora un tumore. Questo perché la natura richiede più tempo per lo sviluppo di un tumore. Resta comunque il fatto assodato che praticamente (< 0.01 %) non si conoscono casi di cancro senza HPV. "Questo però non dimostra che il vaccino protegga dal cancro" dicono i puristi "non devo vedere lo schianto per sapere che se ti butti dall'aereo senza paracadute morirai" rispondono i pragmatici; e la diatriba non si placa.

Sempre affrontando la problematica dal punto di vista scientifico, vi è un secondo argomento fonte di discussione in ambito di salute pubblica: l'interrogativo sull'opportunità e l'urgenza di questa misura. L'infezione da HPV è senz'altro la malattia sessualmente trasmessa più frequente al mondo, ed il cancro dell'utero è la seconda causa di mortalità oncologica femminile al mondo. La distribuzione di quest'infezione e della sua letalità segue tuttavia un gradiente Nord-Sud.

Se nei paesi dell'Africa subsahariana, così come in centro e sud America, si muore tanto e spesso di carcinoma del collo dell'utero (trasmissione più frequente del virus HPV, assenza di programmi di depistaggio e di terapie specifiche in caso di cancro) in Europa l'incidenza e soprattutto la mortalità di questo tipo di cancro è inferiore. Non di meno in Svizzera ogni anno più di 5000 donne si confrontano con una diagnosi di "lesione precancerosa del collo dell'utero". Esse devono sottoporsi ad accertamenti supplementari, con tutte le conseguenze in termini economici e di sofferenza. Circa 320 donne si ammalano ogni anno di cancro del collo dell'utero e nonostante le cure disponibili, si registrano purtroppo un centinaio di decessi.

Benché possibile che vi siano altre misure in ambito di salute pubblica attuabili con spese analoghe, resta pur vero che questa vaccinazione è una misura relativamente semplice, ben studiata e dagli effetti dimostrati. Gli studi che calcolano l'effetto costo-beneficio sono inoltre chiaramente favorevoli, peraltro ben analizzati in un recente studio sul tema, effettuato in Svizzera.
Preme ricordare che in ambito di salute pubblica le misure a protezione o sostegno della popolazione possono benissimo essere addizionate, senza doversi escludere a vicenda.
Sull'urgenza della misura poi si potrebbe discutere a lungo. In effetti ci si può chiedere se fosse necessario iniziare nel 2008, 2009 o magari 2010.
La Commissione Federale per i vaccini ha valutato che sette anni di sperimentazioni cliniche, decine di milioni di dosi somministrate, dessero una garanzia sufficiente sulla sicurezza e l'efficacia del vaccino.

Il primo febbraio 2008 la Società Svizzera di Pediatria per mano del suo Presidente ha indirizzato una veemente protesta all'indirizzo del Consiglio federale, lamentando i ritardi accumulati per l'inizio del programma di vaccinazione, che secondo la legge avrebbe dovuto essere disponibile a partire dal 01.01.2008. In questa lettera si ricordava come ogni giorno passato ad aspettare avrebbe potuto significare una ragazza in più infettata, con il rischio di contrarre poi un cancro, che avrebbe potuto essere prevenuto.

La questione morale
Sul piano etico morale il dibattito continua a essere particolarmente acceso. Vengono sollevate inevitabili implicazioni di ordine morale ed etico trattandosi di una malattia sessualmente trasmessa con il suo corollario di considerazioni sessuali ed affettive.
Il confronto mai risolto tra laici e cattolici, emerso già ai tempi dell' HIV per l'uso del profilattico oppure per l'accesso al progresso biomedico e le sue conquiste raramente recepite in modo univoco, si riacutizza. Una recente pubblicazione della rivista "Medicina e morale", pubblicata dal centro di bioetica della facoltà di Medicina dell'Università cattolica di Roma ha infiammato il dibattito nella vicina Penisola. Nella pubblicazione M. L. Di Pietro e collaboratori affermano che "Il punto è che la vaccinazione generalizzata delle donne è sì in grado di proteggerle dal cancro al collo dell'utero, ma questa proposta fa sorgere alcune serie preoccupazioni di carattere etico"; le ricercatrici temono "ulteriori cadute di valori, il rafforzamento di una comune accettazione da parte dell'opinione pubblica dei comportamenti sessuali promiscui e probabilmente una maggiore diffusione della malattia". Si sostiene inoltre che "l'infezione da HPV non è una emergenza sociale" essendo "il risultato di un comportamento a rischio, di una attività sessuale precoce e promiscua". La conclusione è che senza nulla togliere alla "validità medica del vaccino", bisogna comunque "non perdere di vista il bene globale delle ragazzine, che si trovano in una fase molto delicata della loro esistenza".
Quello che in questo studio non viene considerato è il rischio di una grande quantità di donne che verrebbero comunque contagiate. L'astinenza e la fedeltà sono misure generali che prevengono la trasmissione delle malattie sessuali in generale ed in parte del virus HPV, ma la loro efficacia in ambito di salute pubblica è meno che modesto .
Se si considera poi che questo tipo di infezione è sì la malattia sessualmente trasmissibile più frequente al mondo, occorre anche ricordare che non è trasmessa esclusivamente per via sessuale. Dal momento che questo virus si trova sulla pelle, una trasmissione è possibile anche senza penetrazione, durante "contatti intimi", ma anche durante il "petting" e carezze dei genitali esterni. Ragazze che vivono poi in comunità e che, per un'igiene che si può definire approssimativa, usano in comune asciugami bagnati e addirittura si scambiano indumenti intimi possono portare a contrarre la malattia senza aver mai avuto un rapporto sessuale completo.

Sempre da un punto di vista etico e morale viene rimproverato il fatto di proporre una vaccinazione per una malattia dalla forte connotazione sessuale, in così giovane età. Alcuni genitori hanno sentenziato che vaccinare ragazzine di dodici anni per questa malattia equivale a dar loro il beneplacito all'inizio dell'attività sessuale.
La realtà è che questo vaccino per risultare efficace deve essere somministrato alle ragazze prima dell'inizio della loro attività sessuale, che secondo uno studio svizzero inizia ormai per un quarto delle ragazze a quindici anni e per oltre la metà delle ragazze e dei ragazzi a diciassette .
Nell'informazione sia scritta sia diretta ricordiamo che dall'undicesimo anno di età la vaccinazione è rimborsata, il che non vuole assolutamente dire che si vogliano incoraggiare comportamenti imprudenti. Abbiamo anzi cercato di appellarci alle giovani e cercare il colloquio con persone di loro fiducia sia per gli aspetti che concernono strettamente la vaccinazione, come anche e soprattutto per gli aspetti emotivi e affettivi .

Dulcis in fundo: "il vil danaro"...
Se quanto finora illustrato non è stato sufficiente a riempire i giornali, al resto ci ha pensato l'aspetto finanziario della campagna di vaccinazione.
Su proposta della Commissione federale per le vaccinazioni, con la modifica del 21 novembre 2007 dell'allegato 1 all'Ordinanza sulle prestazioni (Opre), il Consiglio Federale, ha consentito che la vaccinazione contro l'HPV fosse assunta dall'assicurazione obbligatoria contro le malattie a partire dal 1° gennaio 2008 per le adolescenti tra gli 11 e i 14 anni (15-19 anni fino al 2012), a condizione che la vaccinazione sia eseguita all'interno di "programmi cantonali di vaccinazione" regolamentati in maniera rigorosa dall'Opre stessa. La decisione del Dipartimento federale degli interni ha di fatto dato il via alla vaccinazione. Il costo a quel momento si aggirava sui 750 franchi per adolescente. Grazie a trattative tra rappresentanti della Conferenza svizzera delle direttrici e dei direttori cantonali della sanità, Santésuisse da una parte e la ditta produttrice del vaccino dall'altra si è riusciti a far scendere il prezzo a 450.
Le polemiche sono state alimentate dalle critiche di certe organizzazioni mediche a livello confederato, con l'accusa di strozzinaggio praticato nei confronti dei medici. Si sono sentiti sfruttati perché per vaccinare le ragazze, informarle, provvedere a disinfezione, siringa e sorveglianza, vengono onorati con soli 15.50 franchi. Fortunatamente il corpo medico ticinese ha invece recepito l'importanza della misura di salute pubblica e oltre 150 colleghi si sono gentilmente messi a disposizione per attuare il programma. Dall'altra fluiscono guadagni spropositati (a spese dei contribuenti) nelle casse delle ditte farmaceutiche produttrici del vaccino. Sono poi seguite accuse poco velate di aver fatto pressione sui governi per spingere ed accelerare l'introduzione della vaccinazione, con la creazione di gruppi di pressione su politica ed opinione pubblica, nonché lobbing.
Di conseguenza, da una parte accuse di interessi economici, dall'altra di cinismo nei confronti di una malattia che colpisce ed uccide le donne, rendono difficile affrontare il tema con serenità.

La contro-informazione
All'interno dell'Ufficio del Medico cantonale il nostro compito non è comunque stato quello di valutare l'opportunità della misura, ma piuttosto di organizzare il programma e provvedere all'informazione della popolazione. Mi sembra che con il flusso di informazione di cui ho riferito sin qui, questo compito si sia col tempo trasformato in una titanica impresa, da Davide contro Golia, per cercare di assicurare un minimo di contro-informazione con la quale far sì che le adolescenti possano arrivare nel modo più sereno e documentato possibile alla decisione sulla vaccinazione.
Nell'intento di informare su questi aspetti complessi e controversi, abbiamo deciso di intervenire a più livelli ed in maniera combinata.

Di seguito in forma stringata i piani su cui ci siamo mossi con informazione attiva:

> Comunicazione all'interno delle scuole con il Servizio di medicina scolastica e i medici scolastici che provvederanno a informare le giovani, i genitori con incontri e possibilità di porre domande nonché istruzione e fornitura di materiale didattico a docenti di materie scientifiche che affrontano la discussione nelle classi.
> Informazione ai medici con attività privata e vaccinatori tramite momenti formativi specifici, per aggiornarli sui temi dell'HPV e della vaccinazione affinché possano poi ritrasmettere le informazioni alle adolescenti.
> A livello delle scuole medie superiori medici specialisti e responsabili dei Centri di pianificazione familiare interverranno nei licei e nelle scuole professionali che lo desiderano, per parlare di malattie sessualmente trasmissibili in generale, e di HPV e vaccinazione in particolare.
> A questo sarà unita un'informazione con lettere alle giovani sopra i 16 anni e ai genitori delle giovani al di sotto. Verrà distribuito anche un promemoria formato carta di credito, che ricorda l'importanza del PAP-Test e l'uso del preservativo.

Infine è promossa una fitta campagna di informazione "passiva":
> Comunicati stampa, interviste radiofoniche e televisive.
> Attivazione di informazioni sul sito web dell'Ufficio del medico cantonale.
> Attivazione sito web Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) www.vaccinarsi.ch.
> Invio di materiale informativo dell'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).