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Autori: Cristina Gorla
Data: 14 luglio 2011

Una nuova generazione già presente nella realtà quotidiana, una creazione delle generazioni precedenti

I Nativi Digitali: chi sono? Cosa si può imparare da loro? E per chi nativo digitale non lo è, come relazionarsi con loro?

La M-generation (mobile generation) o D-generation (digital generation) o, come li ha definiti Marc Prensky, oratore acclamato a livello internazionale, scrittore e consulente la cui definizione pare ormai essere globalmente accettata, i Nativi Digitali.

Se vedete una bimba di un anno e mezzo estrarre dalla borsa della mamma lo smartphone, pigiare sull'unico tasto "non touch" presente, far scorrere il ditino per accedere alla pagina principale, scegliere il programma che le permette di colorare un'immagine (quello che chi invece è nato prima della fine degli anni '90 faceva con il classico "libro da colorare") e una volta annoiata ritornare alla home page e spingere il tasto giusto per bloccarlo, non restate a bocca aperta: avete di fronte una nativa digitale.

I nativi digitali sono coloro nati nell'era della tecnologia la cui presenza non è una novità introdotta gradualmente con l'evolversi di quest'ultima. Per i nativi digitali la tecnologia e l'utilizzo di apparecchi come tablet, smarthphone, computer e quant'altro è parte della vita quotidiana, normale routine. È pur vero che è ormai diventata una consuetudine anche per chi ha superato i 20 anni e che nel corso della sua crescita ha visto diventare la tecnologia sempre più popolare e di uso comune e, per utilizzare un termine inglese molto calzante "get used to it". Gli over 20 che fanno parte di questa "classe" sono definiti Migranti Digitali, ossia coloro che utilizzano la tecnologia, anche piuttosto bene, ma che l'hanno dovuta apprendere, che sono passati (migrati appunto) da un sistema analogico a uno digitale. Per intenderci, coloro che hanno visto la prima versione del Nintendo con Super Mario Bros e del Game Boy ancora in bianco e nero e il cui gioco principale era Tetris.

Per i nativi digitali questa routine è parte integrante della vita fin dalla nascita o quasi. I nativi digitali non hanno dovuto imparare a usare e convivere con le nuove tecnologie, soprattutto attraverso anche l'utilizzo di manuali. I nativi digitali, come spiega Paolo Ferri docente di Nuovi media e tecnologie didattiche presso l'Università di Milano - Bicocca e autore del libro "Nativi Digitali", "sono nati in una società multi schermo e interagiscono con molti di questi monitor interattivi fin dalla tenera età".

L'esempio più lampante per tutti è quello citato prima. La bimba in questione è in grado di svolgere quest'attività perché è riuscita ad accedere per prove ed errori a un gioco e utilizzarlo, ricordandosi poi la procedura per accedervi nuovamente.

Questo ci mette di fronte a una nuova realtà: questa nuova generazione apprende in modo diverso. C'è bisogno di differenti sistemi educativi poiché la D-generation ragiona e apprende in modi molto diversi da quelli tradizionali da sempre utilizzati.

Questo cambiamento nel modo di imparare cosa comporta per i sistemi educativi attuali (e tradizionali) e per le persone che devono trasmettere il sapere?
Le scuole e i sistemi educativi tradizionali adottati sin'ora non sono più perfettamente idonei. Come spiega Ferri in un'intervista per il Il Sole 24 ore infatti, i nativi digitali non apprendono nello stesso modo in cui facevano le generazioni precedenti, "Se per noi imparare significava leggere-studiare-ripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in maniera attiva, [...], sono abituati a vedere la risoluzione di compiti cognitivi come un problema pragmatico."
I nativi preferiscono e apprendono meglio applicando subito, operando appunto per prove ed errori.

Quindi come bisogna relazionarsi con loro per far si che l'apprendimento sia efficace?
Secondo la testimonianza di un insegnante portata dal New York Times (11.2010) "quando tutti i tuoi studenti hanno internet nelle tasche, questo cambia senza alcun dubbio il tuo modo d'insegnare."

Ecco quindi necessario adattare lo stile d'insegnamento, le aule e le lavagne alle nuove esigenze. Questo comporta ad esempio la sostituzione delle tradizionali lavagne con lavagne interattive (quelle in stile CSI per capirci), tablet per la scrittura e trasmissione immediata di testi al docente e per il controllo di esercizi sulla lavagna interattiva da parte del docente stesso.

È certo che per sfruttare al meglio le potenzialità offerte dall'utilizzo della tecnologia nelle scuole è necessario avere docenti che conoscano la tecnologia e disposti ad approfondire le proprie competenze, anche collaborando con i propri studenti, spesso più informati sul funzionamento di oggetti high tech. Questo significa un approccio più collaborativo e meno gerarchico per cercare di coinvolgere piacevolmente i propri alunni in attività volte alla costruzione della loro persona e quindi del loro futuro.

I nativi digitali sono multi task (o multifunzione) e il loro metodo di apprendimento è più di tipo collaborativo e orientato al lavoro di squadra.

Secondo la testimonianza di una ragazzina americana riportata dal sito techlearning.com (15.09.2005) per i nativi digitali non è un problema essere multi task e non riscontrano una difficoltà di attenzione ai lavori che stanno svolgendo simultaneamente: "se sto svolgendo un compito approfondito a casa, posso sostenere una conversazione con gli amici e leggere un articolo impegnativo. Posso saltare da una cosa all'altra molto facilmente. Molti bambini/ragazzini lo fanno."

È quindi necessario riuscire a coniugare i due aspetti: attuare un nuovo tipo di insegnamento partecipativo sfruttando le nuove tecnologie cercando di trasmettere anche la capacità di essere pazienti per ottenere quelle cose che la tecnologia e la vita non sono in grado di fornirci all'istante.

E come genitori come e cosa si può fare per vivere insieme al proprio figlio la tecnologia senza essere completamente estranei al mondo in cui il ragazzo vive?
Secondo Marc Prensky gli adulti intelligenti, migranti digitali, accettano il fatto che non conoscono, o conoscono molto poco, questo nuovo mondo in cui i ragazzi vivono e cercano di trarne vantaggio facendosi aiutare dai propri figli a integrarsi e imparare quanto c'è di nuovo. Coloro che invece sono meno flessibili spenderanno molto del loro tempo rimpiangendo quanto erano belli i vecchi tempi, restando esclusi non solo dal mondo digitale, ma anche e di conseguenza dal mondo dei propri figli, perlomeno in parte (una grossa parte).

E quindi cosa fare?
La cosa migliore resta quella di cercare di insegnare a vivere, trasmettere le proprie conoscenze ma rendendosi partecipi di quelle che i figli possono fornirci e, a volte, essere noi stessi apprendisti e non solo maestri di vita.

"Dobbiamo perciò insegnare loro la pazienza e la fatica delle cose del mondo e soprattutto dobbiamo insegnare loro a reggere la frustrazione dell'errore e dell'attesa. E magari imparare da loro la cultura partecipativa." ( P.Ferri in: Nella mente del nativo (digitale). Il Sole 24 ore, 10.3.2011)

Buona digitalizzazione a tutti!

Ulteriori informazioni:
- Nativi digitali. Come usa Internet la «generazione di Internet»?
  Un processo partecipativo nell'ambito del progetto TA-SWISS «Internet del futoro».Centro per la valutazione delle scelte technologiche (ed.). Berna 2011
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Sito Ragazzi e internet (www.ti.ch/ragazzi)