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Autori: Coco Acquistapace
Data: 25 dicembre 2008

Introvabili, anche sui vari Marchesi, Artusi, Escoffier e Pellaprat!

Nostranerie...

Nemmeno quattro fra i manuali di cucina più noti, seguiti e consigliati citano le ricette di cui andiamo a raccontare

Be'... certamente non rientrano neanche fra le raffinatezze dei palati esigenti dei celebri autori gastronomici, e tantomeno le ricette si elevano grazie a nomi altisonanti, ingredienti elitari o presentazioni scenografiche ma -credeteci- "ul Malbröd", "el Turtun" e "al Revölt" sono almeno da assaporare una volta.

In termini di cucina nostrana avremmo potuto citare altri piatti della tradizione ticinese quali la mitica "cazzöla", o l'ossobuco oppure ancora il coniglio alla ticinese, ma saremmo certamente incorsi in una scemata attrattività arrecata dalle numerose volte in cui hanno fatto mostra di sé nei ricettari consueti; già questo corrisponde, come minimo, a una rivelazione sugli intenti di presunta audacia del presente scritto, ma non solo.

Infatti se il Malbröd e il Turtun assomigliano vagamente a pietanze ben più note quali la famosa Basler Mehlsuppe e la Crêpe Bretonne, la vera perla originale è il Revölt: da informazioni assunte empiricamente risulta un piatto assolutamente legato alla Valle Morobbia (attendo volentieri di essere smentito) esportato solo in seguito a Giubiasco con la discesa dei morobbiotti al piano e di cui ben difficilmente si trovano tracce nella culinaria classica e manco nelle tradizioni di altre zone ticinesi, ma che, seppur nella semplicità e povertà degli ingredienti, stuzzica anche per la bizzarrìa.

Ma andiamo con ordine (come sempre, le ricette sono per quattro persone):

ul Malbröd
come già espresso, si tratta di una minestra di farina abbrustolita che però ricorda più da vicino una cottura simile al risotto: vediamo ingredienti e procedimento.
200 gr di farina bianca o bigia
50 gr di burro
1 cipolla sminuzzata finemente
1 lt di brodo di carne
1 pizzico di sale
Qb formaggio grattugiato

Procedimento
In una casseruola, tostare la farina a fuoco medio finché non imbrunisce, mescolando continuamente, poi far raffreddare leggermente per una decina di minuti.
Unirvi burro, sale, la cipolla precedentemente sminuzzata e rimettere sul fuoco medio per 3-4 minuti.
Aggiungere ¾ di brodo tazza a tazza (continuare a mescolare) fino a portare il tutto a ebollizione (circa 15 minuti), poi abbassare il calore, aggiungere il resto del brodo e cuocere e mescolare a fuoco lento per un'ora.
Prima di servire spolverare con formaggio grattugiato.

Così come le crêpes, anche il Turtun è alquanto versatile, poiché, partendo dalla preparazione base, può essere trasformato e farcito in mille modi e impiegato in una marea di preparazioni, dolci o salate, rustiche o raffinate; oggi vediamo la versione dolce, ma basta levare zucchero, vanillina e cannella per ottenere un'ottima base in cui arrotolare prosciutto, formaggio o che altro.

el Turtun
250 gr di farina bianca
50 gr di burro
½ lt di latte
3 uova
1 bustina di lievito per dolci
1 pizzico di sale
1 pizzico di cannella
1 cucchiaino di cognac, rhum o anche semplice grappa
1 bustina di vanillina (zucchero vanigliato)
1 cucchiaio di zucchero

Procedimento
Ponete in una ciotola dai bordi alti la farina preventivamente setacciata, lievito, zucchero, vanillina, sale e latte. Lavorate il composto fino a che sarà liscio, vellutato e senza alcun grumo.
In una terrina a parte sbattete con una forchetta le uova e il liquore affinché si amalgamino, poi aggiungete alla pastella e continuate a mescolare per qualche minuto.
Coprite la pastella e lasciatela riposare per almeno mezz'ora.
Sistemate a scaldare sul fuoco una padella con una noce di burro, e quando sarà ben calda, versatevi una quantità di pastella necessaria a coprire per circa mezzo centimentro il fondo del tegame.
Lasciate cuocere per un minuto abbondante scuotendo la padella di tanto in tanto per staccare il preparato dal fondo: non appena sarà ben dorato, giratelo dall'altra parte e attendete che assuma lo stesso colore.
Appena pronto fate slittare il tutto su un piatto, nappate con marmellata, gelatina, zucchero semolato o che altro e servite subito.

E siamo ormai giunti all'ultima (last but not least) ricetta, quel Revölt di cui nemmeno il nome rivela molto di quanto in procinto di essere cucinato; sicuramente una delle pietanze più semplici e con meno ingredienti in assoluto ma ciononostante gustoso e appetitoso. Ne esiste pure una versione con le patate invece dei fagiolini, il procedimento è pressoché identico (fatta eccezione per la bollitura delle patate che va eseguita almeno il giorno prima, mentre la spezzatura del tubero va fatta a mano) e il risultato è pure molto simile; ciononostante, la maggior parte degli amanti del Revölt preferisce di gran lunga la versione con i fagiolini a questa variante.

al Revölt
1 kg di fagiolini (chiamati più semplicemente "cornetti") già mondati e lessati
Abbondante burro (100 o più grammi)
Qualche manciata di farina gialla da polenta (4 o 5 cucchiaiate sono sufficienti)
1 pizzico di sale
Latte

Procedimento
Mettere i fagiolini in padella quando una metà del burro comincia a sfrigolare, dopo qualche minuto aggiungere una manciata di farina gialla e abbassare il fuoco.
Continuare ad arrostire il tutto e mescolare ancora 2 o 3 volte un'ulteriore manciata di farina; a ogni manciata integrare ancora anche un pochino di burro avendo cura di non lasciar attaccare niente alla padella.
Il tempo totale di cottura è di circa 30-40 minuti, dopo di che servire ancora caldo ma non troppo.
Fra gli ingredienti abbiamo inserito anche il latte che però è assolutamente facoltativo, in effetti il Revölt risulta molto asciutto e dopo qualche boccone -solitamente- si fa ricorso a una scodella di latte dove intingere le cucchiaiate di pietanza per renderla più gradevole al palato.
Durante la stesura di questo articolo abbiamo interpellato alcuni anziani "morobbiotti" per aggiungere un paio di appunti della tradizione riguardante il Revölt: innanzitutto va detto che anticamente -per la cottura- era utilizzata una padella particolare molto larga, dai bordi bassi e con un manico "a secchiello", in seconda battuta è stato svelato che per un eventuale riutilizzazione degli avanzi è necessario "fa lüsii al Revölt", nel senso che implicitamente si rende obbligatorio far nuovamente uso di abbondante burro...

Come abbiamo visto, si tratta di tre piatti non particolarmente complicati e soprattutto derivanti dall'arte di arrangiarsi con poco tipica delle nostre vallate di qualche decennio fa e di cui forse ci siamo pure vergognati in tempi non sospetti, ma oggigiorno con la riscoperta di tutta una serie di valori e tradizioni, possiamo andare fieri di queste piccole particolarità gastronomiche che, come dimostra la sempre crescente globalizzazione, sappiamo essere comuni un po' in tutto il mondo.