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Autori: Giovanni Bernasconi
Data: 10 marzo 2006

Intervista all'ing. Giovanni Bernasconi, nominato dal 1. gennaio 2006 Capo della Sezione per la protezione dell'aria, dell'acqua e del suolo (SPAS).

Di rumori, di aria, di acqua e di altro...

Dal 1998 fino a qualche mese fa lei era a capo dell'Ufficio prevenzione rumori. Quali sono i compiti svolti dal citato ufficio e che cosa può dirci in merito all'esperienza da lei maturata in questo ambito?

I compiti dell'Ufficio prevenzione rumori sono abbastanza variegati. Di fatto, oltre che di inquinamento fonico (rumori), esso si occupa anche di radiazioni non ionizzanti (il cosiddetto elettrosmog), di impatto ambientale (si esamina l'impatto delle strade, degli impianti d'incenerimento, ecc. sull'ambiente) e del progetto di Osservatorio ambientale della Svizzera italiana (OASI).

Lavoro per l'Amministrazione cantonale nel settore della prevenzione dei rumori presso la Divisione dell'ambiente dal 1991, per cui ho avuto occasione di maturare la mia esperienza in diversi ambiti: domande di costruzione; risanamento fonico delle strade (progettazione di ripari fonici, asfalti fonoassorbenti); gestione dell'inquinamento fonico a livello pianificatorio, quindi di Piano regolatore (PR) e di Piano direttore (PD); valutazione degli impianti che generano rumore (dalla ferrovia ai poligoni di tiro, ecc.); evasione dei reclami legati a rumori molesti (tra cui anche quelli provenienti, ad esempio, dai canili); ecc.
L'Ufficio per la prevenzione dei rumori si concentra perlopiù sui grandi impianti che pregiudicano effettivamente la qualità del paesaggio sonoro del nostro Cantone, il quale si trova in una situazione abbastanza particolare dal punto di vista topografico. Il Cantone Ticino è infatti una lunga valle sul cui fondo si concentrano sia gli impianti generanti rumore, sia le zone residenziali, sia le attività industriali. In una situazione simile è dunque inevitabile la nascita di conflitti.

Nel 2000, con l'entrata in vigore dell'Ordinanza sulla protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ORNI), all'Ufficio della prevenzione dei rumori è stata assegnata anche la competenza relativa alle radiazioni non ionizzanti. Fortunatamente, di formazione sono ingegnere elettrotecnico e dunque una certa conoscenza tecnica di base in tale ambito la possedevo già. Si è trattato in ogni caso di una novità interessante, che mi ha permesso di apprendere nuove ed interessanti nozioni nell'ambito delle telecomunicazioni ed in particolare di essere aggiornato in questo campo in continuo fermento.
La gente si è dimostrata subito molto sensibile al tema dell'elettrosmog, per cui inizialmente non è stato facile portare avanti l'applicazione dell'Ordinanza. Ritengo comunque che in generale la problematica sia stata gestita bene. Il Ticino è infatti tra i Cantoni che hanno fatto di più in questo ambito: sono state organizzate in collaborazione con Comuni ed associazioni numerose serate per sensibilizzare la popolazione (talvolta si è trattato di dibattiti dai toni piuttosto accesi), è stato varato un regolamento cantonale, è stato introdotto, in collaborazione con la Sezione dello sviluppo territoriale, il coordinamento dei nuovi siti per le antenne (strumento innovativo ed unico in Svizzera) , ecc. Tra l'altro, nei prossimi giorni, verrà pure ampliato il sito dell'OASI con la pubblicazione del catasto delle antenne della telefonia mobile.

Dal 2001, il citato ufficio si occupa pure dell'esame di impatto ambientale, che consiste da una parte in un importante e a volte determinante lavoro di coordinamento, dall'altra nella ponderazione degli interessi e delle politiche tra i vari settori: in molti casi, vi sono preavvisi contrastanti, occorre pertanto valutare gli aspetti di maggior peso e giustificare le proposte dal punto di vista ambientale. Ciò mi ha permesso di vedere le cose da più punti di vista e di estendere quindi, anche in questo caso, le mie conoscenze.


Lei ha sviluppato e gestisce tuttora l'Osservatorio ambientale della Svizzera italiana (OASI), creato nel mese di giugno 2002 allo scopo di monitorare la situazione ambientale in Ticino. L'OASI si occupa quindi di raccogliere dati relativi all'inquinamento atmosferico (ozono, diossido di azoto e polveri fini) e fonico lungo i principali assi di transito. Chi sono i principali fruitori di questi dati?

Se da una parte posso essere considerato il promotore dell'idea, bisogna però sottolineare che l'OASI è frutto delle idee e del lavoro di diverse persone sia all'interno sia all'esterno dell'amministrazione. Vale forse la pena di spiegare innanzi tutto che cos'è l'OASI. L'OASI non è un nuovo servizio amministrativo, bensì un concetto che si prefigge di coordinare e mettere a disposizione attraverso un'unica piattaforma i dati dei diversi monitoraggi ambientali che, già da diversi anni, i vari servizi svolgono (ad esempio, l'Ufficio della protezione dell'aria ha una rete di misurazione attiva sul territorio da quindici anni). Si tratta dunque di razionalizzare quanto già viene svolto e inoltre di sfruttare le esperienze maturate da altri servizi nei vari settori, cercando le soluzioni migliori per mettere questi dati a disposizione dell'utenza nel modo più diretto, più semplice e più veloce possibile.

I fruitori di questi dati possono essere molteplici: dagli addetti ai lavori (noi, attraverso questi dati, decidiamo come agire, valutiamo se quello che abbiamo intrapreso come politica ambientale raggiunge effettivamente gli obiettivi che ci siamo posti), alla gente comune (ad esempio coloro che vogliono vedere i livelli di polveri fini e di ozono per poi decidere se andare o meno a fare sport), ai mass media.
Noi lo abbiamo sempre inteso come uno strumento a disposizione di tutti. Naturalmente, ognuno lo sfrutta in funzione delle proprie competenze. Ad esempio, anche i politici hanno bisogno di sapere che cosa sta succedendo, qual è la situazione a livello ambientale, per poi eventualmente presentare atti parlamentari, ecc. È uno strumento di lavoro da consultare per prendere determinate decisioni e, naturalmente, anche per verificare quelle prese.


Il problema legato all'inquinamento atmosferico è molto sentito di questi tempi e non solo in Ticino. Dal confronto dei dati dello scorso anno con quelli raccolti quest'anno nel medesimo periodo (fine gennaio - inizio febbraio) si nota un forte aumento dei livelli di diossido di azoto e di polveri fini. Quali sono i principali fattori influenti? Come agisce l'OASI quando rileva situazioni simili?

Va innanzi tutto detto che i dati da voi presi ad esempio si riferiscono a valori giornalieri di una singola settimana, appunto quella di fine gennaio - inizio febbraio, e quindi dipendono dalle contingenze di quel dato periodo (principalmente di volume di traffico e meteorologiche), per cui la situazione può variare anche di molto da un anno all'altro. Se prendiamo i valori annuali, le immissioni di diossido di azoto nell'ultimo decennio sono andate decrescendo, grazie ai provvedimenti tecnici attuati (ad esempio, il catalizzatore). Negli ultimi anni, questa tendenza ha però subito un certo rallentamento se non di stasi a causa dell'aumento del traffico, che ha controbilanciato gli effetti positivi dati dall'introduzione del catalizzatore. In continuo aumento è, per contro, il livello di polveri fini.
Che cosa fa l'OASI in questi casi? L'OASI è una sorta di termometro, che indica se c'è febbre o meno. Nel caso delle polveri fini, la febbre effettivamente c'è. Non sta però all'OASI prendere decisioni in proposito, ma piuttosto tocca ai funzionari competenti fare delle proposte ed ai politici adottarle se del caso.

Di certo, il fatto che le misurazioni vengano effettuate in modo continuo e permanente è un vantaggio, poiché permette di valutare anche i casi eccezionali. Ad esempio, quando la N2 è stata bloccata a nord delle Alpi durante le recenti inondazioni, si è potuto valutare una situazione di scarso volume di traffico senza veicoli pesanti di transito ( a Nord di Bellinzona) confrontandola con la situazione standard. Si è pure analizzato l'effetto della misura adottata nell'estate 2003 concernente la riduzione della velocità a 80 Km/h, quando i tassi di ozono erano altissimi a causa della forte calura. Sulla scorta di queste osservazioni, di queste esperienze è poi stata predisposta una serie di provvedimenti per gestire le situazioni straordinarie di grande inquinamento. Il fatto di avere queste rilevazioni (tra l'altro, i grafici dei dati settimanali vengono allestiti automaticamente da un programma informatico e i mass media li scaricano direttamente dal sito dell'OASI per poi pubblicarli) ci ha permesso di valutare l'efficacia dei vari provvedimenti e di decidere quindi se adottarli o meno. Ad esempio, sulla base dei dati raccolti si è appurato che la riduzione della velocità in inverno non ha grandi effetti sulle polveri fini; si tratta tuttavia di un provvedimento che riesce a sensibilizzare la popolazione sulla problematica ambientale e a indirizzarla all'utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici.


Lo scorso 1. gennaio, lei è stato nominato Capo della Sezione per la protezione dell'aria, dell'acqua e del suolo, subentrando al dott. Mario Camani, passato al beneficio della pensione. I compiti svolti dalla citata Sezione sono molteplici e complessi e spaziano dai settori regolati dalla Legge federale sulla protezione dell'ambiente, al campo d'applicazione della Legge federale sulla protezione delle acque, al settore regolato dalla Legge cantonale sull'energia. In quali di questi settori si riscontrano attualmente maggiori problemi?


Evidentemente, la priorità è data alla problematica dell'inquinamento atmosferico, verso il quale la popolazione è giustamente molto sensibile; stiamo però facendo tutto il possibile per risolverlo. A questo proposito vale la pena ricordare l'istituzione del Gruppo operativo salute e ambiente (GOSA). Io credo che, a parte quello dell'aria, vi siano altri due settori dove occorrerebbe prestare forse più attenzione, soprattutto in proiezione futura.
Il primo è quello dell'acqua, in particolare nell'ambito della protezione delle acque di falda, poiché le risorse idriche sono una risorsa vitale da proteggere e da gestire con parsimonia, in quanto in diminuzione. In considerazione del fatto che gli insediamenti e gli impianti per il traffico sono per la maggior parte concentrati nel fondovalle, i conflitti con le zone pregiate dal punto di vista dell'approvvigionamento idrico sono pressoché inevitabili. Il conflitto diventa un rischio importante nel casa degli impianti per il traffico, dove un trasporto di sostanze inquinanti potrebbe, a causa di un incidente, inquinare le acque di falda, provocando gravi problemi di approvvigionamento idrico. In futuro occorrerà quindi rivalutare quanto è stato fatto finora ponendo il dovuto accento su questa problematica.

Il secondo settore è quello dell'energia. Si parla molto di energia, però effettivamente bisognerebbe riuscire ad ottenere di più, sia nell'ottica del risparmio energetico, sia nell'ottica della promozione delle energie rinnovabili, sia in quella del recupero del calore residuo prodotto da determinati impianti. Bisognerebbe riuscire a sfruttare le energie rinnovabili, evitando così gli effetti nocivi che l'uso di energia da carburante fossile provoca sull'aria e sul clima e, nel contempo, essere un po' più indipendenti da chi ci fornisce tale energia.

Vi è poi il problema del rumore, che molti ritengono irrisolvibile. La mia esperienza mi porta a dire che il rumore è una conseguenza diretta dello stile di vita che adottiamo: qualsiasi attività genera rumore per cui è la scelta di come, dove, quando e se la svolgiamo che determina un rumore più o meno molesto. Per risolvere il problema del rumore non basta in molti casi la soluzione tecnica (correre ai ripari) ma implica pure un cambiamento di atteggiamento, cosa molto difficile da raggiungere. Da qui in effetti la considerazione che il rumore sia un male inevitabile, il male minore da sopportare a fronte dei benefici dati dalla società moderna. Pur non essendo un tema prioritario come quello dell'aria, che è sinonimo di qualità di vita, il rumore è comunque sinonimo di qualità dell'abitare. Spesso, nella scelta di un'abitazione si tende infatti a dare maggiore importanza alla presenza o meno di rumore piuttosto che alla qualità dell'aria. Il paesaggio sonoro è dunque una risorsa importante da proteggere e in alcuni casi risanare per salvaguardare la qualità di un territorio, di un paesaggio determinante per un Cantone a vocazione turistica come il nostro.


Ultimamente si è parlato anche di emissioni luminose...

Non si tratta di una problematica nuova, ma che sta diventando d'attualità a seguito dell'inoltro di una mozione in Gran Consiglio, che chiede di prendere provvedimenti per ridurre le emissioni luminose.
Le emissioni luminose causano problemi di tipo naturalistico ed estetico. Ad esempio, illuminare un percorso in mezzo al bosco potrebbe avere ripercussioni negative sulle specie animali e sugli insetti notturni, come pure dal punto di vista paesaggistico. Per quanto riguarda la protezione ambientale, entra eventualmente in discussione la questione del risparmio energetico. Evidentemente, la forte illuminazione può anche avere degli effetti sulla qualità dell'abitare e sul benessere delle persone, ad esempio laddove la presenza di lampioni vicino a casa non permette di dormire bene. La troppa illuminazione ostacola inoltre le osservazioni astronomiche e non permette a tutti noi di godere del cielo stellato, un aspetto se vogliamo di tipo culturale.
Va comunque detto che molte volte si illumina per ragioni di sicurezza (evitare aggressioni, ecc.). Le soluzioni però ci sono e non presentano degli svantaggi insormontabili. In proposito, sono state tra l'altro emanate delle raccomandazioni dall'UFAFP.
Il tema è sul tavolo: si sta attualmente valutando con quali modalità affrontarlo.

Giovanni Bernasconi
Capo della Sezione per la protezione dell'aria, dell'acqua e del suolo (SPAS)