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Autori: Mattia Bertoldi
Data: 11 dicembre 2015

Giorgio Battaglioni lascerà nelle prossime settimane il ruolo di direttore della Divisione della giustizia

“I bisogni dei cittadini sempre al primo posto”

Sono passati oltre 32 anni dal giorno in cui Giorgio Battaglioni è entrato a far parte dell’Amministrazione cantonale. Una carriera che lo ha visto collaborare con cinque diversi Consiglieri di Stato e lo ha portato a un importante traguardo: portare il Tribunale Penale Federale a Bellinzona

Signor Battaglioni, è possibile sintetizzare oltre trent’anni di carriera professionale in poche parole? “Credo che non spetti al diretto interessato stilare un bilancio o una valutazione sul proprio operato. Posso però dire che sono stati anni di intensi rapporti umani, in cui ho sempre cercato di mantenere dei buoni rapporti con i vari interlocutori, facendo al contempo crescere le qualità professionali dei collaboratori diretti. Ho così inteso assicurare il mio impegno a tutti i livelli, mettendo a frutto, nelle piccole cose e in quelle più grandi, quanto mi è stato insegnato dai miei genitori”.

La squadra sempre al primo posto, quindi?
“Senza però mai dimenticare che ciò che facciamo deve rispondere ai bisogni dei cittadini e di chi si trova in difficoltà. Penso comunque che, sì, l’Amministrazione cantonale si basi molto sul lavoro di gruppo e ho sempre voluto offrire ai miei collaboratori la possibilità di formulare soluzioni e avanzare proposte, convinto che solo il continuo scambio di idee possa portare alla definizione della soluzione migliore. Lo spirito di squadra si cementa in ufficio, ma anche al di fuori: ricordo quindi con particolare affetto gli incontri conviviali , le gite e le scampagnate estivei che hanno punteggiato i miei anni di servizio e grazie ai quali ho avuto modo di stringere un legame speciale con ogni collega”.

Pensa che in questo periodo la figura del funzionario pubblico sia cambiata agli occhi dei cittadini?
“Io credo di sì. Oltre a una maggiore attenzione verso le necessità della popolazione, il grande lavoro di sensibilizzazione svolto da ogni dipendente - dai Consiglieri di Stato in giù - ha portato a una maggiore vicinanza col cittadino. Complice anche l’avvento delle nuove tecnologie, per esempio, rispetto al passato abbiamo potuto migliorare e velocizzare i tempi di risposta”.

Qual è stato il momento più difficile che ha affrontato in questi anni?
“Di sicuro una delle situazioni più complicate da gestire sia dal profilo umano, sia da quello professionale è stata la prematura scomparsa nel 2000 di uno dei miei più stretti collaboratori: Gianni Pestoni, all’epoca capoufficio della segreteria della Divisione della giustizia. Aveva sempre dimostrato un grande attaccamento alle Istituzioni e riprendere i lavori senza di lui è stata molto dura”.

Quale invece la maggior soddisfazione che le ha regalato il suo lavoro?
“Molto probabilmente il contributo che sono riuscito a fornire nel portare il Tribunale Penale Federale a Bellinzona. Considero un privilegio aver potuto partecipare, dall’inizio alla fine, alla concretizzazione di questo importante progetto: dapprima tutto il lavoro di lobbying per giungere alla decisione del Parlamento federale del giugno 2002, poi la presenza nella direzione generale del progetto denominato Nuovi Tribunali federali e nella giuria, assieme ad alti funzionari della Confederazione e infine nell’ambito dei lavori di costruzione della nuova sede che è stata inaugurata il 25 ottobre 2013. Credo che, al di là dell’opera , la volontà politica di decentramento delle autorità federali abbia contribuito a consolidare lo spirito di appartenenza alla Confederazione della Svizzera italiana”.

Le avrà quindi fatto piacere partecipare alla fine del 2013 a quella giornata di porte aperte che ha coinvolto sia il Tribunale Penale Federale, sia Palazzo delle Orsoline…
“È vero, ho partecipato con grande gioia a quella giornata, in veste di semplice cittadino e in compagnia di mia moglie e della mia famiglia. È stata una bella festa popolare in cui ho apprezzato molto l’interesse dei cittadini per questi due edifici e le istituzioni che operano al loro interno”. La partecipazione dei cittadini si incrementa anche con questi momenti di aggregazione\".

Ma in questi anni ha mai pensato di lasciare l’Amministrazione cantonale per lavorare in un altro ambito, forse nel settore privato?
“Nella mia vita professionale ho incontrato un solo, importante bivio. Ero all’inizio della mia carriera, avevo appena concluso la pratica di avvocato e avrei potuto scegliere tra uno studio legale e il ruolo di segretario di concetto per l’allora Dipartimento di giustizia. L’impegno per il settore pubblico ha però prevalso, e non avrebbe potuto probabilmente essere altrimenti: me l’aveva trasmesso mio padre, che per 52 anni è stato presidente del Patriziato di Gorduno. È anche per merito suo se a poco più 20 anni ero divenuto consigliere comunale e ho poi seduto in Municipio per otto anni”.

Rimpianti?
“No, anche perché non sono mai stato un tipo nostalgico. Bisogna vivere e crescere, continuamente, senza mai guardarsi indietro. Ed è giusto dare spazio alle nuove leve”.

A tal proposito, se potesse parlare con il giovane Battaglioni neoassunto in Amministrazione cantonale… Cosa gli direbbe? “Gli sottolineerei l’importanza di dimostrare sempre la giusta prudenza e di operare con gli altri, perché il lavoro prosegue anche quando il Consigliere di Stato che lo ha scelto lascia il proprio ruolo. Dopo Renzo Respini, al Dipartimento sono arrivati Pietro Martinelli, Alex Pedrazzini, Luigi Pedrazzini e Norman Gobbi; per ognuno di loro siamo stati chiamati a dar prova di adattamento ai nuovi obiettivi e alle nuove strategie, consapevoli del fatto che ogni azione implica una certa responsabilità politica e il coinvolgimento del potere giudiziario. Ho sempre vissuto ogni cambiamento di direttore come un nuovo stimolo, cosa che mi ha tenuto sempre motivato”.

Ricorda qualche compito particolare affidatole da un Consigliere di Stato?
“Be’, non posso che pensare ad Alex Pedrazzini e alla preparazione del messaggio per la revisione della Costituzione cantonale, un lavoro svolto in compagnia dell’allora consulente giuridico Guido Corti. Un’esperienza molto arricchente”.

E se invece potesse parlare con un giovane neoassunto oggi, nel 2015, cosa gli raccomanderebbe?
“Lo inviterei a essere coraggioso e propositivo, senza mai adagiarsi su posizioni tipo ‘Abbiamo sempre fatto così e non vedo il motivo perché dovremmo cambiare’. Lo spingerei ad avere il coraggio di osare, insomma, così da far crescere questa azienda pubblica e dimostrare attenzione per il cittadino e per i più deboli”.

Tra qualche mese andrà in pensione. Qual è il progetto che più le sta a cuore e che le spiace lasciare incompiuto?
“Direi la ristrutturazione del pretorio di Bellinzona, con l’unificazione della pretura penale e del tribunale penale cantonale. Un progetto che, sono certo, sarà presto il fiore all’occhiello di Bellinzona, e che potrebbe diventare un centro di competenza per quel che riguarda il diritto penale cantonale e federale”.

Una volta lasciata l’Amministrazione cantonale, a che cosa si dedicherà?
“Non mi preoccupo molto, a dire il vero: a quanto mi dicono, da pensionati il tempo passa più in fretta di quanto si crede! Comunque, dedicherò parte delle mie giornate al volontariato e a una fondazione che, assieme ad altri tre amici, è stata costituita tre anni fa , per ristrutturare un alpeggio a 1500 metri di altitudine, su un terreno del patriziato di Gorduno. Ci piacerebbe valorizzare questo ambiente e un giorno, chissà, forse riportare delle mucche al pascolo come già accadeva diverse decine di anni fa”.