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Autori: Redazione
Data: 02 giugno 2009

Intervista a Gabriele Gendotti - Presidente del Consiglio di Stato e Direttore del DECS

I primi 60 giorni di presidenza del Governo

L'anno della sua presidenza è iniziato sotto la cattiva stella della crisi economica. In quale direzione dovrà muoversi il Consiglio di Stato?
Una prima risposta il Governo l'ha già data - collegialmente - varando un pacchetto di 64 misure anticicliche per complessivi 158 milioni di franchi. Si tratta di una manovra di ampio respiro che, sommata agli ammortizzatori sociali già presenti sul territorio cantonale, risponde concretamente alla necessità di sostenere soprattutto l'occupazione (in particolare quella giovanile), i redditi, l'economia e la formazione. Il Consiglio di Stato proseguirà quindi in questa direzione, tenendo sotto costante monitoraggio l'evolvere della situazione per intervenire, se del caso, con interventi tempestivi e puntuali.
In questo contesto il Governo dovrà cercare soluzioni equilibrate tra l'identificazione dei bisogni da corrispondere da un lato e il perseguimento del rigore finanziario dall'altro. Non va infatti dimenticato che il pareggio dei conti del Cantone costituisce ancora un obiettivo che non può essere considerato semplicemente passato di moda. E questo perché da una parte lo Stato deve poter continuare ad avere le risorse finanziarie necessarie per erogare servizi e prestazioni di qualità a favore di tutte le cittadine e di tutti i cittadini, soprattutto in un momento di bassa congiuntura, ma anche perché, dall'altra, non è proponibile, e tanto meno responsabile, caricare debiti eccessivi sulle spalle delle future generazioni, ipotecando in partenza le legittime aspettative dei giovani nel potersi affermare nella loro vita professionale. È un obiettivo che imporrà scelte politiche non sempre popolari. Spetterà anche al presidente del Consiglio di Stato far capire al Paese la necessità di queste scelte. Ma si tratterà anche di far capire ai cittadini che non tutti i problemi vanno risolti dalla politica. Non si può pretendere che lo Stato si occupi di tutto. Ciascuno, ancor di più in questi momenti difficili, deve produrre uno sforzo per almeno tentare di migliorare la propria situazione.

Cosa si aspetta dal Paese per affrontare questo periodo difficile?
Per carattere e impostazione politica tendo sempre a vedere il bicchiere mezzo pieno, piuttosto che lamentarmi dell'altra metà vuota. Credo che le nuove situazioni portino con sé anche nuove opportunità da cogliere e non solo rischi da cui stare in guardia. Questa crisi economica - che il Consiglio di Stato cercherà di attenuare nei limiti delle sue competenze e delle sue possibilità - sta facendo riemergere la necessità di recuperare dei valori che, negli ultimi anni, sono stati dimenticati un po' troppo velocemente. Bisogna tornare a capire che per conseguire dei risultati duraturi occorre impegnarsi a fondo, che è meglio puntare sulla serietà del lavoro, con una buona formazione scolastica o professionale, piuttosto che su facili guadagni a breve termine.
In un periodo in cui si moltiplicano le incertezze è anche il momento di fissare delle priorità. Non è più tempo che certa politica si occupi di questioni, passatemi il termine, di lana caprina, ma dei veri problemi del Paese. In questo senso non guasterebbe tra i ticinesi un ritrovato senso di solidarietà, evitando inutili e dispendiosi litigi.

Che tipo di rapporti auspica tra Governo e Parlamento?
È importante che ognuno dei due poteri - Esecutivo e Legislativo - rispetti i propri ambiti di competenza. Il dibattito parlamentare è la linfa della nostra democrazia rappresentativa e permette il confronto civile tra posizioni politiche diverse. Ritengo che il Gran Consiglio sia il luogo deputato per discutere i problemi del Paese e per trovare soluzioni concordate e sostenibili, anche se devo prendere atto che si tende sempre più a privilegiare la polemica a mezzo stampa, magari per ottenere soltanto un po' di visibilità. Faccio anche fatica a capire certi atteggiamenti poco inclini alla ricerca del compromesso, quasi che ci fosse da vergognarsi ad aver raggiunto una soluzione condivisa. Così come non capisco come si possa continuamente chiedere in termini generali al Consiglio di Stato di risparmiare, per sollecitarlo subito dopo con valanghe di atti parlamentari ad intervenire in più direzioni con continui aumenti di spesa. Da questa prospettiva la crisi economica non può diventare un comodo alibi per innescare nuovi assalti alla diligenza. Il compito dello Stato rimane quello di impiegare il denaro pubblico con oculatezza, secondo precise priorità, a partire dall'aiuto alle persone e alle aziende che si trovano in maggiori difficoltà.
Direi però che i buoni rapporti tra Governo e Parlamento dipenderanno anche dalla capacità di entrambi di non cedere alla tentazione di voler iniziare troppo presto la campagna elettorale per il rinnovo dei poteri cantonali. Non è di inutili tiri alla fune che il Paese ha bisogno in questo momento.

Tra Cantone e Comuni si registrano alcune tensioni. Come avvicinare questi due livelli istituzionali?
Un passo nella direzione giusta è stato fatto istituendo una piattaforma di dialogo tra Cantone e Comuni. Confido che le discussioni che si potranno tenere in questa sede permetteranno di allentare gli attriti accumulati negli ultimi tempi e di trovare nuove vie d'intesa. Certe incomprensioni discendono in gran parte dalla situazione economica in cui ci troviamo. La coperta è sempre troppo corta e i Comuni tendono a vedere nel Cantone chi, di volta in volta, gli scopre i piedi o le braccia. Tendono cioè a vedere nel Cantone soprattutto l'ente superiore che ribalta su di loro oneri importanti senza concedere contropartite a livello di autonomia decisionale. Per la verità i Comuni dovrebbero anche fare il conteggio dei flussi finanziari che dal Cantone vanno a loro beneficio. Si tratta però di capire che è interesse generale, cioè di interesse per tutti i cittadini, perseguire una politica improntata alla sostenibilità dei conti pubblici, siano essi comunali o del Cantone. D'altra parte proprio il Cantone si è più volte dimostrato sensibile alle necessità dei Comuni. Basterebbe qui ricordare l'ultima proposta del gruppo PLR in Gran Consiglio sulla modifica dell'articolo della Legge organica comunale riguardo il tasso minimo degli ammortamenti amministrativi. Ma anche gli enti locali non possono far finta di non capire che l'autonomia comunale, quella vera, si realizza attraverso l'adozione d riforme, finanze sane e - talvolta - attraverso progetti aggregativi per costituire dei Comuni più forti e propositivi.

In questi tempi difficili aumenta anche l'importanza di un dialogo costante tra Ticino e Berna. Un compito che tocca anche la presidenza del Consiglio di Stato?
Certo, i rapporti con Berna sono molto importanti. È lì che si prendono le decisioni che contano. E non è sufficiente avere dei lobbisti a Palazzo per far passare le rivendicazioni del Ticino. Bisogna avere una vera e propria rete di contatti nell'amministrazione federale, in ogni singolo dipartimento. La considerazione del Ticino a Berna potrebbe migliorare molto se potessimo contare su un consigliere federale ticinese, se fossimo rappresentati nei Consigli di amministrazione delle ex regie federali e se aumentasse il numero dei funzionari dirigenti ticinesi nell'amministrazione. Il Consiglio di Stato sta riflettendo su come migliorare la presenza del Ticino a Berna e formulerà entro breve termine delle proposte puntuali.

Lei ha sempre sostenuto che formazione e ricerca sono le vie maestre perché il nostro Cantone possa continuare a crescere e a prosperare. Vi sono novità di rilievo in questo ambito?
Continuo a sostenere che gli investimenti a favore della formazione - sia essa scolastica, professionale o universitaria - costituiscono non solo l'antidoto migliore per far fronte a questa crisi, ma rappresentano anche una vera opportunità di sviluppo dell'intero Cantone. Diverse decisioni importanti sono state prese prima dal Consiglio di Stato e poi dal Parlamento. Mi riferisco in particolare all'integrazione dell'Alta scuola pedagogica di Locarno nella Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (che permetterà all'ASP di formare i futuri docenti abilitati ad insegnare nelle nostre scuole su basi interamente accademiche), l'istituzione di un Fondo cantonale per la formazione professionale (chiamando tutte le aziende, e non solo quelle che formano apprendisti, a partecipare finanziariamente) e l'adesione del Cantone Ticino al progetto Harmos, mediante il quale viene armonizzato a livello svizzero il sistema della scuola dell'obbligo.
Nel campo della ricerca mi limito a segnalare la decisione di principio adottata dal Consiglio di Stato di assegnare un contributo cantonale di 5 milioni di franchi per la realizzazione del nuovo Centro Svizzero di Calcolo Scientifico. Una struttura attraverso la quale saranno possibili importanti sinergie con il nuovo Istituto di scienze computazionali presso la Facoltà di scienze informatiche dell'USI e il cui super computer potrà essere impiegato a vantaggio di centri di eccellenza in Ticino come l'Istituto di ricerche biomediche o l'Istituto oncologico della Svizzera italiana. Nel campo della ricerca il Ticino negli ultimi anni ha fatto passi da gigante: è uno dei settori che porta con sé i più grandi potenziali di crescita di questo Cantone.

In cosa consiste il suo obiettivo per questo anno alla presidenza del Governo?
Ridare alla politica il ruolo che si merita con maggiore rispetto per lo Stato e le sue istituzioni. Vorrei poter far capire ai ticinesi che non ha senso contrapporsi e litigare su questioni marginali o che rappresentano solo interessi di parte. Mi piacerebbe che ci si concentrasse sui veri problemi del Paese e sui veri ostacoli che dovremo superare, mostrando un'attitudine più aperta e propositiva, più disponibile ai cambiamenti. Si dovrebbe quindi correggere un po' il tiro sulla percezione che l'opinione pubblica ha della serietà del lavoro della maggior parte degli attori della politica, della giustizia e dell'amministrazione. Mi auguro che anche i media, oltre che ad occuparsi di pettegolezzi, diano il loro prezioso contributo per ricollocare il campanile in mezzo al villaggio.
Il secondo obiettivo che mi pongo riguarda il rapporto con la popolazione. Come presidente del Consiglio di Stato - una funzione che amo definire come quella di "sindaco del Ticino" - si moltiplicano le occasioni di incontro e di conoscenza delle persone. Mi piacciono soprattutto quelle semplici che, senza tanti paroloni, sanno cosa vuol dire tener duro nella vita e conoscono bene il valore delle cose, anche di quelle semplici.