Vai al contenuto principale Vai alla ricerca

Archivio Argomenti

Autori: Tiziano Veronelli
Data: 16 luglio 2009

Seconda parte. Il viaggio continua

Laos on the road

Tiziano Veronelli ci guida attraverso un´insolita destinazione del continente asiatico

Breve tappa a Luang Prabang, cittadina patrimonio dell'UNESCO
Dopo due intensi giorni a trascorsi a Vientiane e dintorni (rigorosamente visitati a piedi o in sella a una comoda bicicletta), ci siamo congedati dalla capitale per una tappa di tre giorni a Luang Prabang, che abbiamo raggiunto con un volo di linea della Lao Airlines.

Posizionata sulle sponde del Mekong, Luang Prabang è sicuramente la città più affascinante (e turistica) del Paese, che si sta pian piano destando dal periodo di decadenza dovuto a decenni di guerra e rivoluzione. Grazie alla cornice offerta dal paesaggio montano alle sue spalle e alla sua architettura coloniale, con i templi e i tetti scanalati, la città riserva suggestioni autentiche e profonde. Capitale fino al 1975, nel 1995 è stata nominata dall'UNESCO patrimonio dell'umanità. La città conta all'incirca 26'000 abitanti e fa ben poche concessioni alla modernità, eccezion fatta per la corrente elettrica, che peraltro funziona in modo alquanto sporadico, e di qualche automobile e camion!

Le principali attrattive del luogo sono i suoi templi antichi (dei 66 costruiti prima della colonizzazione francese ne sono sopravvissuti 32) con gli stupa dalle guglie dorate.
Seguendo l'ansa del fiume Mekong, si giunge al Museo del Palazzo Reale, sede anche di un elegante monastero, il Wat Xieng Thong (Tempio della Città d'Oro), costruito nel 1560. L'effetto creato dai tetti spioventi del santuario, che toccano quasi terra, è stupefacente, così come i preziosi rilievi in oro sulle porte e sui muri, le ricche decorazioni delle colonne e dei soffitti, il Buddha sdraiato, le piccole cappelle e i numerosi stupa.

Proseguendo poi verso la collina Phusi, si scoprono templi in rovina o ancora in uso, come il Wat Sean e il Wat Visunalat, il più antico della città. Una scalinata conduce alla sommità del promontorio, dal quale si può godere di un panorama spettacolare sulla città, alla luce del tramonto.

Nelle vicinanze della città spiccano poi altri luoghi deliziosi, come le famose grotte di Pak Ou, alcune delle quali, situate nella parte inferiore di un dirupo di pietra calcarea, ospitano migliaia di statue del Buddha di ogni misura e stile, lasciate nel corso dei secoli dai fedeli, mentre una trentina di km a sud della città, immersa nella foresta, si trova la grande cascata a più balzi di Kuang Si, assolutamente spettacolare.

Anche Luang Prabang, oltre alla raffinatezza architettonica dei suoi monumenti e all'impronta coloniale delle case, vi saprà trasportare in una dimensione temporale unica, scandita soltanto da albe e tramonti, dal richiamo delle preghiere mattutine dei monaci buddisti accompagnate dal suono di giganteschi tamburi e dal silenzioso scorrere del fiume Mekong, ai bordi del quale, la sera, potrete assaporare freschi frullati di frutta (banana, ananas, mango, frutto della passione, arancia, e chi più ne ha più ne metta) in tutto relax.

Il piatto forte della nostra spedizione
Ma veniamo al "clou" della nostra spedizione: la cosiddetta "boucle" (immagine 1), ovvero un percorso di 475 km, attraverso le campagne della provincia di Khammuan, a sud del Paese, a 70 km dalla frontiera con la Thailandia (a ovest) e 70 km dalla frontiera con il Vietnam (a est). Un giro di 5 giorni in sella a una motocicletta, in una fra le zone più remote del Paese.

Dopo 2 giorni di viaggio (indispensabili per percorrere i 600 km che separano Luang Prabang dal punto di partenza del nostro "tour nel tour"), a bordo di un autobus che definire "pittoresco" è dir poco, siamo giunti a Tha Khaek. Lì, dopo una notte ristoratrice, abbiamo noleggiato le nostre moto e siamo partiti sotto il sole cocente.

Il primo giorno abbiamo attraversato la regione calcarea di Khammuan, ricca di promontori e picchi che ricordano i paesaggi della baia d'Along, in Vietnam (però senz'acqua) e disseminate di una miriade di grotte. Ne abbiamo visitate due, all'interno delle quali abbiamo trovato un santuario buddista, ovvero la grotta di Tham Pha Ban Tham (immagine 2) e un lago le cui acque, secondo gli autoctoni, possiederebbero poteri magici (grotta di Tham Sa Pha In). Lungo le strade sterrate, d'un colore rosso fuoco e pressoché deserte, a volte si incrociavano mandrie di buoi e qua e là, all'ombra di qualche albero di tamarindo, piccole bancarelle in cui gli abitanti delle campagne vendevano i frutti dei loro raccolti: oltre a legumi d'ogni genere, arance, ananas e dolcissimi banane, anche cortecce di alberi a noi sconosciuti e radici colorate utilizzate a mo' di rimedio naturale per problemi medici di varia natura e lucertoloni simili a piccole iguane pronti per essere cucinati!

Il giorno seguente, dopo una notte trascorsa in una pensione decisamente spartana, abbiamo visitato il piccolo villaggio di Mahaxai, ai bordi del fiume Xe Bang Fai (immagine 3). Al centro, un monastero buddista, e tutt'attorno, nella ruralissima "dowtown" alcune case e capanne, un piccolo mercato e, ovunque, una moltitudine di animali, tra cui cani, maiali, buoi, polli e anatre (quest'ultime in attesa di essere laccate!). Nelle campagne circostanti, i contadini coltivano il riso e pescano pesciolini in laghetti artificiali, che poi fanno essiccare al sole.

Da Mahaxai, percorrendo ampie distese carsiche e attraversando le foreste di una zona montagnosa, siamo arrivati a Lak Sao a 15 km dalla frontiera vietnamita, dove abbiamo trascorso il pomeriggio in tutto relax, immersi nelle tiepide acque di una fonte termale.

L'indomani, partiti di buon'ora, ci siamo diretti verso la zona protetta di Phu Hin Bun, situata in una vasta area decisamente selvaggia (1'580 km2). Fiumi e piccoli laghi di un colore turchese impressionante, foreste tropicali, abitate da alcune specie di scimmie in via d'estinzione, tra cui il langur duca e il langur François. A nord del parco, nel bel mezzo di una gola a dir poco spettacolare, le rovine di un tempio.

L'ultimo giorno, sulla via del ritorno in direzione di Tha Khaek, nonostante i 140 km che separavano la riserva naturale dall'arrivo (percorsi su strade rigorosamente sterrate), ci siamo concessi alcune pause, in minuscoli villaggi situati lungo il percorso, ogni volta accolti da gruppuscoli di bambini, entusiasti per la nostra visita, e felici di ricevere in regalo le nostre penne e le nostre matite (appositamente acquistate in Svizzera)!

Fine