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Autori: Raffaella Navari
Data: 17 dicembre 2005

Esperienze di viaggio...

New York

L'arrivo
Ho trascorso dieci giorni a New York l'estate scorsa, dal 20 al 30 luglio, assieme a mio cugino Gianluca e ai miei amici Sonja e Ugo. La nostra prima immagine americana è stata quella di una Giunone nera, vestita da agente delle dogane, che inflessibile sorvegliava le file in attesa di passare i controlli. Quando è stato il mio turno, un suo collega mi ha scattato una foto (ero tanto bella e riposata, dopo otto ore di volo), mi ha afferrato il dito indice e si è preso la mia impronta digitale. «Welcome to the United States!».

To look round
Per farci una veloce idea di Manhattan abbiamo deciso di salire a bordo di un bus "New York Sightseeing". In tutte le grandi città ormai si trovano questi bus a due piani, senza il tetto, abitati da garruli turisti paonazzi. Se non si ha il timore di apparire un po' beceri, sono molto comodi. I ricordi più vividi: a Brooklyn, le due ore di colonna, bloccati nel traffico sotto il sole cocente; ad Harlem, i due ragazzini in bicicletta sul marciapiede che ha un certo punto abbiamo affiancato. Il più grandicello, lasciando il manubrio per additarci, ha gridato all'altro: «Hey, look at the white people!».

Da fare e da vedere
Un buon posto per partire alla scoperta di Manhattan è l'angolo tra la 49esima strada e la Fifth avenue (che divide Manhattan in east e west), nei pressi del Rockfeller Center e della Saint Patrick's Cathedral, poco lontano dal MOMA. Qui si trova concentrata la Manhattan dei grattacieli, dei taxi che sfrecciano, delle impiegate con il completo e le scarpe da ginnastica che vanno o vengono dall'ufficio e delle signore eleganti che fanno shopping, dei manager con la valigetta che bevono un caffè o un aperitivo, dei turisti che cercano lo scorcio migliore per scattare la foto ricordo. Comitive, maniaci delle fotografie e Sightseeing a parte, New York è l'unico posto che ho finora visitato in cui è difficilissimo distinguere i turisti dai locali: entrambi, di innumerevoli origini e provenienze, mostrano le fattezze e le fogge più svariate.

Una decina di strade più a sud del nostro punto di partenza e un paio di avenue ad ovest, si apre Times Square, rutilante notte e giorno. È inutile descriverla; un'idea di cos'è l'hanno tutti; per averne l'idea esatta bisogna andarci. Se a qualcuno interessa, alla stessa altezza di Times Square, ma lungo la Fifth avenue, si trova la Public Library, una delle più grandi librerie pubbliche del mondo, con delle stupende sale di lettura.

Da qui, muovendosi di un'altra decina di strade verso sud, si incontra l'Empire State Building, che dopo il crollo delle Torri gemelle è tornato ad essere l'edificio più alto della città. La salita vale senz'altro la pena, ma le code sono spesso scoraggianti. Meglio andarci all'ora di pranzo o verso sera, per contemplare la città che si stende sotto di voi, la quantità di taxi gialli che sfrecciano lungo le avenue, i magnifici attici con giardino che si trovano in cima a molti palazzi, per ammirare dall'alto il Flatiron Building e per intravedere in lontananza la Statua della libertà.

Vale una visita anche il palazzo delle Nazioni unite, affacciato sull'East River, tra la 42esima strada e la First avenue, all'altezza del Chrysler Building e della Grand Central Station. I visitatori sono suddivisi in drappelli, che partono a scadenze regolari, comandati da una guida. La nostra era un'eccitata signora africana - ci ha raccontato che quello era il suo primo giorno di lavoro come guida all'interno del palazzo - vestita con abiti simil-tradizionali del suo Paese. Ci ha accompagnati attraverso sale e corridoi, fermandosi qua e là per fornirci le spiegazioni di rito. Si è fermata anche davanti a un grande mosaico contro la fame nel mondo, donato da una fondazione creata da Nancy Reagan. Terminato il suo commento, una signora del gruppo, che sembrava uscita da un telefilm anni Ottanta, ha esclamato: «Oh! Really Nancy Reagan did it alone?».

Sotto la 14esima strada si stende una zona secondo me molto stimolante. Dapprima si incontra il Greenweech Village: ha perso un po' del suo antico smalto e la sua rinomanza in ambito culturale forse non corrisponde più alla realtà, ma è ancora vivissimo, grazie agli studenti della NY University, che in gran numero lo abitano e lo animano.
Soho, con l'adiacente Nolita, è una zona molto chic e alla moda, con boutiques e gallerie, negozi di vintage e di oggettistica (la più stramba immaginabile). Una passeggiata per le sue vie è molto piacevole e permette scoperte impreviste quasi a ogni angolo.

Chinatown è animatissima e affaccendatissima. Tra ristoranti e ristorantini (dim sum), bancarelle di pesce, negozi di abiti e paccottiglia varia (dalle borsette pelose rosa shocking alle contraffazioni delle marche più prestigiose, dai quadretti incornicianti ideogrammi alle piante finte) si agitano innumerevoli figurine che producono, trasportano o vendono un qualche tipo di merce. Chinatown sta pian piano abbracciando (sarebbe più corretto dire fagocitando) Little Italy, dove all'apparenza si vive immersi in un'atmosfera da sagra di paese, con decorazioni e luminarie anni Settanta. I prezzi dei ristoranti italiani (con camerieri messicani) non sono per niente anni Settanta, ma questo è un altro discorso.

Scendendo ancora, si raggiungono la zona del Civic Center (qui c'è, secondo me, uno dei grattacieli che contende al Chrysler Building il titolo di più bello: il Woolworth Building) e poi il Financial District. Lungo l'Hudson River verso Castle Clinton si allunga il Battery Park, che, con la sua passeggiata sul mare, consente di rilassarsi un po' e di estraniarsi dalla vita convulsa e frenetica che pulsa poco lontano.
Per raggiungere Battery Park abbiamo costeggiato Ground Zero. Nel 2005 si presentava come un immenso cantiere. Traccia della tragedia avvenuta erano i rari bigliettini appesi ancora qua e là e i vetri rotti dei palazzi accanto. Gli strascichi dell'11 settembre li abbiamo comunque percepiti durante tutta la vacanza: controlli - più o meno accurati - avvengono all'entrata degli edifici pubblici (la Saint Patrick's Cathedral o la Public Library) e dei musei, come prima di imbarcarsi sui traghetti; i punti sensibili sono sorvegliati, ma con discrezione.

Wall Street, contrariamente a quanto mi immaginavo, è una viuzza piccola, buia e stretta. Il palazzo della borsa, il New York Stock Exchange, è lì vicino. Durante l'ora di pranzo si possono osservare per strada i broker, con le loro giacche colorate a dipendenza della compagnia di appartenenza.

Molto grazioso è il South Street Seaport, accanto al Pier 17, affacciato sull'East River. Questa zona, porto di New York molto attivo nell'Ottocento, è rimasta per lungo tempo dimenticata e trascurata, fino a quando, negli anni Ottanta, è stata ristrutturata. Oggi accoglie bar, ristoranti, negozi e il Museo marittimo (non è particolarmente ricco, ma interessanti sono gli edifici in cui è collocato, vecchie strutture portuali completamente rinnovate). Fino a pochi mesi fa Abercrombie & Fitch (marca "must have" americana, indossata dai giovani statunitensi) aveva qui il suo unico punto vendita newyorkese; dall'autunno è stato aperto un negozio anche in Fifth avenue.

Torniamo ora a nord, fino al Central Park. È veramente il "polmone verde" di Manhattan. Sui suoi prati le famigliole fanno il pic nic, i ragazzi giocano a baseball, le coppiette si abbracciano, gli studenti leggono. Sui suoi sentieri i newyorkesi corrono, esibendo i loro aitanti (o ballonzolanti, secondo il caso) fisici, dimostrando un notevole amore per lo sport.
A sinistra e a destra del parco si stendono l'Upper West side e l'Upper East Side, lussuose zone residenziali. Nel primo hanno abitato, oltre a John Lennon, Rita Hayworth, Dustin Hoffman, Paul Simon, Diane Keaton, Michael Douglas,... Qui si trova il Museo di storia naturale. Nel secondo si concentrano alcuni dei maggiori redditi degli Stati Uniti. Lungo Madison avenue si sgranano le boutique delle marche più prestigiose, mentre lungo la Fifth avenue, di fianco a Central Park, si trovano il Metropolitan e il Guggenheim.

Per terminare, è doveroso il pellegrinaggio alla Statua della libertà e a Ellis Island, porta d'ingresso verso gli Stati Uniti per milioni di immigrati. È interessante il Museo dell'immigrazione, sebbene sia piuttosto americanocentrico e celebrativo.

Musei
Nei dieci giorni di permanenza abbiamo visitato il Museum of Modern Art, il Guggeheim Museum, il Museum of Natural History, il Metropolitan Museum of Art. A dire la verità, questi ultimi due li abbiamo percorsi piuttosto in fretta, selezionando ciò che ci interessava, perché sono troppo grandi per visitarli in mezza giornata e non avevamo intenzione di dedicare loro più tempo. Ill MOMA secondo me è da non perdere: camminando attraverso le sue sale si percorrono gli ultimi cento anni di storia dell'arte. Molto bello architettonicamente il Guggeheim, ma la sua collezione non è strepitosa. Se si ha fretta, conviene limitarsi ad ammirarlo dall'atrio, senza salire la spirale lungo la quale sono esposte le opere. Quanto al Museo di storia naturale, bisogna assolutamente vedere le sale dei dinosauri, che infatti sono le più affollate.

Cucina
La mattina iniziava con una veloce colazione, a base di caffè bollente (anche se, secondo me, l'equivalente di coffee non è certo "caffè"), scones, muffins, altri untissimi dolci oppure macedonie per i più salutisti. Una carica per la giornata. Alcune volte compravamo le nostre calorie presso i carrelli che al mattino si piazzano agli angoli delle strade: in un paio di metri cubi sono stipate tutte le merci che può offrire un bar. Fa molto New York camminare per strada con in mano un sacchetto di carta contenente la colazione o il pranzo.

Ci siamo dilettati con varie cucine, dalla giapponese alla cubana, dalla russa all'indiana, senza tralasciare l'esperienza dell'allucinante BBQ americano. Non male, ma le porzioni sono più che pantagrueliche e la fame passa solo fissando il piatto: gli aromi speziati che si sollevano dai cibi dopo un po' si trasformano in nauseanti zaffate. Ad averlo saputo prima, una porzione in due (magari anche in tre) sarebbe stata più che sufficiente.

A New York per sfamarsi bastano pochi dollari, ma per mangiare bene ne occorrono molti di più. Un palato europeo deve mettere in conto momenti di sofferenza. Unica nota positiva, i fast food di insalate, dove si possono scegliere da un lungo e fornitissimo bancone tutti gli ingredienti per comporre un'insalata fresca e personalizzata. Non pensiate però di risparmiare sulle calorie: poi, sull'insalata dovete mettere il condimento e quando vi chiederanno quale volete, vi assicuro che vi troverete in imbarazzo.

L'esperienza più stremante sono stati i circa tre quarti d'ora di coda per mangiare in uno dei più conosciuti ristoranti di Chinatown: un locale senza finestre, addobbato con chincaglieria cinese e arredato da grandi tavoli rotondi. I veloci camerieri indicano il tavolo attorno al quale sedersi, di fianco ai clienti arrivati prima. Si mangia rigorosamente in ciotole e con le bacchette, scegliendo da una lista abbastanza ricca, con proposte originali rispetto al solito ristorante cinese. Pittoresco. Un paio di giorni dopo abbiamo scoperto che a pochi passi dal nostro albergo si trovava un ristorante appartenente alla stessa famiglia, con la stessa lista di cibi, ma senza code fuori dalla porta, bei tavoli, l'aria condizionata e gentili cameriere, per un prezzo solo di poco superiore. Meno pittoresco, ma questo non ci ha tolto l'appetito, anzi.

Trasporti
La metropolitana è estremamente comoda e semplice da utilizzare (le direzioni sono solo due: downtown e uptown; basta distinguere le corse locali da quelle espresse, che si arrestano solo nelle fermate più importanti). Di sera, oppure quando si è stanchi, è meglio ricorrere al taxi. Ricordo una corsa in taxi, attorno alla mezzanotte, di ritorno da una cena: l'autista, indiano o pachistano, ha interrotto una discussione al telefonino molto animata - tenuta nella sua lingua - per farci salire. Durante il tragitto il suo telefonino ha squillato e la discussione è ripresa, sempre più accesa; più il fervore aumentava, più le sue braccia si agitavano, a dispetto del buon senso che avrebbe voluto afferrassero il volante. Il litigio è terminato bruscamente una volta arrivati alla meta, giusto in tempo per chiederci il compenso e congedarci.

Acquisti
Non pensate di risparmiare facendo shopping a New York; si possono però trovare capi di abbigliamento od oggetti irreperibili altrove. Richiedono un'attenta valutazione gli apparecchi elettrici ed elettronici: il prezzo non è detto sia sempre conveniente, inoltre si pone il problema della compatibilità agli standard europei. Se amate la corsa, il tennis, la palestra, la pallacanestro, il calcio o il nuoto fate un giro, almeno per curiosità, alla Niketown (tra la Fifth avenue e la 57esima strada). Vale invece la pena di comprare Ralph Lauren (il negozio si trova tra Madison avenue e la 72esima strada) e le marche americane in generale (articoli sportivi a parte).

Piccola curiosità: percorrendo Manhattan in lungo e in largo durante dieci giorni non mi sono mai imbattuta in una macelleria e ho visto due soli negozi di frutta e verdura (uno nel Greenweech Village, l'altro all'interno del Chelsea Market). Comunque, procurarsi proteine e vitamine non è difficile: ovunque si trovano integratori alimentari e i negozi specializzati in prodotti per sportivi sono numerosi...

Negozi (da visitare non necessariamente per comprare qualcosa)

Abiti e accessori
- Epicentro (Prada Soho). È un impressionante negozio, situato dove prima c'era la libreria del Guggenheim, fra Broadway e Mercer Street, all'angolo con Spring Street. Per metà è occupato da un'onda di tek, scesa da gradini e bucata da un grande ascensore rotondo trasparente, che conduce al piano inferiore. Qui delle pareti mobili creano gli spazi dove sono esposti gli abiti. Prada Soho non ha insegne. Parecchi negozi, ristoranti e locali notturni, addirittura alberghi, ne sono privi. O sapete esattamente dove si trovano oppure non li troverete mai, se non per caso.
- Louis Vuitton One East. Situato tra la 57esima strada e la Fifth avenue, dirimpetto alla Niketown, è il secondo più grande negozio Louis Vuitton al mondo (dopo Parigi).

Giocattoli
- Fao Schwartz. Si trova tra la Fifth Avenue e la 58esima strada. Qui è possibile comprare giocattoli di ogni tipo, ma il vertice (anche in quanto a prezzi) lo raggiungono le bambole e i peluche.
- Toys "R" Us. Situato a Times Square, si adatta perfettamente alla sfolgorante cornice in cui è inserito. All'interno (ripeto: all'interno) del negozio è collocata una ruota panoramica.

Libri
- Barnes & Nobles, tra Broadway e la 17esima strada. Grandissima libreria, su più piani, al cui interno trova posto anche uno Starbucks Coffee. Oltre quelli appartenenti alla catena Barnes & Nobles a Manhattan non ho visto altri negozi di libri. Pare che in altri quartieri sopravviva ancora qualche libraio indipendente (chi ha visto il film C'è posta per te?).

Da evitare
Alzarsi troppo presto alla mattina. È perfettamente inutile, perché tanto prima delle 10.00 è quasi tutto chiuso.

Raffaella Navari, raffaella.navari@ti.ch