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Autori: Mattia Bertoldi
Data: 22 giugno 2015

Il Responsabile del servizio d'ordine ci racconta alcuni gustosi aneddoti legati al suo lavoro a Palazzo delle Orsoline.

Roberto Gropetti: lo sguardo glaciale della sicurezza

Classe 1964, occhi color del ghiaccio, Roberto Gropetti è al servizio dell’Amministrazione cantonale dal 1984 - prima come agente di custodia presso il Penitenziario La Stampa, oggi in qualità di Responsabile del servizio d'ordine a Bellinzona. In una decina di anni le procedure in materia di sicurezza sono molto cambiate, e non mancano gustosi aneddoti. (Foto di Elizabeth La Rosa)

Roberto, com’era il sistema di sicurezza una decina di anni fa?
“Molto fragile, l’accesso a Palazzo delle Orsoline era quasi del tutto libero. Io ho avuto modo di rendermene conto un giorno di primavera: erano le 13, stavo tornando in ufficio dopo aver pranzato quando ho scorto nel cortile interno una famigliola svizzero-tedesca. I genitori avevano steso per terra una coperta e stavano facendo un pic nic, i figli giocavano a calcio tra le aiuole. Ci ho messo un po’ a spiegar loro che non si trattava di un parco pubblico”.

Ci sono però dei giorni in cui le porte rimangono aperte…
“Durante le sedute di Gran Consiglio, sì. Quello che pochi sanno è che tutti i cittadini possono assistere dalle tribune, non bisogna nemmeno annunciarsi. È tuttavia doveroso comportarsi sempre in maniera educata”.

Ci sono stati mai disordini?
“Qualche volta. Avevano esposto striscioni ingiuriosi, li abbiamo fatti smettere”.

Con le maniere forti?
“No, è bastato un richiamo. Non siamo mai arrivati alle mani. Negli scorsi anni ci sono però state manifestazioni pubbliche che hanno rischiato di sfociare nella violenza, con il tentativo di entrare nell’edificio. E ci sono pure stati dei lanci di uova, che per fortuna siamo riusciti a schivare”.

Anche per prevenire questo tipo di problemi, sono state introdotte diverse nuove disposizioni di sicurezza in questi anni.
“Certo, dal sistema di lettura dei tesserini per l’apertura delle porte all’installazione delle telecamere di sorveglianza”.

Ce n’è mai stato bisogno?
“Una volta qualcuno si arrampicò sino al balcone della sala del Consiglio di Stato e rubò le bandiere. La polizia arrivò e ci chiese le riprese video”.

Il divieto più difficile da applicare?
“Probabilmente quello relativo al fumo, che da un giorno all’altro vietava a dipendenti, granconsiglieri e Consiglieri di Stato di fumare negli atrii di Palazzo delle Orsoline. Un’abitudine abbastanza radicata, che nei momenti di pausa portava nel corridoio dei Padri della Patria un grosso nebbione”.

Ci sono stati malumori?
“No, il divieto è sempre stato rispettato. Nell’eventualità, comunque, io e Stefano (Micheli, NdR) siamo autorizzati ad ammonire l’interessato prima verbalmente, poi in forma scritta”.

Il tuo lavoro ti impone di rimanere a stretto contatto coi rappresentanti del Parlamento e del Governo. Hai avuto modo di legare con alcuni di loro?
“Sicuramente, e in un paio di casi ho anche mantenuto i contatti. Per un certo periodo ho dato pure una mano al gruppo di autisti e mi è capitato più volte di guidare le automobili dei Consiglieri di Stato”.

Una normale giornata di lavoro prevede l’apertura dei cancelli, diverse ronde e tutta una serie di controlli. Ma il servizio d’ordine è chiamato anche in caso di emergenza medica…
“Esatto, è capitato che qualcuno si sentisse male all’interno degli uffici e siamo intervenuti il più tempestivamente possibile. Sia io, sia Stefano siamo abilitati all’uso del defibrillatore, in attesa dell’ambulanza”.

Uno dei tuoi più bei ricordi di questi oltre 30 anni al servizio dell’Amministrazione cantonale?
“La giornata delle porte aperte nell’autunno 2013. So che è strano sentirlo dire da me, uno che in questi anni ha collaborato a chiudere sempre più porte al pubblico. Ma vedere così tanta gente entusiasta nel toccare con mano i luoghi delle istituzioni pubbliche mi ha fatto molto piacere. Nel nostro piccolo, siamo riusciti a riavvicinare la popolazione alla cosa pubblica”.