Due agenti di custodia in servizio al carcere penale La Stampa che condividono l’amore per lo sport e per il parapendio. Ecco, in sintesi, Michel Weiss (42 anni di Cadenazzo) e Gian Luca Papale (30 anni di Bioggio), colleghi e (soprattutto) amici.
Da quanto tempo lavorate per il Dipartimento delle istituzioni?
Michel Weiss: «Da aprile 2015. Prima di allora avevo lavorato per 15 anni in un’agenzia di sicurezza privata, in Ticino e in seguito a Basilea. Per me è stato naturale partecipare al concorso per diventare agente di custodia.»
Gian Luca Papale: «Anche io sono entrato in servizio in occasione dello stesso concorso; prima lavoravo come elettronico nel settore audio e video.»
Qual è l’aspetto che più vi piace del vostro lavoro?
GLP: «Innanzitutto, l’utilità pubblica di ciò che faccio nei confronti della popolazione. È bello sentirsi parte di una macchina più grande che garantisce la sicurezza dei cittadini.»
MW: «Condivido, ed è anche una bella soddisfazione ricevere i complimenti della gente, quando dico che lavoro faccio. Un altro aspetto da non trascurare è l’organizzazione in turni di lavoro, che spesso ci dà la possibilità di lavorare di notte o la mattina presto, approfittando così del resto della giornata per svolgere attività sportive.»
Com’è nata la passione per il parapendio?
GLP: «Dalla passione per il volo. Ho avuto diverse esperienze come pilota ed ero alla ricerca di un’attività più sostenibile e dai costi inferiori. È stato quindi naturale avvicinarmi al parapendio, visto che amo sciare e passeggiare in montagna, dove è ancora possibile dialogare e instaurare un contatto con le persone, lontani dal caos cittadino e dallo stress.»
MW: «Nel mio caso, il primo passo è stato paracadutismo. Dopo cinque, sei lanci in tandem mi sono interessato a questa disciplina perché – anche nel mio caso – si adattava molto bene al mio amore per la montagna e le passeggiate all’aria aperta, soprattutto in estate quando mi godo il fresco delle alte quote. A differenza di ciò che si crede, penso che salire a piedi lungo un sentiero sia molto meno faticoso che scendere, così ecco la soluzione: raggiungere le vette e planare verso valle!»
Cosa vi ha dato questo sport?
GLP: «Mi permette di staccare, di avvicinarmi a un senso di libertà interiore al quale difficilmente riuscirei ad ambire facendo altri sport.»
MW: «Ho potuto scoprire il nostro territorio dall’alto, un nuovo punto di vista che non solo mi ha permesso di individuare nuovi sentieri e passaggi, ma anche godermi panorami mai osservati prima. Qualche giorno fa mi sono lanciato dalle cime di Medeglia e son volato sopra un gruppo di cervi che nemmeno mi ha notato: bellissimo. Bisogna però anche considerare un altro aspetto, da me sottovalutato prima che mi cimentassi nel volo: i venti, che in certi periodi possono essere molto forti e vanno tenuti sempre in considerazione».
Quali sono, secondo voi, i punti di contatto tra il vostro lavoro e la passione per il parapendio?
MW: «Di sicuro la concentrazione, indispensabile per garantire la giusta sicurezza. Se qui in carcere è necessario prestare molta attenzione in ogni momento del turno, ma soprattutto in occasione delle entrate e delle uscite dei detenuti, in volo bisogna concentrarsi al massimo in fase di decollo e atterraggio. Non è qualcosa che uno può fare quando è stanco o deconcentrato, altrimenti il rischio si fa troppo grande».
GLP: «Penso anch’io che rappresenti una componente molto importante. Quando voli in parapendio non puoi mai rilassarti del tutto – sei sempre sul “chi va là”, capace quindi di reagire in seguito a una raffica o a un evento imprevisto. Sul posto di lavoro è lo stesso: dobbiamo essere pronti. Sempre.»