Vai al contenuto principale Vai alla ricerca

News extra

Autori: Mattia Bertoldi
Autori foto: Elizabeth La Rosa
Data: 30 gennaio 2019

Artefice del cambiamento

Le precedenti professioni di Marzio Della Santa hanno una cosa in comune: lo hanno sempre portato a progettare il futuro. Da quasi un anno, è a capo della Sezione degli enti locali

Un dottorato in finanze pubbliche all’Università di Friburgo, un master in Salute pubblica all’Università di Ginevra e una ricca attività accademica. A seguire, il lavoro per un'azienda privata come consulente del settore pubblico, i primi incarichi nell'Amministrazione cantonale (incluso quello a servizio dell'allora medico cantonale, Ignazio Cassis) e l’impiego presso l'Ente Ospedaliero Cantonale, dove ha rivestito il ruolo di responsabile del Servizio di sviluppo aziendale. Infine agli enti locali, con la carica di caposezione dal 2018.

È stato questo il percorso di Marzio Della Santa, classe 1966. Ma qual è il fil rouge che accomuna queste professioni? «Di sicuro, la voglia di prender parte al cambiamento. A partire dal lavoro per il Dipartimento della sanità e della socialità, con l'innovazione data dalla sanità elettronica che mi ha poi portato a partecipare all’elaborazione di una soluzione di cartella medica informatizzata per conto dell'EOC. Oggi, io e la mia squadra, oltre a gestire l’attività ordinaria, sviluppiamo progetti istituzionali con orizzonti ampi, spesso da attuare su più anni e decenni: anche questa è la nostra quotidianità, ma lo sguardo è sempre rivolto in avanti. Al futuro».

Quali sono gli ostacoli principali, per quanto riguarda il suo lavoro attuale?

«Nel nostro campo, spesso andiamo a toccare meccanismi istituzionali dalla tradizione secolare. Riformare la ripartizione dei compiti tra Cantone e Comuni – per esempio – non ha solamente a che fare con questioni amministrative e logistiche, ma implica un'evoluzione anche a livello culturale perché può toccare i temi del traffico, dell'ambiente e della socialità. Per questo trovo sempre utile svolgere un'analisi sociologica di determinate decisioni e avvenimenti: dietro a un voto all'apparenza irrazionale, infatti, si riescono a scorgere motivazioni molto, molto razionali che è fondamentale conoscere per riuscire a instaurare un dialogo con le persone, senza il quale non è possibile indurle a uscire dalla loro zona di comfort».

E come si fa a convincere qualcuno a prendere una nuova direzione?

«Tutto nasce dal dialogo e dal confronto, perché è innanzitutto fondamentale comprendere il punto di vista di Comuni e Patriziati. È chiaro che molti trovano più confortante rimanere ancorati alle proprie convinzioni, ma sono convinto che solo ascoltando il parere di chi ha un'opinione diversa dalla tua è possibile arricchirsi. Poi, ovviamente, il mio compito è quello di proporre una visione cantonale e allargata del tema cercando di trasmettere il meglio possibile i motivi per cui è utile sviluppare nuovi progetti futuri».

Lei è mai uscito dalla sua zona di comfort?

«Più volte, ed è anche grazie a un'attitudine del genere che sono arrivato fino a questo ruolo in cui mi occupo per esempio delle risorse umane, trovandomi anche qui confrontato ad aspettative, bisogni e storie di vita dei miei collaboratori che mi fanno crescere giorno dopo giorno. Inoltre, credo che il mio percorso di formazione come capo della Sezione si esaurirà solo l'ultimo giorno di lavoro qui a Bellinzona: infatti, come sanno bene i giuristi e gli economisti che fanno parte della mia squadra, emergono ogni giorno nuovi dossier e nuovi dettagli più o meno complessi che ci portano ad aggiornarci su questioni sempre diverse. Nel privato, cerco spesso di spingermi oltre ciò che conosco ed è bello per esempio scoprire durante un'escursione in bicicletta un angolo insolito del nostro Cantone».

Quando le è capitato l'ultima volta?

«Pochi giorni fa, sopra il Comune di Isone. C'è una strada militare aperta al pubblico solo durante il fine settimana che porta in Val Serdena: si passa da un ambiente pre-alpino a un contesto alpino, che potrebbe ricordare l'alta valle di Blenio. Eppure ci si trova ai piedi del Camoghè, tra l'altro a una quindicina di chilometri da casa mia! Per me è sempre bello stupirsi delle bellezze poco distanti da dove abitiamo, e mi piace molto anche rivivere certi luoghi in stagioni diverse».

Oltre al ciclismo, un'altra sua passione è il ferromodellismo. Quali connessioni vede tra questo hobby e il suo lavoro?

«Non molte, a dire il vero, anche perché il modulo su cui sto lavorando ora include un solo villaggio! Diciamo però che è rilassante, dopo una giornata trascorsa a lavorare al computer o con le carte, poter svolgere un'azione manuale che dopo qualche ora ti porta ad avere un riscontro diretto della tua progettualità».