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News extra

Autori: Mattia Bertoldi
Data: 24 febbraio 2017

Pronto a un viaggio negli Stati Uniti in Harley-Davidson

Dopo 30 anni di servizio in Amministrazione cantonale e ormai in pensione, Fabio Conti ci racconta il suo percorso all’interno del Dipartimento delle istituzioni

Fabio Conti, il primo febbraio lei ha lasciato il posto di capo della Sezione del militare e della protezione della popolazione a Ryan Pedevilla ed è andato in pensione. Quando ha iniziato a lavorare per l’Amministrazione cantonale?

«Era il 1987 quando fui assunto da Renzo Mombelli come capo ufficio della segreteria dell’allora Dipartimento militare. Da lì sono diventato direttore dell’arsenale cantonale, sostituto capo della sezione militare e infine capo della Sezione del militare e della protezione della popolazione».

Prima di intraprendere questa carriera trentennale nel settore pubblico, lei lavorava in ambito bancario. Come mai si è avvicinato all’Amministrazione cantonale?

«Be’, il settore pubblico ha sempre avuto un forte fascino su di me perché nel corso della mia vita ho sempre avuto a che fare con le istituzioni: nell’esercito come ufficiale superiore, per esempio, e in politica come consigliere comunale e municipale a Massagno per un totale di 24 anni. La possibilità di entrare in servizio nell’Amministrazione cantonale 30 anni fa, quindi, non mi ha lasciato indifferente».

Ha mai avvertito la “tentazione” di tornare a lavorare nell’ambito privato?

«Io penso che nella carriera di qualunque funzionario ci siano dei momenti in cui uno pensa di passare al settore privato. Nel mio caso, il momento in cui sono stato più vicino a questo cambiamento è stato nel 2006 – un periodo difficile, gravato da alcuni problemi interni. Con l’elezione del Consigliere di Stato Norman Gobbi, tuttavia, ho avvertito un netto cambiamento che mi ha convinto a restare».

In qualità di funzionario dirigente quanta importanza ha dato alla selezione del personale da assumere nel Dipartimento delle istituzioni?

«Molta. I processi di selezione prendevano il loro tempo, ma tra colloqui preliminari, approfondimenti e giornate di test arrivavamo alla fine del percorso con la certezza che avremmo assunto la persona giusta. In tal senso Gobbi si è sempre rivelato un capo esigente, che tiene alta la barra. E questo è un bene, perché mantiene alte anche le motivazioni e superiori sono anche le soddisfazioni che i suoi dipendenti possono ottenere all’interno del Dipartimento».

A 60 anni, la decisione di andare in pensione. Una transizione alla quale si è preparato?

«Non saprei. Il mio piano di carriera (se così possiamo dire) prevedeva un cambio di ruolo ogni 5-7 anni perché volevo evitare di arrugginirmi in una singola funzione ed è anche per questo che sono grato all’Amministrazione cantonale: mi ha permesso di rispettare questo proposito. Ora che la mia carriera professionale si è conclusa, cerco di recuperare il tempo perso. Non avevo grandi problemi a lavorare anche 12-15 ore al giorno, quindi ora mi godo il tempo libero: gestione immobiliare, piccoli lavori di fai da te, la barca a vela… Mio figlio sta finendo di studiare ingegneria informatica al Politecnico di Losanna e quest’estate scorrazzeremo insieme per gli Stati Uniti in Harley-Davidson».

E nelle piccole abitudini, ha avvisato un cambiamento?

«Inevitabilmente. Una volta sorseggiavo il primo caffè della mattina mentre pianificavo la giornata, oggi me lo gusto e basta».