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Elisabetta Cameroni

Quasi metà della vita lontana da casa, poi il ritorno

Professione
senior scientist

Anno di nascita
1978

Comune d'origine
Montagnola

Attuale residenza
Claro

Ha soggiornato fuori Cantone dal
1997 al 2008 e dal 2009 al 2012

Dove
Svizzera tedesca (Basilea e Berna) e francese (Ginevra e Friburgo)

"Non credo ci sia un momento giusto per rientrare, ma sicuramente c’è un momento sbagliato". Comincia così l'intervista a Elisabetta Cameroni, dipendente di HUMABS BioMed che, al momento di far ritorno a casa nel 2012, aveva trascorso quasi metà della sua vita oltre Gottardo.

Quando è il momento sbagliato?
"Credo innanzitutto che la questione dipenda molto dall’ambito professionale e dalle ambizioni del singolo, ma rientrare troppo presto a casa è a mio avviso imprudente. In generale, consiglierei a un laureato di farsi un po’ di esperienza lavorando fuori dal Ticino in istituti/aziende con una buona reputazione, prima di tornare, magari seguendo anche un programma di dottorato possibilmente già nell’ambito specifico dell’azienda a cui si ambisce nel nostro Cantone. Le possibilità di lavoro da queste parti, soprattutto per un "semplice" laureato, sono altrimenti troppo limitate". 

È stato anche il tuo caso?
"Sì, anche se la scelta di spostarmi nella Svizzera tedesca è stata quasi obbligata, visto che l’università in Ticino - inaugurata proprio in quegli anni - non offriva le possibilità accademiche che mi interessavano. Ho ottenuto la laurea in Biologia all’università di Basilea nel 2001, poi mi sono trasferita a Ginevra dove sono rimasta fino al 2007: qui ho svolto un lavoro di dottorato sui meccanismi di arresto del ciclo cellulare. Alla fine di questo periodo il mio mentore ha ottenuto una cattedra all’università di Friburgo e io l’ho seguito in qualità di postdottoranda per aiutarlo ad avviare il suo nuovo laboratorio. Devo dire che non avevo previsto se, e quando, sarei rientrata definitivamente in Ticino, in fondo avevo già quasi trascorso metà della mia vita altrove".

Soddisfatta di aver proseguito a lavorare nella Svizzera romanda anche dopo la fine degli studi?
"Direi di sì, e sono stata anche felice di aver studiato nella Svizzera tedesca dove ho potuto approfondire una delle lingue nazionali e mettermi alla prova allontanandomi per la prima volta dalla mia famiglia. Confrontati per la prima volta con la vita indipendente con la complicazione di una lingua di cui abbiamo scarsa padronanza, abbastanza lontani da casa da doversi un po’ arrangiare ma rassicurati da una distanza tutto sommato abbastanza piccola, si imparano molte cose che torneranno utili in seguito. Per me forse il più grande pregio di questa esperienza è stato però un altro".

Quale?
"Ho imparato che la differenza culturale tra ticinesi e svizzeri tedeschi è soprattutto un grande e grosso luogo comune. Ci sono certamente piccole differenze che si notano nel quotidiano e vanno dal volume di un caffè espresso alla scelta del mezzo di trasporto, ma in fondo abbiamo soprattutto molto in comune. Vivendo lontano da dove si è cresciuti si diventa più aperti e si impara che l’intregrazione richiede un certo sforzo e che ci si può sentire a casa in tante città diverse, se ci si prende la briga di esplorarle, perdersi per le loro strade, conoscere la loro gente. La capacità di integrazione è una qualità che torna poi molto utile nel futuro professionale".

A proposito di futuro professionale. Dopo Friburgo, che è successo?
"Mentre lavoravo da quelle parti è maturata l'intenzione di tornare in Ticino, dove avrei finalmente ritrovato il mio compagno dopo anni di relazione a distanza. Mi sono così impegnata a fondo per ottenere delle borse di studio per poter tornare e lavorare in un campo per me completamente nuovo, quello dell’immunologia. Non è evidente per uno svizzero trovare borse di studio per muoversi all'interno del Paese, in quanto si cerca (giustamente) di promuovere un esperienza all’estero (e quindi sono perlopiù dedicate a chi vuole fare un esperienza al di fuori del Paese) o di favorire il rientro in Svizzera, per proseguire la carriera dopo un post-dottorato".

E ce l'ha fatta?
"Sì, ci sono riuscita, e nel 2008 ho cominciato a lavorare all’Istituto di Ricerca in Biomedicina (IRB) come postdottoranda. Uno scherzo del destino ha però riportato me e il mio compagno in Svizzera interna, a Berna, dove ho lavorato per qualche anno ancora in qualità di Postdoc. Il rientro definitivo in Ticino, infine, è giunto nel 2012".

Un rientro quasi figlio del caso, insomma...
"In effetti sono rientrata in Ticino per caso. Dopo esserci inseguiti per anni in giro per la Svizzera sia io, sia il mio compagno abbiamo ricevuto interessanti offerte di lavoro nello stesso periodo e per di più nello stesso cantone. Ci sembrava un ottimo segno e questo è bastato per convincermi a tornare. Ho inoltre avuto la fortuna di unirmi al team di HUMABS BioMed, dove uno dei grossi pregi è dato dalle connessioni con i ricercatori più importanti in diversi ambiti, figlie della ricerca ad altissimi livelli che viene svolta quotidianamente su temi di grossa importanza medica. Lavorare per una piccola azienda di questo tipo comporta certamente dei rischi, ma allo stesso tempo è un esperienza arricchente perché permette di vedere ed essere coinvolti in molti aspetti della sua conduzione, cosa che non si riscontrain  aziende più grandi".

Ci sono altri aspetti stimolanti legati alla sua esperienza professionale in questa azienda?
"In questa azienda lavorano molti giovani ed è data loro la possibilità di approfondire la propria formazione con corsi di aggiornamento o seguire corsi di formazione complementari; secondo me questo, unitamente alle opportunità di crescere professionalmente all'interno dell'azienda, è di fondamentale importanza. Apprezzo anche la trasparenza con cui veniamo informati di molti aspetti relativi la conduzione dell’azienda e sui suoi obiettivi: in questo modo il dipendente si sente più coinvolto nella vita dell’azienda ed è gratificante sapere che, a proprio modo, ognuno di noi contribuisce al buon funzionamento della stessa".

(Intervista raccolta nel giugno 2015 da Mattia Bertoldi)