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Jonas Brunschwig

A Boston per dare una mano nello sviluppo sociale

Professione
sviluppatore sociale per una startup

Anno di nascita
1986

Comune d'origine
Capriasca

Fuori Cantone dal
2006, in Egitto, Argentina e Stati Uniti

Attuale residenza
Boston, Massachusetts

Jonas Brunschwig ha sempre dato ascolto ai propri sogni e alle proprie aspirazioni. Nel 2006, all'età di vent'anni, ambiva a una carriera diplomatica e si è trasferito al Cairo per studiare arabo. Poi è tornato in Svizzera, ma dopo pochi mesi trascorsi all'università di Zurigo ha capito che la realtà accademica elvetica non faceva per lui. Ed è ripartito. "Mi ero reso conto che le classi troppo grandi e la mancanza d'interazione personale con professori e assistenti rendevano l'esperienza universitaria troppo meccanica, da catena di montaggio - 'on n'echappe pas de la machine', come si dice in francese. Nei primi mesi del 2007 ho iniziato a guardarmi intorno e scoperto che il sistema universitario americano mi avrebbe permesso di studiare in un contesto più intimo, ma c'era un grosso problema".

Quale?
"La retta universitaria! Consapevole del fatto che non potevo permettermi una spesa del genere per quattro anni, ho accantonato l'idea fino a quando un amico mi ha informato su una piccola università americana a Buenos Aires che mi avrebbe permesso di trascorrere i primi tre anni in Argentina per poi trasferirmi a Boston per l'ultimo anno di studi. E così ho fatto".

Boston oggi è anche la città in cui vivi. Di che cosa ti occupi?
"Lavoro per Uncharted Play, una startup basata a New York e fondata da due studentesse ad Harvard che produce e distribuisce palloni da calcio in grado di generare energia elettrica e destinati a paesi in via di sviluppo. Saltuariamente lavoro anche per un giornalista che si occupa di sanità e crisi umanitarie. Per quanto riguarda il futuro, intendo proseguire gli studi e specializzarmi in politica economica dello sviluppo".

Africa, Sudamerica e Nordamerica. Un'esperienza variegata e molto formativa, e non solo dal punto di vista accademico...
"Esatto. L'Egitto e l'Argentina mi hanno avvicinato a capire le condizioni in cui vive la maggior parte dell'umanità e ciò mi ha permesso di ampliare notevolmente la mia concezione d'identità. A Boston ho invece trovato l'ecosistema ideale per approfondire la ricerca di soluzioni ad alcuni dei problemi più stringenti".

In questi anni ti sei così trovato confrontato a tematiche di rilevanza mondiale. Com'è cambiata la visione del tuo Cantone d'origine?
"Essendomi avvicinato a problemi su scala globale, il mio punto di vista sul Ticino e sulla Svizzera si è un po' ridimensionato e ogni tanto sostengo (provocatoriamente) che nel contesto svizzero e ticinese ogni problema è un falso problema. Allo stesso tempo mi sembra di riconoscere che i cambiamenti nel microcosmo-Ticino riflettano alcune delle principali tendenze che si stanno verificando sia a livello regionale, sia a livello continentale; quindi si tratta di una nuova visione da inserire in un contesto più ampio".

Quali aspetti negativi hai incontrato? E che legami hai mantenuto con il Ticino?
"Io non credo di aver riscontrato molti aspetti negativi legati al mio percorso, a meno che uno non si faccia dissuadere dagli aspetti burocratici che un trasferimento richiede. Gli unici legami che ho mantenuto in Ticino sono con gli amici e la famiglia, mentre qui a Boston ho conosciuto altri connazionali solo di recente frequentando qualche evento della rete swissnex, ossia le Case svizzere per gli scambi scientifici e tecnologici".

C'è qualcosa che ti manca in particolare?
"Direi innanzitutto la geografia - che si tratti di fiumi, valli o piazze cittadine. E poi la lingua, e la gastronomia".

E pensi di farvi ritorno, un giorno?
"Al momento non vedo un futuro in cui possa tornare, ma non escludo che in futuro possa cambiare idea. Quello che più conta è che rifarei le stesse scelte compiute sinora, e consiglio a chiunque di percorrere la propria strada". 

(Intervista raccolta nell'aprile 2013 da Mattia Bertoldi)

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