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Luca Bianchi Petrucci e famiglia

Il sogno brasiliano di gestire una "posada" in famiglia

Professione
direttore alberghiero e gerente

Anno di nascita
1973

Comune d'origine
Pregassona

Fuori Cantone dal
2003, in Brasile

Attuale residenza
Serra Negra

In portoghese brasiliano è una «posada», termine di non facile traduzione paragonabile all’italiano «locanda». Il nome «Oca bianca» deriva invece dai volatili che circondano la struttura, attirati da un laghetto e dall’atmosfera tranquilla di Serra Negra, a poco più di 150 chilometri di distanza da San Paolo. «Questo posto è il mio sogno – annuncia Luca Bianchi Petrucci, 41.enne di Pregassona – in cui ho avuto la fortuna di coinvolgere mia moglie Barbara sin dal 2004, anno in cui ci siamo trasferiti. Qui sono nati i nostri due figli, Diego di cinque e Giorgia di un anno, con cui parliamo in italiano per non far loro perdere le radici con un luogo bello come il Ticino».

Il legame con il Cantone è chiaro anche a partire dal nome con cui avete voluto battezzare le vostre dodici camere, visibili sul sito della struttura (vd in fondo al pezzo): gli «chalés» si chiamano Lugano e Morcote, le suite con idromassaggio Brissago e Ascona...
«Esatto, per me era importante veicolare l’immagine del Cantone attraverso ogni singola stanza. Per questo motivo, prima di partire, mi sono preso un mese e ho iniziato a visitare tutti i distretti e molti dei Comuni ticinesi, scoprendo luoghi di una bellezza mozzafiato. Ed erano tutti a una manciata di chilometri da dove ho sempre studiato e lavorato! Quindi mi ci sono messo d’impegno e in ogni luogo ho raccolto poster, fotografie od oggetti che potessero rappresentarlo al suo meglio. Una volta in Brasile, quindi, ho allestito in ogni stanza dei souvenir che mostrassero agli ospiti le bellezze del nostro luogo d’origine».

Che concezione hanno i brasiliani della Svizzera italiana?
«Sfortunatamente pensano che là vi siano solo Berna e Zurigo e che tutti parlino il tedesco, ignorando l’esistenza del multilinguismo o del Ticino stesso. Persino al consolato svizzero di San Paolo si esprimono in portoghese e in inglese, al limite in svizzero-tedesco. Perciò è ancora più importante difendere l’italiano in prima linea».

Come è cominciata la vostra avventura nel Paese sudamericano?
«Be’, il mio amore per il Brasile si è sviluppato in occasione di diversi viaggi durante i quali ho individuato dei luoghi in cui era possibile sviluppare un’attività commerciale. Ai tempi lavoravo al bar Jonathan a Madonna del Piano ed è lì che ho conosciuto Barbara: l’ho coinvolta nel mio sogno di trasferirmi al di là dell’Oceano e dopo due anni ci siamo sposati. Nel frattempo abbiamo seguito dei corsi di portoghese, abbiamo combattuto con le lungaggini della burocrazia brasiliana e diretto a distanza i lavori per la ristrutturazione della «posada». Nel novembre 2004 abbiamo chiuso le valigie e siamo partiti. A febbraio 2005 abbiamo aperto la Locanda Oca Bianca».

Per quale motivo avete scelto la località di Serra Negra?
«Si tratta di una località di appena 20 mila abitanti molto nota per le sue sorgenti termali, per il caffè e per la produzione tessile. Una nota meta turistica in cui abbiamo cercato di distinguere la nostra attività orientandoci verso le giovani coppie e la comunità GLBT (gay, lesbiche, bisessuali e transgender, n.d.r.), un mercato in pieno sviluppo da queste parti. Insomma, volevamo offrire qualcosa di differente e in grado di distinguersi sulla piazza. Barbara cura la parte amministrativa, io invece mi occupo della cucina e della gestione del ristorante».

A quale tradizione culinaria si rifà?
«La nostra è una cucina italo-svizzera-ticinese in cui è fondamentale avere delle buone materie prime. Nel corso degli anni abbiamo stretto dei rapporti sempre più forti con le cittadine fondate dai coloni elvetici, arrivando a scoprire luoghi e nicchie del mercato gastronomico difficilmente immaginabili. Come per esempio Witmarsum, una colonia in cui la cucina di riferimento è quella tedesca e svizzerotedesca. Oppure il marchio alimentare Berna (questo il sito ufficiale, NdR), brasilianissimo nonostante il nome tuttaltro che autoctono, che produce bratwurst, luganighette, roesti e spaetzli a poche decine di chilometri dalla nostra struttura. Questa ricerca ci ha anche portato a conoscere molti altri immigrati elvetici, anche se bisogna dire che i ticinesi sono piuttosto pochi».

Oltre alla cucina, come mantenete i legami con il canton Ticino?
«Le ultime tecnologie ci aiutano molto: grazie a Internet è facile rimanere in contatto con amici e familiari. In più, ogni sera seguiamo il TG su Teleticino e il Quotidiano sulla RSI, al punto che spesso siamo più informati sulle questioni locali della Svizzera italiana che su quelle legate al Brasile».

Quali invece le difficoltà nell’adattarsi a uno stile di vita per molti versi distante da quello ticinese?
«Ci sono indubbiamente state cose a cui abbiamo dovuto abituarci, per esempio alla complicatissima burocrazia in cui in molti casi imperversa una corruzione dilagante, che coinvolge ogni tipo di ufficio. Oppure la difficoltà nell’assumere manodopera qualificata e affidabile, che garantisca una certa disponibilità. Ma da un certo punto di vista sapevamo che sarebbe stato necessario abituarsi a situazioni del genere, così abbiamo mantenuto una mentalità il più possibile aperta e abbiamo cercato di adeguarci al ritmo di vita brasiliano».

Parlando di ritmo, sappiamo che in Sudamerica lei si è lanciato anche in una seconda carriera...
«Esatto, quella del musicista! (ride) Una cosa che mi ha molto stupito del Brasile è l’amore per la musica italiana, ma non quella più recente – sono i brani degli anni Cinquanta e Sessanta a essere i più gettonati. È come se il tempo si fosse fermato. A parte Laura Pausini, Andrea Bocelli ed Eros Ramazzotti è questa l’epoca di riferimento, così ho rispolverato il repertorio di quando mi cimentavo con il karaoke in Ticino e mi sono studiato Peppino Di Capri, Gino Paoli, Jimmy Fontana e tutti gli altri. Ho così iniziato a esibirmi nella locanda e, complice la registrazione di un CD, ho partecipato a numerose feste italiane organizzate ai quattro angoli dello Stato di San Paolo, grande tre volte la Svizzera. Un bel modo per esplorare ancor di più il Brasile».

Per maggiori informazioni:

(Intervista raccolta nel giugno 2014 da Mattia Bertoldi)

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