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Rodolfo Scapozza

In Cambogia alla ricerca di nuove realtà e sfide

Professione
organizzatore di attività in ambito educativo e corrispondente

Anno di nascita
1978

Comune d'origine
Olivone

Fuori Cantone dal
2009, in Thailandia (Bangkok) e Cambogia con una parentesi di poco più di un anno in Ticino

Attuale residenza
Phnom Penh

L’amore per l’Asia si è insinuato nello spirito di Rodolfo Scapozza in maniera lenta e imprevedibile, nel 2009. “Era la mia prima volta in quel continente, ci sono arrivato grazie a una fidanzata che lavorava come giornalista a Bangkok. Mi sono trasferito in Thailandia per quasi un anno e mezzo e ho avuto modo di visitare altri Paesi, tra cui la Cambogia e la capitale Phnom Penh”.

Un colpo di fulmine?
Quasi. Prima sono tornato in Ticino per circa un anno, insegnavo alle scuole elementari di Olivone. Intanto, il fascino per la città cambogiana è cresciuto sempre di più finché nel settembre 2012 ho deciso di ripartire e andare ad abitare lì”.

Perché hai deciso di lasciare il cantone?
La curiosità innanzitutto, è quella la molla che mi spinge a immergermi in realtà nuove. In secondo luogo, vivo anche una specie di sfida, voglio capire se sono in grado di cavarmela anche da questa parte del mondo. Mi interessa capire se quelle competenze, quegli strumenti che ho acquisito nel corso degli anni in Ticino funzionano anche in una realtà completamente diversa. Proprio per questo motivo, qui mi occupo di coordinare delle attività educative per un piccolo centro artistico-sociale della capitale”.

E così ti stai mettendo alla prova. Da questo punto di vista, quali traguardi hai raggiunto?
Godo dell’opportunità di creare qualche cosa dal niente, ho più tempo da dedicare a interessi o passioni, vivo la possibilità di sbarazzarmi di molte cose materiali, andando un pochino di più verso l'essenziale. Verso ciò di cui veramente ho bisogno per vivere bene”.

Quali invece gli aspetti negativi legati al trasferimento?
Non ne vedo di particolari. Forse uno: il fatto che le stagioni qui sono molto simili e le temperature sempre assai calde, una caratteristica che ti porta ad avere un rapporto diverso col tempo. Preferisco infatti il ciclo delle stagioni tipico della Svizzera, il fatto che bisogni continuamente adattarsi a nuove condizioni. Sì, forse quello mi manca”.

Pensi già al ritorno in Svizzera?
Diciamo che rientrare in maniera definitiva non rientra nei miei piani a medio termine. Comunque, mai dire mai.

La Cambogia, un altro mondo… Ti riconoscono come ticinese?
Non è mai facile spiegare da dove vengo, soprattutto per via della questione delle lingue che si parlano da noi. Molte persone sono un po' confuse sentendo che parlo italiano. Normalmente spiego che vengo dal sud della Svizzera, da un villaggio in mezzo alle montagne dove si parla la lingua di Dante e il dialetto. Aggiungo anche alcune spiegazioni sulla composizione del nostro Paese e del perché non esiste lo svizzero come lingua. Del Ticino descrivo la natura e racconto alcune cose legate alle nostre tradizioni”.

Il ponte con il Ticino è basato su solide pietre, o hai preferito gettarti tutto e tutti alle spalle?
No, sono sempre in contatto con gli amici e la realtà ticinese grazie alla tecnologia. Seguo le notizie regionali su internet e spesso guardo il telegiornale o la trasmissione “Il Quotidiano” online – mi interessa sapere che cosa succede a casa. Settimanalmente sento gli amici di sempre tramite Skype o Viber; è divertente, perché in fondo è come se fossi a Zurigo o in qualche città non troppo lontana. Oggi è molto più semplice mettersi in contatto con chi abita dall'altra parte del mondo”.

Ci sono però cose che non puoi raggiungere con il computer o un cellulare…
Purtroppo è così, e tra quelle che mi mancano di più cito l'acqua limpida, la meravigliosa natura, e la cura con cui i nostra antenati hanno modellato il nostro territorio”.

Hai avuto anche modo di fornire il tuo appoggio a ticinesi di passaggio in Cambogia?
Sì, è capitato. Avevano ottenuto il mio contatto da amici comuni e sono passati da queste parti. A volte sono andato a cena con alcuni di loro, altre volte abbiamo bevuto un caffè. In ogni caso, sono stati momenti interessanti di scambio”.

Scambio ma anche confronto. Quali totem di ticinesità pura hai mantenuto, nonostante la permanenza a Phnom Penh?
“Ci sono alcuni oggetti che conservo gelosamente: due coltelli militari e una mezza dozzina di coltelli Opinel (che a Rivöi chiamiamo "upinèll"), utensili della Perles, il “lesto” e poi i miei ferri – il piallino elettrico, il trapano e altre cianfrusaglie. Ogni tanto mi diletto a "taconare" col legno cercando di costruire qualche mobile, oppure cerco di dare forma a qualche pezzo di listone con l'Opinel. Dal punto di vista linguistico, ogni tanto inserisco un qualche detto ticinese in quello che dico, cercando di tradurlo in inglese o francese”.

In questi mesi di residenza all’estero ha maturato una nuova visione del nostro Cantone?
Devo dire che l'idea che mi ero fatto del Ticino quando ancora ci vivevo non è cambiata granché. Credo tuttora che la “ticinesità”, quella vera, sia portatrice di grandissimi valori. Purtroppo, trovo che molti ticinesi si stiano disaffezionando alla nostra storia e alle nostre tradizioni”.

A un certo punto, arriva il momento per ciascuno di noi di formulare un bilancio. Il tuo, sinora, è in attivo o in passivo?
Posso dire senza esitazioni che rifarei le stesse scelte, tutte. Quest'esperienza mi sta portando maggior consapevolezza riguardo ciò che posso e ciò che voglio fare della mia vita. Il fatto di partire mi ha permesso di rimettere in questione un po' tutto e mi ha permesso di fissare nuove priorità, magari più vicine a quelli che sono le mie vere aspirazioni. A tal proposito, consiglio a chiunque di prendere e partire, conoscere e confrontarsi con altre realtà: è il miglior modo per crescere e capire un po' di più se stessi e questo ingarbugliato mondo".

(Intervista raccolta nel marzo 2014 da Mattia Bertoldi)

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