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Aglaja Amadò

Una lunga gavetta come attrice tra Londra e gli States

Professione
attrice

Anno di nascita
1985

Comune d'origine
Bedigliora

Ha soggiornato fuori Cantone dal
2003 al 2012

Dove
Inghilterra (Londra), Stati Uniti (New York e Los Angeles) e Italia

Attuale residenza
Viganello

Il nome è quello di una delle tre Grazie della mitologia greca, ma il suo sogno l'ha portata molto lontana dal Paese ellenico. Elena Aglaja Amadò (ma per tutti è Aglaja) ha sempre voluto fare l'attrice, fin da piccola. E quando si è iscritta al Centro professionale commerciale di Lugano lo ha fatto sì per avere un diploma in tasca, ma anche per la possibilità di effettuare uno stage all'estero nel corso del terzo anno. "Era il 2003 e le mete a mia disposizione erano diverse, ma ho subito scelto Londra: da una parte per migliorare il mio inglese, dall'altra per avvicinarmi ad alcune tra le più prestigiose scuole al mondo di recitazione cui ho sempre ambìto".

Com'è stato il primo impatto con la nuova realtà metropolitana?
"Drammatico! Sono approdata in Inghilterra con una conoscenza della lingua piuttosto scarsa. Basti dire che a scuola avevo il 3,5, una leggera insufficienza che non mi permetteva di andare oltre ai canonici "Hello, my name is Aglaja" e "Nice to meet you". Il primo trimestre l'ho dedicato a un corso intensivo di lingua, ma dopo due mesi volevo già tornarmene a casa. Fortunatamente la mia famiglia mi ha convinto a stringere i denti e a perseguire l'obiettivo che mi ero prefissata. Così sono rimasta in città e ho iniziato e portato a termine lo stage della durata di nove mesi, studiando in parallelo inglese e recitazione. Sono volata in Ticino per ricevere il diploma e poco dopo sono tornata nella capitale per affrontare gli esami di ammissione ad alcune accademie d'arte drammatica".

E come è andata?
"Abbastanza bene, anche se il programma formativo al quale mi sono iscritta si è rivelato parecchio duro per tutti i madrelingua inglesi, figurarsi per un'emigrante come me. Come ho avuto modo di provare anche nel corso della mia successiva esperienza negli Stati Uniti, oltre a corsi di recitazione e dizione ho dovuto affrontare lezioni di scherma, commedia dell'arte, storia del teatro, danza e canto, con alcuni approfondimenti dedicati al Middle English usato ai tempi di Shakespeare e all'uso degli accenti sul palco. Insomma, una formazione a 360 gradi di gran livello resa ancora più dura dai turni al pub dove lavoravo per mantenermi. Nonostante tutto, sono riuscita a concludere gli studi e a superare gli esami della London Academy of Music & Dramatic Arts con una bella distinzione nel 2006".

L'anno del trasferimento a New York...
"Esatto. Mi sono spostata nella Grande Mela per studiare all'American Academy of Dramatic Arts. Pensavo di essere ormai abituata a vivere in una grande città: avevo superato la solitudine e la malinconia, mi sentivo molto più sicura di me stessa e quella condizione di disagio mi aveva permesso di capire molto più velocemente che cosa veramente contava nella mia vita, vale a dire la recitazione. Credevo insomma che New York non fosse molto diversa da Londra. E invece..."

Invece?
"New York è fatta di ritmi molto frenetici, quasi forsennati. Tutto va a mille all'ora, non c'è quasi tempo per riposare. Ho capito nel giro di pochi mesi che sarebbe stato meglio approfittare del campus californiano legato alla scuola e trasferirmi a Los Angeles nel 2008".

Là l'atmosfera era più tranquilla?
"Certo, ma dentro me c'era anche la curiosità di visitare un'altra metropoli e avvicinarmi a quella che è considerata la Mecca del cinema Occidentale: Hollywood. Nel Golden State ho continuato a lavorare nei bar e ho iniziato a fare la comparsa, ma ecco il lato negativo: a Los Angeles ce ne sono migliaia di persone che come te che puntano a sfondare nel mondo del cinema, ed è molto difficile riuscire a distinguersi se non si hanno dei buoni contatti. Poi però ho incontrato a un party l'attrice Maria Grazia Cucinotta che mi ha dato un consiglio molto utile".

Quale?
"Quello di tornare in Europa. Mi ha detto: "In Italia e in Svizzera di persone formate come te nelle migliori scuole d'arte drammatica ce ne sono poche, e sono ancor meno quelle che hanno seguito dei corsi esclusivamente in inglese. Torna a casa e distinguiti là, prima di tornare negli Stati Uniti". E così ho fatto. Nel giro di pochi mesi ho accumulato un buon numero di esperienze in diversi lungometraggi, cosa che avrebbe richiesto degli anni se fossi rimasta in California. Nell'estate del 2013, inoltre, ho preso parte alla sesta stagione della serie TV "Affari di famiglia" e ho aggiunto un'ulteriore casella al mio curriculum vitae. La mia formazione mi permette di essere vista come un qualcosa di diverso, che oltre a imparare ha anche qualcosina da insegnare".

Sei passata da metropoli come Londra, New York e Los Angeles al piccolo Ticino delle produzioni targate RSI: hai mai temuto si trattasse di un passo indietro nella tua carriera?
"Forse inizialmente, ma ripeto: qui posso sfruttare delle buone opportunità e fare una vita da attrice (quasi) a tempo pieno, mentre negli Stati Uniti le cose si sarebbero certo rivelate più difficili. Inoltre sono molto soddisfatta di essere tornata, e questo per altri due motivi: da una parte so che ciò che ho raggiunto lo devo solamente a me e alla mia famiglia. Non ho ricevuto nessun genere di aiuto, all'estero non avevo appoggi ed è stato tutto frutto della mia determinazione e della mia passione. Dall'altra, sono fiera di portare una sorta di valore aggiunto al mercato cinematografico svizzero e italiano, forte di un iter accademico che da queste parti non è così comune. Ho studiato sugli stessi banchi dai quali sono passati i più grandi interpreti del cinema moderno, e questo è un grande privilegio che intendo condividere con il maggior numero di persone".

Ma sul fronte dei lati negativi...
"Be', il pericolo maggiore è quello di perdere gli stimoli. Insomma, sono passata dall'abitare a mezzo chilometro dalla Walk of Fame e dal Kodak Theatre di Los Angeles dove ogni anno vengono distribuiti i premi Oscar, luoghi che danno molta motivazione ed energia ai giovani attori come me. Inoltre la realtà ticinese è così amichevole e "ovattata" che si rischia di accomodarsi troppo, di veder sfumare la verve iniziale. Mi spiego meglio: a New York io lavoravo ogni giorno per più di dieci ore al giorno sul mio sogno e sulla voglia di crescere professionalmente, mentre altri giovani del luogo prendevano le cose con maggior calma. Il motivo era semplice: io ero là per un periodo limitato e non potevo perdere un solo minuto, loro invece avevano tutta la vita per trovare la loro strada. In Ticino la situazione è per noi simile, ma quello che non bisogna assolutamente fare è perdere la fame. Ogni attore è emigrante per natura: è lui che deve andare a cercare il lavoro, non è mai il contrario. Per quanto riguarda il mio futuro, quindi, punto a rimanere nei paraggi per i prossimi tempi ma con la valigia in mano, sempre pronta a trasferirmi a caccia della prossima audizione o del prossimo ruolo".

 

Per saperne di più:

(Intervista raccolta nel luglio 2013 da Mattia Bertoldi)

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