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Il Rinascimento nelle terre ticinesi

Da Bramantino a Bernardino Luini

Dal 10.10.2010 al 09.01.2011

A cura di Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa, Marco Tanzi

Il Rinascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a Bernardino Luini è una mostra che ricostruisce – da un punto di vista eccentrico – un tratto non indifferente della storia dell’arte in Lombardia. Attraverso una cinquantina di opere è possibile seguire il mutare degli stili in un territorio di confine, che passa progressivamente dall’appartenenza allo Stato di Milano all’annessione da parte dei Cantoni Svizzeri, da cui dipenderà fino al 1803, quando sarà uf- ficialmente istituito il Canton Ticino. Ma non di periferia si tratta: quanto piuttosto di esportazione dal centro, cioè Milano, di linguaggi che si mescolano e reagiscono con le parlate locali.

Le vicende narrate nella mostra prendono inizio negli anni Settanta del Quattrocento quando, nel lungo crepuscolo della stagione tardogotica, ha corso in Lombardia una singolare variante delle forme espressive, quasi espressioniste, della Ferrara estense. Si avverte poi l’effetto di Leonardo da Vinci e la difficile uscita delle sue miracolose sperimentazioni dal chiuso della corte di Ludovico il Moro per diffondersi, prima timidamente poi con più energia,sul vasto territorio del ducato. All’altro genio di questo esaltante momento della storia artistica italiana, il Bramantino, tocca inviare, nelsecondo decennio del Cinquecento, una pala nel santuario di Orselina, alle porte di Locarno, sulle rive del Lago Maggiore. Al dialogo con le quasi esoteriche soluzioni di Bramantino succede una progressiva diffusione di un linguaggio più accessibile, che diventa il basso continuo della Lombardia del primo Cinquecento: quello messo a punto, con una miscela calcolatissima di equilibri tra Leonardo e Raffaello, da Bernardino Luini. Proprio al territorio del Canton Ticino Luini destina alcuni deisuoi capolavori: dal polittico Torriani per San Sisinio a Mendrisio alla grande parete affrescata in Santa Maria degli Angeli a Lugano. La mostra si spinge fino al diffondersi anche nelle terre ticinesi dello stile manierista che a Milano, con la fine del ducato e il passaggio ai domini asburgici, comincia a prendere piede. Un’indagine di questo tipo, che nasce dalle esperienze didattiche condotte presso l’Università degli Studi di Milano, sfiora i territori dell’alta Lombardia e in particolare quelli dell’antica, grandissima, diocesi di Como, da cui dipendevano buona parte dell’attuale Canton Ticino (entro cui si incuneavano però, per non dir altro, le tre valli ambrosiane: Blenio, Leventina, Riviera) e la Valtellina.

Le opere esposte non sono solo dipinti. Il dialogo tra le arti, con gerarchie che non coincidono con quelle attuali, è uno dei punti di forza. Quindi sculture, in pietra e in legno, miniature, oreficerie, ricami, vetrate e arazzi.

Accanto al catalogo della mostra, provvisto di schede scientifiche delle opere, è stato approntato uno strumento, non meno accurato ma più accessibile, con cui il visitatore, curioso o studioso, può percorrere le terre ticinesi alla ricerca di ciò che non può essere trasferito nelle sale di Rancate o che si è deciso di non spostare per ragioni di conservazione o di semplice buon senso. Intento della mostra è infattispronare a una visita del territorio del Canton Ticino, dove le chiese, a differenza di quanto avviene in Lombardia, sono generalmente aperte e accessibili a orario continuato.

La tradizionale gravitazione di Varese e del suo territorio verso la Svizzera e la collaborazione in atto tra il Comune di Varese e la Pinacoteca Züst hanno dato vita a una sorta di vetrina della mostra nella Sala Veratti. Nel refettorio settecentesco dell’ex convento di Sant’Antonino sono esposte due tavole del più importante pittore varesino del Rinascimento: Francesco De Tatti. Ritorna per la prima volta in Italia a Madonna con il Bambino e angeli firmata e datata 1512, commissionata da Gian Guido Orrigoni e destinata probabilmente alla chiesa di San Martino a Varese. A rinforzare idealmente il senso di questo gemellaggio è giunta la recente scoperta documentaria che Francesco De Tatti ha realizzato nel 1526 un polittico, oggi perduto, per la comunità di Rancate.


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