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Tema del convegno

La gestione sostenibile e aperta dei patrimoni digitali per il Cantone Ticino

Il filo conduttore

Nel 2010 si tenne a Bellinzona un convegno intitolato Misura la cultura organizzato dall’Osservatorio culturale del Cantone Ticino con lo scopo di informare e sensibilizzare gli attori della filiera culturale sull’importante ruolo giocato dalle statistiche.

La giornata di studio a permesso di affrontare diversi aspetti che regolano i rapporti tra i prodotti culturali, il loro consumo e gli indicatori statistici che possono influenzare i processi decisionali.

L’analisi delle pratiche culturali incentrata su efficienza e innovazione è il punto di partenza per il tema proposto nel convegno Digitalizza la cultura. Le finalità sono infatti analoghe: l’idea è di proporre idee, progetti e spunti di riflessione che possano contribuire a elaborare delle strategie coerenti e integrate in un settore a cavallo tra cultura, scienze dell’informazione e politiche culturali.

Il campo d’indagine dell’incontro è prevalentemente incentrato sulla gestione e sulla valorizzazione dei patrimoni culturali custoditi da biblioteche, archivi, musei e altri centri di documentazione.

La cultura in Ticino

Il paesaggio culturale del Cantone Ticino è ricco e variegato: nel comprensorio sono attivi un numero importante di musei, archivi e biblioteche. Gli operatori censiti dall’Osservatorio culturale del Cantone Ticino sono complessivamente 1394: un numero certamente inaspettato in un Cantone che conta circa 350'000 abitanti. Le attività di questi istituti sono evidentemente diverse per finalità, impatto, quantità, come è diversa la loro presenza e la loro offerta sui nuovi canali di comunicazione.

Nel corso degli anni, archivi, biblioteche e musei hanno raccolto un ingente patrimonio di conoscenza, confluito in archivi digitali disorganici e spesso di difficile accesso: è una situazione che è venuta a crearsi a seguito di diversi fattori quali la rapida evoluzione delle tecnologie dell’informazione, il progressivo affermarsi del determinismo tecnologico (1) e la scarsa presenza di sistemi e sensibilità cooperativi.

Nel 2013 il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) ha promosso una breve indagine presso i propri istituti che aveva lo scopo di chiarire quanti e quali materiali fossero oggetto di un processo di digitalizzazione. Uno degli aspetti centrali del formulario riguardava il numero e la natura delle banche-dati. Complessivamente, i 69 istituti interpellati gestiscono più di 5 milioni di schede digitali relative alle proprie collezioni.

Le schede sono gestite utilizzando un elevato numero di banche-dati, quasi 150, realizzate con software differenziati. Si possono distinguere due insiemi di software: uno professionale, consolidato, integrato e conforme agli standard internazionali. L’altro più artigianale e flessibile, composto da una grande quantità di piccole banche-dati realizzate per rispondere a esigenze puntuali. La gestione e la diffusione di questa gnoseoteca (2) eterogenea pone gli istituti culturali in una posizione difficile, confrontati con questioni tecniche e metodologiche che vanno aldilà del loro tradizionale ambito di competenza. Oltre a ciò, il digitale si confronta anche con aspetti umani, in particolare legati allo sviluppo delle competenze, all’informazione, sensibilizzazione e formazione, che giocano un ruolo centrale e che spesso sono sottovalutati.

Il contesto tecnologico

Nella Svizzera italiana il termine Internet - abbreviazione di interconnected networks - apparve per la prima volta il 13 ottobre 1993 sul Corriere del Ticino: “La Internet (in Europa è presente con la denominazione Eunet) è la società che collega tra di loro molte reti di network a vantaggio dell’utente”. Il quotidiano segnala che “lo sviluppo della Internet è testimoniato dal fatto che il numero dei suoi utenti raddoppia ogni 9 mesi e sono oggi circa 15 milioni coloro che ricorrono a questo genere di servizi”.

Nell’ottobre del 1994 uscì Netscape Navigator, il primo browser commerciale per Internet. Da allora la crescita della rete è stata esponenziale, inattesa, inarrestabile e ha coinvolto progressivamente tutti i settori della società, o almeno di quella parte che può dotarsi di un personal computer. Alla fine del 2015 gli utenti della rete a livello planetario erano stimati a 3,4 miliardi (3).  In Svizzera, la diffusione di questo strumento di comunicazione è estremamente capillare: si stima che gli utenti siano 7.2 milioni, ovvero l’87% della popolazione residente.

Anche il settore culturale è stato coinvolto attivamente in quella che molti autori definiscono una vera e propria rivoluzione: Internet gioca un ruolo sempre più importante nella produzione e nella diffusione del prodotto culturale. Dopo un inizio titubante, anche gli operatori di questo settore si sono lasciati sedurre dalle meraviglie delle “nuove” tecnologie dell’informazione. Siti web, social media, applicativi mobili, guide multimediali: non ci sono più limiti alla fantasia di chi è chiamato a vendere il prodotto culturale o, in una visione meno commerciale, proporre nuove possibilità di disseminazione della conoscenza.

Molte di queste iniziative sono destinate a perdersi in un infinito codice binario globale. Si tratta infatti di prodotti che possono suscitare un interesse estemporaneo, ma che mancano della dovuta profondità scientifica e metodologica in grado di farli sopravvivere più a lungo di alcune major releases. Come segnala Antinucci “gran parte della ricerca finanziata in questo settore è quella che si chiama technology driven, ricerca, cioè, guidata/trainata dalla tecnologia intesa come fine e non come mezzo. Ciò che si finanzia è sostanzialmente l’applicazione e l’avanzamento della tecnologia in sé e per sé” (4). In questo senso, sempre più specialisti del settore evidenziano come sia fondamentale un approccio alla valorizzazione che non sia incentrato sul determinismo tecnologico, ma piuttosto su concetti e strategie integrate (5).

Il contesto globale è contraddistinto da un forte dinamismo e da una certa latitanza di modelli e metodi che collochino le iniziative in un ambito scientifico. È un territorio per certi versi sconosciuto e poco studiato: “siamo in un'era di transizione mediale segnata da decisioni tattiche e conseguenze accidentali, segnali confusi e conflitti di interessi, e soprattutto dalla presenza di direzioni ipotetiche e di risultati imprevedibili” (6).

Cultura e digitale: opportunità e limiti

In questo panorama così dinamico e articolato, per molte organizzazioni culturali diventa difficile capire quale direzione imprimere al proprio lavoro. Le scelte sono infatti condizionate da un numero sempre maggiore di ostacoli: siamo in presenza di sistemi operativi incompatibili, software obsoleti, formati decaduti, contratti d’accesso, condizioni d’utilizzo, diritti di diffusione, informazioni parziali, occultate, deformate o ancora di competenze insufficienti.

Malgrado i problemi sollevati da queste tendenze, non sembra più possibile riflettere sulle modalità di produzione, gestione e fruizione della cultura prescindendo dai canali digitali e dal loro impatto sulle pratiche sociali e comunicative tradizionali (7).

Quale valore dobbiamo dare al digitale? Quali rapporti dobbiamo promuovere con l’analogico? Quali strategie digitali possiamo adottare per garantire uno sviluppo culturale sostenibile sul lungo termine? Da quali esperienze possiamo prendere ispirazione, rispettivamente, in quali errori dobbiamo cercare di non incorrere?

Il convegno è l’occasione di scambiare e analizzare le diverse esperienze maturate nel settore. Una messa in rete che contribuisce alla realizzazione di una visione unitaria e coerente, dando la giusta visibilità ai ricchi patrimoni –digitali e non- e offrendo nuove modalità di lettura all’utenza: “Se, da un lato, la creazione di biblioteche e banche dati digitali implica il rischio di distorsioni di prospettiva e in particolare il pericolo di svincolare le informazioni relative al patrimonio fisico stesso e dal suo ambito spaziale, dall'altro è possibile anche veicolare le informazioni in modo da far ritornare l'attenzione a una centralità del territorio, dilatandone le potenzialità culturali” (8).

Note

  1. Fabrizio Tonello. L’età dell’ignoranza è possibile una democrazia senza cultura? Milano: Mondadori, 2012.
  2. Pier Augusto Bertacchini. Il museo nell’era digitale. Catanzaro: Abramo, 1997.
  3. Fonte: www.internetworldstats.com consultato il 27.07.2016.
  4. Francesco Antinucci. Musei virtuali come non fare innovazione tecnologica. Roma: Laterza, 2007.
  5. Strategy, Not Technology, Drives Digital Transformation. Becoming a Digital Mature Enterprise, MIT Sloan Management Review. Deloitte University Press, 2015.
  6. Henry Jenkins. Cultura convergente. Milano: Apogeo, 2007.
  7. Francesca Cattaneo e Fabio Severino. Comunicare la cultura. Milano: Angeli, 2007.
  8. Renata Salvarani. Tecnologie digitale e catalogazione del patrimonio culturale: metodologie, buone prassi e casi di studio per la valorizzazione del territorio. Milano: Vita e Pensiero, 2013.

Venerdì 18 novembre 2016

Aula magna dell’Università della Svizzera Italiana, Lugano