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Virus e trasmissione

La caratteristica più distintiva del virus della PSA è la spiccata resistenza nell’ambiente: non viene infatti inattivato dalla putrefazione, né dalla refrigerazione o congelamento delle carni. È in grado di resistere, ad esempio, fino a 18 mesi alla temperatura di +4 °C. Questa caratteristica lo rende capace di rimanere infettante per lunghi periodi nelle secrezioni degli animali, nelle carcasse, nelle carni fresche o congelate e in alcuni prodotti derivati (prosciutto crudo, salsicce o salami). La cottura a temperature superiori a 70 °C è invece efficace nell’inattivare il virus. 

La movimentazione di animali infetti, di prodotti contenenti carne suina contaminata e lo smaltimento illegale di carcasse e rifiuti costituiscono fattori fondamentali nella diffusione della malattia. L’incremento demografico, l’espansione territoriale e alcune modalità di gestione del cinghiale, infatti, consentono la persistenza della malattia nell’ambiente, il contagio tra suini selvatici e suini domestici, l’avanzamento per continuità nella popolazione selvatica, e costituiscono quindi fattori da non trascurare. 

I suini si possono infettare direttamente, attraverso la via oro-nasale, in seguito a contatto con altri animali infetti che eliminano il virus con la saliva, le urine e le feci oppure indirettamente, attraverso l’ingestione di alimenti contaminati, come carni suine da resti di cucina, rifiuti, carcasse di altri suini infetti, ad esempio grufolando nel terreno contaminato, in cui il virus può persistere per molti mesi.

La trasmissione può avvenire direttamente dall’animale domestico al selvatico e viceversa, per esempio nel caso di suini domestici che pascolano all’aperto e vengono a contatto con cinghiali selvatici, oppure nel caso in cui questi ultimi abbiano accesso ad alimenti infetti, come scarti di cucina contenenti carne suina proveniente da animali infetti.