Vai al contenuto principale Vai alla ricerca

Storia della botanica

A far conoscere la straordinaria varietà botanica del Cantone Ticino contribuirono già i primi floristi d’Oltralpe, che nel Settecento esplorarono la parte meridionale del cantone (Jakob Scheuchzer, Werner von Lachenal e il grande Albert von Haller), ma soprattutto la numerosa schiera di botanici dell’Ottocento e del primo Novecento, particolarmente sensibili al fascino di una flora nella quale le piante che richiamano il Sud non sono certo rare. Tra questi ultimi vanno ricordati almeno Hermann Christ, che dedicò alla flora dei laghi insubrici una parte della sua opera Das Planzenleben der Schweiz (1879) e Carl Schröter, autore della rinomata Flora des Südens (1936).

Risale pure all'Ottocento, più precisamente al 1853, il primo documento che riferisce di un erbario della flora cantonale. Si tratta dell’atto di deposito, presso il Gabinetto di storia naturale del neoistituito Liceo cantonale di Lugano, delle collezioni naturalistiche del suo fondatore Luigi Lavizzari, comprendenti, tra altro, una raccolta di 436 specie vegetali indigene. In realtà, non è questo l’erbario più antico oggi conservato al Museo di storia naturale. Nel 1918, infatti, il botanico sassone Alban Voigt, intento a riordinare gli erbari del Museo luganese, s’imbatté in due raccolte di piante essiccate datate dell’inizio dell’Ottocento. Fu una scoperta della massima importanza, poiché si trattava degli erbari, da tempo considerati dispersi, dei due veri precursori della floristica ticinese: l’abate Bartolomeo Verda e il medico Giuseppe Zola.

Da Lavizzari in poi, numerosi erbari e altri reperti botanici confluiscono al Museo, senza che (a parte la breve parentesi del Voigt) nessuno se ne occupi in modo specifico. Occorre infatti attendere il 1961 per veder giungere a Lugano un primo conservatore degli erbari del Cantone: Alfred Becherer. Con l’illustre studioso basilese nasce al Museo un primo vero settore dedicato alla botanica. Benché a quel tempo l’attività del Museo sia circoscritta soprattutto alla conservazione dei reperti, Becherer dedica molto impegno anche alla ricerca floristica sul campo e alla divulgazione. Il curatore che gli succede nel 1977, Pier Luigi Zanon, amplia ulteriormente il campo d’azione, occupandosi anche dei problemi legati alla tutela della natura, un'incombenza che impegna in modo importante il settore Botanica del Museo durante tutti gli anni Ottanta.

Per quanto concerne le ricerche svolte dal settore Botanica, fino ad allora si concentravano soprattutto su aspetti floristici. Negli anni Novanta, il campo di attività si amplia e il settore si ritrova impegnato con l'Università di Berna in uno studio multidisciplinare volto a ottenere una migliore conoscenza delle superfici prative magre e secche del Sud delle Alpi. Diversi studi vengono realizzati, spaziando dalla floristica alla fitosociologia, dalla dinamica della vegetazione all'ecologia. L'insieme dei risultati confluisce nella sintesi Prati magri ticinesi tra passato e futuro, che fornirà poi la base per ulteriori investigazioni e, soprattutto, per l'elaborazione di specifici piani di gestione. Ne sono due esempi gli studi intrapresi sul Monte San Giorgio e sul Monte di Caslano.

Dalla fine degli anni Novanta in poi, dopo Zanon, i nuovi curatori che si susseguono accompagnano il settore Botanica attraverso i progressi tecnologici e ampliano i temi di ricerca. Il settore si modernizza per restare al passo con i progressi informatici che caratterizzano quegli anni, dando inizio in particolare alla digitalizzazione delle collezioni. Affronta inoltre una nuova realtà floristica: la crescente presenza di piante esotiche (neofite) naturalizzate, tra le quali anche le specie invasive. Cominciano così le prime ricerche scientifiche sulle neofite invasive, in particolare sul poligono del Giappone (Reynoutria japonica). Inizia anche un periodo di stretta collaborazione con il Giardino botanico delle Isole di Brissago e d’intenso lavoro di divulgazione, con l’organizzazione di numerose mostre botaniche di grande riscontro.

Oltre a proseguire le varie attività, dal 2007 il settore si specializza ulteriormente sul tema delle neofite invasive, concentrandosi in particolar modo sull’ambrosia con foglie di artemisia (Ambrosia artemisiifolia), una specie problematica per la salute pubblica, in quanto il suo polline è fortemente allergenico. Al contempo, l’erbario viene vieppiù arricchito con numerosi campioni di riferimento e nel 2014 è pubblicata una lista esaustiva delle piante esotiche spontanee del Cantone Ticino (La flora esotica del Cantone Ticino). Si riprendono anche gli inventari floristici, per esempio quelli sulla flora ferroviaria, ma anche della flora spontanea delle Isole di Brissago. Nell’ultimo decennio è portata avanti anche l’importante centralizzazione delle banche dati degli erbari, così come la digitalizzazione delle collezioni storiche.

Nel 2016 subentrano le attuali botaniche del settore, quali curatrici e collaboratrici scientifiche, che si occupano delle attività scientifiche, della conservazione dei reperti, di formazione e di divulgazione e forniscono consulenze.