Note di bandella

3 Prefazione La mobile identità della bandella Ricordo molto bene, all’inizio degli anni Settanta, l’arrivo in Ticino di Brigitte Bachmann-Geiser – la nota studiosa bernese di folclore musicale svizzero – che mi trovai ad accompagnare alla ricerca di un antico strumento a fiato bleniese fatto di corteccia (la liòrgna), la quale mi incuriosì per l’accalorato interesse per le bandelle. L’illustre ricercatrice – autrice di studi sul corno delle alpi, sullo jodel e della recente Geschichte der Schweizer Volksmusik oltreché docente universitaria e fondatrice dello Schweizerisches Zentrum für Volkskultur di Burgdorf – intendeva portare una bandella a Washington, non a una manifestazione di un’eventuale Pro Ticino del luogo quindi, ma proprio a un festival internazionale di musica folclorica nel contesto della partecipazione svizzera della cui programmazione aveva assunto l’incarico. Com’era possibile, mi chiedevo, presentare come emblema della nostra cultura popolare una bandella di quelle che accompagnano le risottate a carnevale (o peggio che animano ‘servilmente’ le cene degli incontri con le personalità confederate che ci fanno l’onore di una visita a sud delle Alpi)? Proprio l’immagine canonica del tanto vituperato “popolo allegro” veniva in tal caso considerata come manifestazione di una musica capace di rivelare radici autentiche e valori originali. Di lì a poco infatti, con l’arrivo di Marco Solari alla testa dell’Ente ticinese del turismo, ci sarebbe stata una significativa svolta nella promozione dell’immagine della nostra regione con la scelta di abbandonare i luoghi comuni (dei boccalini, delle zoccolette e delle bandelle appunto) per affermare la dignità più ambiziosa del “Ticino terra d’artisti”, anche a seguito del noto polemico intervento di Virgilio Gilardoni (Le immagini folcloriche del “popolo allegro” nella prima età del turismo ferroviario, in «Archivio Storico Ticinese», 88, XXII, dicembre 1981), che avrebbe denunciato l’«assalto svizzero e mitteleuropeo ai ‘balconi del sole’ della Südschweiz», i «riflessi delle prime fortune alberghiere nel fenomeno del ‘meretricio’ culturale», le «dimissioni di ogni vera dignità intellettuale nella cultura media erroneamente detta ‘popolare’». In verità, situata in un quadro più ampio, tale problematica riguardava i rapporti culturali tra nord e sud dell’Europa, cioè il modo in cui il Verismo musicale italiano (Mascagni, Leoncavallo, Floridia, Spinelli, ecc.) si era imposto nei paesi tedeschi sollecitando l’interesse per il caratteristico, per il “colore locale”, nei termini del vitalismo e dell’esuberanza canora riscontrabili nel rapporto “esotico” che dall’estero venne a instaurarsi anche con la realtà italiana, la quale d’altra parte

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