Note di bandella

6 no ha scontato fin troppo nei particolarismi e nei campanilismi ancor oggi non del tutto superati, rimane comunque il patrimonio più rilevante, inalienabile e quindi ancora fruttuoso della nostra conquistata indipendenza. Il fatto che nel confronto spesso aspro tra i partiti nascessero a sostegno bande “liberali” e bande “conservatrici” è rivelante del radicamento della dialettica democratica, in cui come si vede i complessi musicali rivestirono un ruolo fondamentale. Il legame con l’istituzione è quindi costitutivo per la banda, non a caso ancor vivo e riconosciuto oggi al punto da supplire a volte, col suo stentoreo risuonare che si richiama alla convinta solidarietà di popolo di quella lontana origine, al venir meno dei motivi di coesione sociale che la vita moderna ha sempre più difficoltà a identificare in rapporti demografici modificati (per non dire sconvolti) dalla mobilità della popolazione e dalle varie forme di emigrazione e di immigrazione in un contesto atomizzato, in cui è vieppiù problematico trovare il denominatore tra la dimensione del pubblico e gli interessi particolari. Senza voler fare della retorica richiamandoci a un luogo comune, attraverso l’organizzazione armoniosa dei suoni esibiti la banda è ciò che più specificamente realizza la metafora del collettivo, della concordia tra gli interessi di parte, chiamata a suggellare in forma organica la viva realtà civile. Non per niente il termine francese che la designa è orchestre d’harmonie, oppure semplicemente harmonie, indicando nel sinonimo l’emergenza del valore contesto democratico, della fede nello sforzo collettivo di elevazione a ideale civile. Orbene non è un caso che lo stesso suon di banda abbia addirittura accompagnato sul nascere il piccolo nostro stato cantonale, se è vero che a Lugano già nel 1797 al corpo dei volontari costituiti dopo la fine del dominio svizzero fu affiancata una banda. Lo testimonia visivamente il dipinto di Rocco Torricelli conservato al Museo d’arte della Svizzera italiana che rappresenta i volontari schierati in Piazza Grande dove, sulla sinistra, figura un piccolo complesso di strumenti a fiato. È possibile contarvi una dozzina di musicanti (per l’esiguità potremmo considerarlo una bandella allargata), ma soprattutto in uniforme, azzurra come quella dei volontari armati. Fu quello il nucleo originario da cui nacque la Civica Filarmonica di Lugano, civica appunto come tutte le bande del Ticino che nel termine dichiarano l’apparentamento alla realtà istituzionale del comune da cui le veniva il riconoscimento. A questo riconoscimento (concretizzato nei contributi finanziari che per tradizione le amministrazioni comunali devolvono alle società filarmoniche) risale l’operatività delle nostre bande, la loro presenza alle manifestazioni pubbliche e ufficiali, cementata nel contesto partecipativo della democrazia diretta nella mobilitazione permanente della cittadinanza, tipica della realtà svizzera. È fuor di dubbio che la funzione della banda, la sua immediata associazione alla nascita del comune moderno, sia stata primaria nell’edificazione di una coscienza civile che, se il Tici-

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