Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana - Fascicolo 94

458 DOMIGnå DOMInée A v™i bè dumignall mé quall lé , lo metto a po- sto io quello: gli insegnerò io a comportarsi (Lu- diano), va ch’a t dumignia! , guarda che ti siste- mo a dovere! (Ludiano) [1]. – Fuori del confine, in provincia di Varese, dumigná , battere il cuoio per renderlo più pieghevole, morbido (Viggiù). 2. Derivati domignévol (Meride), dumignéura (Ludiano) agg. 1. Docile, remissivo (Ludiano). – 2. Pieghe- vole, flessibile, cedevole (Meride). Come per i mil. dümigná ‘dominare’, sopras. du- mignar ‘domare, dominare, vincere, padroneggiare’ e spagn. domeñar ‘ammorbidire, rendere flessibile, pie- ghevole’, si deve partire da una base lat. * DOMInI º Re ‘dominare’ [2], denominale di DOM È nIUM ‘dominio’, per cui cfr. il doc. mediev. blen. «dicsit quod semper vidit teneri et dominiarij per ilos de Symiono in asculo et pasculo et ipsemet recipit ad fictum» (Semione 1356 [3]). – Per il deriv. cfr. ≠ dominévul . B i b l.: C heRUB . 2.58. [1] G ALFeTTI 141. [2] ReW 2735, S ALVIOnI -F ARé , Postille 2735, DeI 2.1379, DRG 5.489-491, hR 1.273, C OROMInAS 2.203. [3] B OSShARD , ALomb. 71; cfr. MDT 3.922.33-34. Galfetti domignévol ≠ domigná DÓMInA (d G mina) s.f. Padrona (Brissago). Voce dotta, pure dell’it. ant., che si ricondurrà, più che direttam. al lat. D Å MInA ‘signora, padrona di ca- sa’ [1], all’antiquata formula it. domina e padrona ‘padrona assoluta’, usata nei lasciti testamentari in riferimento alla moglie [2]. – Sembra invece suggeri- to dall’incipit del Christe cunctorum (« Christe cunc- torum dominator alme» ) l’appellativo che compare, a Ludiano, in una parodia di un inno ambrosiano can- tato in occasione della festa della dedicazione del Duomo di Milano: Criste cunctòrum, dòmina pulén- ta, con püssèi l’è vóncia, püssèi la pèssa sgi∑ curénta ‘Christe cunctorum, signora polenta, più è condita più scende facilmente’ [3]. B i b l.: [1] ReW2733, DeI 2.1379. [2] T OMM .-B eLL . 2.370. [3] L URATI , Alm. 1991.14. Galfetti DòMIne DòMIne (d ä mine d ä mine) nella lo- cuz.avv. a – , modo giocoso di portare un bambi- no, reggendolo in due sotto le ascelle (Intragna). Curiosa e isolata espressione di intonazione scherz. e latineggiante che si ispira probabilm. a un’antica de- nominazione del parroco (cfr. l ’a.it. domine ‘prete’ [1] e v. ≠ dominée , d ó n ): essa sembra richiamare l’im- magine del sacerdote officiante che reca l’ostensorio, assistito da due diaconi o concelebranti che gli reggono e gli tengono aperte le falde del piviale. B i b l.: [1] DeI 2.1378, B ATTAGLIA 4.938. Galfetti DOMInée (domin f ) s.m. Prete, sacerdote. V a r.: dominé (Sonvico), dominè (Isone), dominée (Gandria, Rovio, Mendrisio) . Ricorre unicamente in espressioni scherzose e canzonatorie: per fá n dominè u gh vò n stè da danè , per fare un prete ci vuole uno staio di de- nari: molti soldi (Isone), par fá n dominée ga vö n sté da danée, p∑ quand l’è bèll e fatt, l® l’è al sa- vi e i altri i è matt , per fare un prete ci vuole uno staio di denari, poi quando è ordinato, lui è il sa- vio e gli altri sono matti (Rovio). queste espressioni, d’area sottoc., si confrontano con quelle mil. a fà on dominee ghe voeur on sacch de danee ‘per fare un prete ci vuole un sacco di denari’ e chiavenn. a fa n dominée ghe vö n sach de danée, ma a dominée fac, ün sach l’è sübbèt fac ‘per fare un prete ci vuole un sacco di soldi, ma fatto il prete, un sacco è subito fatto’ [1]; i Mat. VSI documentano inol- tre, sempre in ambito lombardo, par fá cantá un do- minée ga vör un stée da danée ‘per fare cantare un prete, occorre uno staio di denari: molti’ (Viggiù) e ul suu da genée al fa cantá ul dominée ‘il sole di gennaio fa cantare il prete: è malsano, conduce alla morte’ (Porlezza). – Già il Cherubini segnalava il termine come disusato e relegato in espressioni cristallizzate, rilevandone un preciso riscontro «nella nov[ella] III della giornata ottava del Decamerone , ove il Boccac- cio fa dire a Bruno e Buffalmacco che si godranno in- sieme co ’l dòmine il porco che intendevano imbolare a Calandrino» [2]. – Dal vocativo lat. D Å MIne ‘o Si- gnore’ (veicolato da formule liturgiche e salmistiche, quali « de profundis clamavi a te, Domine », « adiuva me, Domine », « libera nos, Domine ») [3], con accento spostato sulla sillaba finale similmente ad altri ter- mini ripresi direttamente dal lat. ecclesiastico o giu- ridico e accolti nel linguaggio popolare [ 4 ], ad es. agnüss ‘involtino con entro le reliquie o orazioni, ac- quistate o fatte benedire in un santuario che si porta al collo per devozione’ (≠ agnus dèi ), angelüss ‘pre- ghiera dell’ Angelus Domini ’ ( ≠ ángelus ), o ancora il malc. in d’un ≠ credò ‘in un attimo’ (dal lat. CR ¶ DO ‘credo’); si confrontino qui anche i casi paralleli di pro-

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