275 fALDA fALéiRA mento che non emerge dai rilievi delle inchieste originali del VSi. i Mat. VSi attestano ancora, fuori della Svit., faudcon il senso di ‘spicchi della tela dell’ombrello’ a Vanzone. – i derivati fandèlae fandelóosono sorti per dissim. di l-l in n-l (cfr. il vares. fandell f.pl. ‘falde, code (della palandrana)’ [12]). – nel significato metaforico di ‘sotterfugio, inganno’ il deriv. faldèla di Lumino (par. 6.) ritorna nei valtell. foldêlli, foldêli ‘furti leggeri, domestici; trufferie’ (Val Tartano), falduèla ‘inganno’ (Bormio), chiavenn. furdèli ‘trufferie, imbrogli’ (novate Mezzola), fuldêla‘inganno, imbroglio’ (Samòlaco), con riscontro negli it. faldella(xVi sec.) e faldone(xVii sec.) ‘trufferia, inganno, frode, imbroglio’ [13]; l’ons. fan - dèlae il posch. faldógna‘marachella, birbonata’ rappresentano un ulteriore slittamento semantico, per cui cfr. il chiavenn. fo-/ fuldla‘dispetto, marachella, imbroglio’ (Verceia) [14]. Questi sviluppi si spiegheranno alla luce di una serie di modi di dire, riferiti soprattutto al rifiuto nuziale di un pretendente, che si richiamano al vestito o al pezzo di stoffa come segno di scherno, di beffa, di inganno [15]. B i b l.: CheRuB. 2.146. [1] BOnOMi, Poesii e stòri 2.24. [2] DOSi 1.165.30. [3] QuADRi, Dial.Capr. 62. [4] AnL Peccia 45. [5] GiACOMeTTi 93. [6] PROnzini 56. [7] PROnzini 56. [8] MDT 1.12.538. [9] Cultura pop. 193. [10] ReW 3160, SALViOni-fARé, Postille 3160, Dei 2.1586-1587, DeLi2 556, PRATi, Vei 409, PeTRACCOSiCARDi, etim. 42, DVT 405, DeLT 1.1102, DeV 318, ReP 616-617. [11] DOSi 1.170 n. 26. [12] DeLLA ChieSA jeMOLi, Vares 93 n. 3. [13] Dei 2.1587, BATTAGLiA5.589,590; MOnTi 73,81, LOnGA 60, MASSeRA 61, SCuffi 232, DeLT 1.1102. [14] DeV 318. [15] LuRATi, Per modo 129-132. Galfetti faldaa, -dada, -dèla, -dina, -dógna, -dón, -dús falda FALÉCC (falč) s.m. Strame da lettiera (Posch.). È costituito principalmente da fogliame secco, paglia, felci e erbe secche del sottobosco e da residui erbacei raccolti con l’erpicatura dei prati: falécc d’arbul, strame di foglie di castagno (Brusio), flamastu, sém sciá dapé da dové runcá sǘ camp, còsa giò colóbi ai ción e í par falécc, accidenti, ci risiamo a dover dissodare campi, preparare beveroni ai maiali e andare a raccogliere strame (Poschiavo [1]), bait dal falécc, ripostiglio per lo strame (Campocologno). – Al diséa i bun vécc ca la paia l’é l plǘ bun falécc, dicevano gli avi che la paglia è il miglior strame (Brusio). – A Poschiavo entra nella locuzione fá falécc, preparare la lettiera al bestiame: Giacum l’éa mütǘ in urdan la stala, l’éa fait falécc pulitu di mòdu ca m pudǘ tacá nòss vachi e cavri a séi pòst predestinái, Giacomo aveva messo in ordine la stalla, aveva preparato bene la lettiera di modo che abbiamo potuto attaccare le nostre vacche e capre nei posti loro assegnati [2]. Voce d’area lomb. e trentina. Dal collettivo lat. *fiLĭCTuM‘felceto, felci’ (quindi inizialmente ‘strame, lettiera di felci’), passato successivamente a designare anche la singola pianta di felce, v. felécc [3]. il passaggio dall’originaria e ad a in posizione protonica, se non è attribuibile a semplice dissimilazione [4], potrebbe essere dovuto, come suggerisce Bracchi, a un adattamento paretimologico del termine in fá lécc ‘fare letto’, secondo la definizione popolare di letto che si dà alla lettiera della stalla [5], una reinterpretazione che traspare pure dalla locuzione fá falécc. B i b l.: AiS 6.1170, CheRuB., Giunte 81, MOnTi 74. [1] zALA POzzi, QGi 22.221. [2] LuMinATi, Badozz 62. [3] ReW 3300, SALViOni-fARé, Postille 3300, feW 3.515, Rn 2.141, DVT 365, DeLT 1.1102, DeSf, flora 2.515. [4] SALViOni, Posch. 492, Scritti 1.268. [5] DVT 365, DeLT 1.1102. Galfetti FALÉIRA (falra) s.f. Malattia del bestiame bovino. V a r.: faláira (Olivone), faléira (Leontica), falèira (Ludiano), fanèira(Semione), frenèira(Biasca). 1. Ra faléira, indisposizione interna dei bovini che simanifesta attraverso una falla o depressione a unfianco (Leontica); frenèira, malattia delle vacche, che diventano cosìmagre che la pelle si attacca alle ossa: un tempo le si curava scaldandole con un ferro da stiro unto di grasso (Biasca [1]); – es diréss che la gh’a ra frenèira, si direbbe che abbia la frenèira: di donna molto magra (Biasca [2]). 2. Per estensione, difettoconsistente inunaeccessiva aderenza della pelle alla polpa degli insaccati, che ne rende difficoltosa la spellatura (Semione, Olivone): stu salámu gh’a ra faláira, questo salame ha la faláira: si spella con difficoltà (Olivone). Voce che si connette con il sopras. e surmirano falera, indicante alcune patologie del bestiame soprattutto bovino (orticaria, stasi sanguigna, febbre catarrale, colpi di sole, eruzioni cutanee polimorfe), le quali potrebbero rientrare tutte nella sintomatologia patognomonica della distomatosi epatica. Secondo il DRG la formazione rifletterebbe un deriv. del lat. fĕLe(M) ‘fiele’ mediante il suff. -ARiA(M) [3]. La definizione che ne dà però il corrispondente di Leontica e in particolare quella fornita
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