Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

263 fALC fALC tasiosi e leggendari: in valle Rovana si racconta di alcuni fienaioli ai quali il proprietario del terreno da falciare aveva negato la merenda, chiedendo però loro di fingere di consumarla durante la pausa del lavoro onde non sfigurare davanti ai vicini; terminata la pausa, i falciatori avrebbero montato la lama al contrario sul manico e proseguito fittiziamente nel lavoro facendo finta di falciare. L’aspetto del metallo della lama dipende dall’umidità dell’aria, ciò che poteva dar spunto a previsioni meteorologiche: quand el fil dela falc el vén blú, … quand la falc la fa sú i bocetinn vérd o blú, el vén a piév, quando il filo della falce diventa blu, quando la lama si copre di palline verdi o blu, verrà a piovere (Cama [23]), sa la falsc, apéna fünǘ da segá, la incumincia a sa inravegianá, brütt fará; sa invéce la divénta brasada, al fará na gran sulada, se la falce, appena finito di falciare, incomincia ad arrugginire, farà brutto; se invece brilla ci sarà un lungo periodo di soleggiamento (Poschiavo [24]). La lama può mutare di colore anche in base alla qualità del fieno tagliato; quando si taglia fieno secco essa si copre di una patina nerastra, e a Poschiavo si dice allora che la falsc la fa sǘ l gatt, la falce forma il gatto. La diminuzione generale dell’attività agricola, la riduzione delle superfici coltivate a prato e soprattutto l’avvento di una capillare meccanizzazione hanno portato fin dal secondo dopoguerra a un rapido abbandono della falce quale strumento principe per il taglio del fieno; di conseguenza, a s sénn piǘ nisciǘn marlèe la falsc ala matín, non si sente più nessuno battere la falce la mattina (Lodrino [25]); parallelamente è quindi anche crollata la produzione dell’attrezzo. Oggigiorno esso viene ancora impiegato da qualche anziano o per piccole superfici e in luoghi discosti, incontrando anche il favore di alcuni appassionati per i quali vengono organizzati corsi specifici di apprendimento. 1.2. Locuzioni, modi di dire, proverbi, filastrocche 1.2.1. nell’iconografia tradizionale, ad esempio sugli affreschi di numerose cappelle o nel trionfo numero 13 del gioco dei tarocchi, la morte viene spesso rappresentata da uno scheletro che brandisce la falce; da qui l’espressione chèla dala fauc, quella della falce: la morte (Airolo [26]); fign che végn quèll dra falc, a s’a da piantaa tütt e nagh dré, quando arriva la morte, si deve abbandonare tutto e seguirla (Biasca [27]); v. anche  falción. fig. 46. Le principali denominazioni della falce fienaia nei dialetti della Svizzera italiana.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTA1MTg=