Centro di dialettologia e di etnografia
183 DENEDAA DENEDAA si fossero comportati bene, sia da interpretare in quest’ottica [411]. il divieto di filare (par. 1.16.12.) è stato pure ricollegato all’attività di divinità pagane, quali le Parche, che governano i destini degli uomini e che sono raffigurate nell’atto di filare, con il filo che assurge a metafora della vita umana: per i morti che in questo periodo tornano sulla terra l’inizio della fi- latura costituirebbe un’opportunità di una nuova esi- stenza, mentre un intoppo, un groviglio o una rottura, ne avrebbe pregiudicato la venuta [412]. Alla cre- denza del ritorno dei morti è stata ricondotta pure la pratica delle pulizie dei giorni precedenti la festa (par. 1.6., 1.10.): esse sarebbero da intendere come atti pre- paratori per accogliere gli esseri soprannaturali [413], a cui Alinei ritiene fossero destinate anche le tre sedie che qua e là in italia venivano poste la sera della vigi- lia davanti al camino, motivando il gesto con l’offerta di un posto di riposo per Maria, Giuseppe e Gesù [414]; lo scampanio della notte di Natale avrebbe, secondo un’interpretazione, la funzione di tener lontani gli spi- riti maligni, analogamente al baccano fatto dai ra- gazzi di Mendrisio che percorrevano le vie del paese percuotendo oggetti e suonando strumenti vari (par. 1.16.16.) [415]. – Con la convinzione che il vischio por- ti fortuna e prevenga malattie e disgrazie, si spiega verosimilmente l’uso di appenderne alcuni rametti alle porte delle abitazioni (par. 1.9.3.3.). Frazer, e con lui altri studiosi, ritiene che i poteri del vischio, in particolare quello che cresce sulle querce, da lui identificato come il ramo d’oro, siano dovuti a una sua natura divina, depositaria del potere del fuoco portato dai fulmini: l’ipotesi è suffragata anche dal fatto che cresce su altre piante senza che le sue radici abbiano un contatto con la terra e che pertanto non poteva che essere emanazione dall’alto, dal cielo. La sua sacra- lità trova conferma anche nella convinzione che non doveva venire colto con la mani: si cercava pertanto di farlo cadere dalla pianta colpendolo con un bastone o con una freccia, avendo cura di prenderlo al volo prima che toccasse il suolo; i sacerdoti dei Celti, per i loro riti, salivano a coglierlo muniti di una falce d’oro [416]. La sua natura solare, legata ai solstizi, durante i quali si ritiene debba essere colto per poter benefi- ciare dei suoi poteri, e la sua presunta nascita dal cielo, hanno portato a ritenerlo simbolo di Cristo, nato in modo misterioso: «come il vischio è ospite di un al- bero, così il Cristo, si dice, è ‘ospite dell’umanità’, un ‘albero’ che non lo generò nello stesso modo con cui ge- nera gli uomini» [417]. L’usanza di baciarsi sotto un ramo di vischio è conosciuta ma poco praticata nella Svizzera italiana: essa risalirebbe alla consuetudine medievale inglese di scambiarsi un abbraccio o un bacio sotto una rappresentazione della Sacra Fami- glia, incorniciata da rami di sempreverde; nel corso dei secoli, probabilmente per influsso delle prescrizioni della Riforma, il ricorso all’immagine scomparve, ma l’uso persistette, limitato ai domestici fino al xix secolo e poi estesosi anche al di là di questa ristretta cerchia [418]. – intricata è la genesi dell’albero di Natale (par. 1.9.5.). L’ipotesi che esso sarebbe stato ideato da Mar- tin Lutero, rimasto affascinato dal riverbero della luce sulle fronde innevate degli alberi durante un viaggio notturno, è da ritenersi fantasiosa, dato che si hanno attestazioni di rudimentali alberi di Natale anteriori a questa supposta vicenda. La sua origine è invece senz’altro da ricollegare al periodo solstiziale e alla tradizione di addobbare le case con rami di sempre- verdi, simbolo di vitalità e di fertilità. La sua storia ha però poi subito l’influsso delle vicende del Cri- stianesimo e di alcune sue manifestazioni: fra queste l’usanza di allestire rappresentazioni sacre alla vigi- lia di Natale, nelle quali comparivano alberi decorati con mele e cialde, a simboleggiare rispettivamente, in una sintesi fortemente emblematica, i frutti del - l’albero della scienza del Paradiso terrestre, all’origine della trasgressione di Adamo, e le ostie dell’albero della vita, transustanziazione del corpo di Cristo e vei- colo di salvezza eterna. Questo per ribadire nella notte santa il valore del sacrificio di Cristo ad espiazione del peccato originale dell’uomo. Da questi due addobbi ori- ginari, documentati già nel xvi secolo, si svilupparono Fig. 83. Cartolina d’auguri spedita a Lugano nel 1954 (proprietà G. Haug, Capolago).
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