Centro di dialettologia e di etnografia

386 DISNå DISNå 2. Pranzo, pasto del mezzogiorno 2.1. D’invèrn par sòlit fam tré past: culizziún, disná e scéna; da stad tölum vargótt anca da marénda, inturn ali quatru , d’inverno normal- mente facciamo tre pasti: colazione, pranzo e ce- na; d’estate prendiamo qualcosa anche per me- renda, verso le quattro (Brusio); a sò pi® còsa fagh lá da disnaa, tant l’è spifro , non so più cosa preparargli per pranzo, talmente è difficile (Bia- sca [2]), tu m’ai rótt i dói pinèe dru sciv∑i di scó- das nöuv, tu starái sénza disnèe , mi hai rotto le due cinghie della gerla nuova, rimarrai senza pranzo (Olivone), un pòuro disnaa, ca ne riva né in sciá né in lá , un pranzo misero, che non arri- va né di qua né di là: non basta a sfamare (Loso- ne), l’a ciapaa l su sacapán, cula scüsa da mètt dénta l disná , ha preso il suo tascapane, con la scusa di riporvi il pranzo (Brusino arsizio), moví- dumes alóra, perchè se i riva i òmen famái e se i tròva miga el disnè prónt, i alza la vós , sbrighia- moci allora, perché se arrivano gli uomini affa- mati e non trovano il pranzo pronto, alzano la vo- ce (Mesocco [3]), mí a vedé chélle pòuro bés’ce crapada o m végn indré ol disná , a me nel vede- re quella povera bestia crepata torna indietro il pranzo: mi viene da vomitare (Landarenca); – un bun disná al var un’aca se in fin nu l sa de vaca , un buon pranzo non vale niente se alla fine non sa di vacca: se non si conclude con un pezzo di for- maggio (Capolago), ala matígn, bév aqua frés≤a, a miézz dí la s fa scaldá e ala séra quéll ch’a s vanza da disná , al mattino bere acqua fresca, a mezzogiorno farla scaldare e alla sera quello che resta del pranzo: consiglio per dimagrire (Como- logno), da disná fa ul cürád d’Ugiá, e da scéna fa ul cürád da Ruvéna , per pranzo prepara il cura- to di uggiate, e per cena prepara il curato di ro- venna: detto dalla massaia che non sa cosa pre- parare da mangiare (Chiasso). Situandosi il pranzo verso mezzogiorno, viene a volte impiegato quale termine di riferimento temporale: a disná , a mezzogiorno (grancia), un bèll dí prim da disná sém scapada da cá , un bel giorno prima di pranzo sono scappata di casa (Poschiavo); – quand al gall al canta in sül disná, se l’è n®iru l’aqua l’è sciá , quando il gallo canta all’ora di pranzo, se è nuvoloso arriva la pioggia (rovio), quân ca ul témp u s fâ fò d n™cc, u stâ fin ca l disná l’è c™cc , quando il sereno viene di not- te, rimane fino a quando il pranzo è cotto: ha po- ca durata (aquila [4]). 2.2. Il pranzo di mezzogiorno costituisce da tempo il pasto principale della giornata [5], nel quale vengono consumati i cibi più sostanziosi. La qualità di questi dipendeva in passato dalle di- sponibilità stagionali oltre che da differenze re- gionali (in particolare rispondenti alle dicotomie montagna rispetto a pianura e campagna rispetto a città) e di ceto e da abitudini familiari [6]. tali diversità risultano oggi molto attenuate quando non del tutto superate dalle possibilità di ap- provvigionamento garantite dalle ampie offerte commerciali. Quasi definitivamente tramontate sono inoltre le consuetudini alimentari legate ai diversi giorni della settimana [7] o a particolari scadenze calendariali, quali l’astinenza dalle carni nei giorni di digiuno comandato (v. ≠ digi®n ). 3. altri significati 3.1. Nel Bellinzonese, a Leontica e a Calpio- gna può anche indicare la colazione, primo pasto della mattina. 3.2. talvolta con l’accezione di ‘pranzo lauto, banchetto’: tucc i parénc di paés lí arénte èran in- vidéi a disná , tutti i parenti dei villaggi vicini erano invitati al pranzo: in occasione di nozze (So- brio), un bón disná sa l pò anca fá sénza sa ma- ridá , un buon banchetto lo si può fare anche senza sposarsi (Poschiavo [8]), per mèzz agóst e san Lorinz u s fèva un disnaa un pò diferént: un pò da carna o un pò da tórta ch’i mandèva s®, un bicér da vin che l’èra magari düü mis che sa n vedèva pi® , per ferragosto e S. Lorenzo si consu- mava un pranzo un po’ diverso: un po’ di carne o un po’ di torta che mandavano su [= all’alpe], un bicchiere di vino che erano magari due mesi che non se ne vedeva più (Lodano [9]). – Disnèe di rèst, di parént , pranzo dei resti, dei parenti: nel quale si consumano gli avanzi del banchetto del giorno precedente (gerra gamb.); disná dala scira , pranzo consumato dai fabbricieri quando si recano ad acquistare la cera per le candele (Vi- ganello), disnaa di can , pranzo dei cani: ban- chetto che il comune offriva alla popolazione alla fine dell’anno scolastico, impiegando il provento della tassa sui cani (Morcote); disnèr da nòzza , pranzo nuziale: pasto eccellente (Soglio). 3.3. In opposizione al più diffuso ≠ scéna , por- zione di pascolo dell’alpe riservata alle bovine dopo la mungitura serale, a Campo VMa. disnaa designa la porzione di pascolo assegnata duran- te il giorno; v. anche al par. 6. 4. Modi di dire, filastrocche 4.1. Disnaa a panscia piéna , pasto a pancia piena: lavoro pesante e superfluo (Cavergno); ná a disná da spós , andare a un banchetto nuziale: fare qualcosa volentieri, con entusiasmo, gioire (grancia); fann da scéna e da disnaa , farne di ce- na e di pranzo: di ogni sorta, di tutti i colori (Men- zonio), dinn da scéna e da disnaa , rimproverare aspramente, spararle grosse, raccontare frottole

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