Centro di dialettologia e di etnografia

408 DISÜtIL DISVarIaa tale inetto (Lodrino [1]), tü è n dasgiüttal , sei un buono a nulla (Soglio [2]), u sö pá u i éva lassècc indré m béll bris, ma chèll dasütru i∑ l’a taranó vía tütt in um batar , suo padre gli aveva lasciato un bel po’ in eredità, ma quell’incapace ha sper- perato tutto in un attimo (airolo [3]); il corri- spondente di Sonvico sottolinea che un desutil è «peggio che inutile», quello di Isone che un desü- tul è bun damá da fá dagn , capace solo di fare danni; dasüto , disgraziato, disperato (Linescio), anche nel paragone u bufèva cóm um dasütu , sof- fiava come un disperato: del vento (Linescio); in forma di alter., disütlacc , disutilaccio: poltrone, mascalzone (Stampa); – dal valore generale si svi- luppano accezioni particolari, come ‘persona d’im- piccio’ (airolo [4], Caslano) e ‘individuo rozzo, vol- gare’ (Preonzo [5]). – In uso aggettivale, sóm péi miga iscí desétel cóma to t créd! , non sono poi co- sì maldestro come credi tu! (Soazza [6]); inoltre, ‘ingordo, vorace’ (Poschiavo), ‘obeso’ (Isone). 2. Come aggettivo nel senso di ‘inutile, vano’ è poco documentato (auressio, Verscio, Caviglia- no): un lavór disutil , un lavoro inutile (auressio). 3. a Maggia, il termine è impiegato avverbial- mente come rafforzativo: l’è dasüto intraudüda chèla tósa agnò: la sa faa da tütt, l’è bóna da cü- sginaa, da consciaa … , è proprio in gamba quella ragazza: sa fare di tutto, è capace di cucinare, di rammendare. Dall’it. disutile , penetrato in vari dial. it. sett. (per lo più nel senso di ‘inetto’) e nell’eng. [7]. L’evidente trafila dotta si deduce dalla mancata sonorizzazione della -t- ; a differenza del suo quasi sin. inütil ‘inutile’, disütil presenta var. fon. meglio adattate che fanno pensare a un suo maggiore radicamento nei dialetti. – anche non lontano da Poschiavo si registra il valore di ‘ingordo, insaziabile, incontinente’ (a tiolo, fraz. di grosio [8]), per il quale si vedano definizioni del ‘di- sutilaccio’ come bón domá da faa naa la bóca ‘capace solo di far andare la bocca: di mangiare’ (Locarno), bóca bóna domá da mengèe ‘bocca capace solo di man- giare’ (gerra gamb.), ≠ boca 1 , VSI 2.541. – La var. desétel di Soazza, che per degli anziani informatori nel 1994 era quasi solo un ricordo del vecchio dialetto [9], ha una voc. tonica di difficile spiegazione. tale evo- luzione della voc. è invece regolare nel sopras. (dove ˘ tILE ( M ) > étel [10]); contatti con la regione della Sur- selva sono ad es. comprovati dalle famiglie originarie della Lumnezia e di Camuns segnalate nei registri parrocchiali del confinante comune di Mesocco relativi agli anni 1701 e 1773 [11]. – Per l’es. di uso rafforzativo a Maggia al par. 3. occorrerà pensare a un valore avv. enfatico (corrispondente a quello di ‘tremendamente’, ‘maledettamente’) ricollegabile all’accezione di ‘di- sperato’ raccolta, sempre in VMa., a Linescio (par. 1.). B i b l.: [1] B ErNarDI 41. [2] S taMPa , Bergell 131. [3] B EFFa 302. [4] B EFFa 111. [5] g aLLINO , Dialett 35. [6] M aNtOVaNI , tCLoc. 4.3, B ErNarDaSCI -S ChWarz - ENBaCh , Stòri 252. [7] DEI 2.1360, S aNt ’a LBINO 510, C hEruB . 2.31, B IELLa 366,374, a rrIVaBENE 1.234, B OErIO 2 235, Drg 5.96-97. [8] DEEg 516. [9] M aN - tOVaNI , tCLoc. 4.4. n. 8. [10] hr 1.302, D ECurtINS , Niev voc.sursilv. 355. [11] S aNtI , QgI 49.104. Petrini disvari ≠ disvariaa DISVarIaa (di ¿ var -2 ) v. Variare (torricella- taverne). 1. Ul vitt vitt … al fa l’assólo, sénsa che al di- svaria d’una sól nòta mai: tiü tiü tiü tiü , lo spion- cello fa l’assolo, senza mai variare di una sola no- ta: tiü tiü tiü tiü [1]. 2. Derivati disvari (Brione Verz.), dasvari (Poschiavo), desvari (Sonvico), desvaria (Leontica), disguari (Lodrino), disvaria (Leontica) 1. agg.inv. Disu- guale (Brione Verz.); – di colore diverso (Lodri- no). – 2. s.m. Divario, differenza (Leontica, Son- vico, Poschiavo). 1. Matrimòni disvari d’etá , matrimonio fra co- niugi di età disuguale (Brione Verz.); – na pèzza disguari , una toppa di colore diverso (Lodrino). 2. A gh’è n bèll desvari da quéste a quéll , c’è una grande differenza fra questo e quello (Son- vico). Le forme qui presentate hanno riscontri in alcuni dial. it. di area sett.: il v. e il sost. in Piem. e Lomb., il sost. anche in trentino e Friuli [2]. – Dal lat. VarI º rE ‘variare’ [3], con dis - in funzione intensiva (pari a quel- la di s - nell’it. svariare ), attraverso gli it.a. disvariare ‘essere diverso, differire’ (che alessio riconduce al prov.a. desvariar ), disvario s.m. ‘divario, differenza’ e agg. ‘diverso, differente’ [4]. – La var. disguari dell’agg. disvari potrebbe essere sorta per influsso di ≠ disü- guál ‘disuguale’ o per sovrapposizione di gua- (dal germ. Wa -) che si ha anche ad es. nel mesolc. guaròzza (all. a garòzza ) var. di ≠ varòzza ‘marmotta’ (a sua volta dal lat. V ª rIu ( M ) ‘vario, variegato’) [5]. B i b l.: C hEruB . 2.31, M ONtI 68. [1] j ErMINI , I nostri uccelli 2.87. [2] rEP 549, C hE - ruB . 2.31, M ONtI 68, L OCatELLI 45 s.v. divario , diva- gare , divagarsi , B ONazzI , Lessico 1.251,257; a NgIOL .

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