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414 DIVŒD DIVISa dial. sett. fin verso la metà dell’Ottocento: si vedano, oltre alle verz., le occorrenze breg. riunite, sempre dallo Stalder, all’inizio del xIx sec. [9] e le forme mil. contenute in alcuni canti danteschi tradotti dal Porta [10]. – Del verbo sono attestati part. pass. sia forti ( divís ), sia deboli ( dividüü ). – La forma « divisivi » che figura nella Parabola del figliol prodigo raccolta a ini- zio Ottocento in Lavizzara [11] è probabilm. un errore di trascrizione per il pl. divisiúi nel senso di ‘sparti- zione ereditaria’. B i b l.: C hEruB . 2.45,46. [1] V ICarI , alpigiani trascr. 22a. [2] C aNONICa , Ma- riapaelio 119. [3] S taLDEr 414. [4] P ICENONI , QgI 13.22. [5] P ICENONI , QgI 13.22. [6] g ODENzI -C raMErI 31. [7] g ODENzI -C raMErI 310. [8] rEW 2701a, DEI 2.1367, DELI 2 487, B attagLIa 4.866. [9] K ELLEr , rh 3.298, cfr. S taLDEr 407-408. [10] L uratI , LrL 4.497, cfr. g raSSI , Misc. gasca 1.340. [11] S taLDEr 415, M ONtI 418. Ceccarelli DIVIgIÓS (divi “J s) agg. Lento, allentato, mol- le (Menzonio). Nella base del term. si potrebbe continuare il lat. VIg ¶ rE ‘essere vigoroso’, preceduto da un prefisso ne- gativo de- come nell’analogo verbo DEVIg ¶ SCErE ‘per- dere il vigore, affievolirsi’ (attestato in tertulliano [1]); per la formazione aggettivale in -ós < lat. - fi Su ( M ) soccorrono casi di deverbali come gli it. appiccicoso , rincrescioso (rispettivam. da appiccicare e da rincre- scere ) [2], sic. accupusu ‘di ambiente reso opprimente dalla mancanza d’aria o di luce’ (da accupari ‘soffocare impedendo il respiro’) [3]. a una simile ricostruzione ostano tuttavia l’assenza, a quanto sembra, di conti- nuatori romanzi pop. di VIg ¶ rE [4] e l’affricata “ (esito invece normale dei nessi lat. formati da occl. alveolare o velare + L ) in luogo dell’attesa fricativa ¿ (v. a Men- zonio rüsgen ‘ruggine’ < lat. aEr ˘ gINE ( M ), rusgia ‘rog- gia’ < lat. arr ˆ gIa ( M ) [5]). Proprio la veste fonetica indirizza allora piuttosto verso il lat. VIgIL º rE ‘essere instancabilmente attivo’ [6], per il quale si può immaginare un passaggio se- mantico a ‘essere teso’ (anche se i continuatori del verbo, ad es. quelli esaminati su vasta scala per il gal- lo-rom., non mostrano applicazioni a oggetti [7]). – un interessante contatto fra gli esiti di VIg ¶ rE e quel- li di VIgIL º rE si è prodotto a livello semicolto nel Va- res. di fine Ottocento, dove la confusione fra gli esiti di g e e di - g ’ L - ha indotto a rendere in it. con « veglianti (regolamenti)» il term. giuridico « vigenti » [8]. B i b l.: [1] thLL 5.1.858.52-54. [2] D E M aurO 4. 685, g rOSSMaNN -r aINEr , Formaz. 442. [3] E MMI , For- maz. 197, Vocab.sic. 1.41. [4] DEI 5.4050, DELI 2 1816. [5] Cfr. S aLVIONI , agI 9.221, Scritti 1.46. [6] rEW 9326. [7] Cfr. FEW 14.435-438. [8] S aLVIONI , Misc. rossi-teiss 419, Scritti 4.854. Petrini DIVŒS (div y s) nella locuz.v. vèss – , essere per- suaso (Biasca [1]). A sóm sciá divís da müdaa , mi sono ormai per- suaso a transumare. un simile costrutto, con il senso di ‘parere, sem- brare’, si ritrova già in Bonvesin (« el m’è devis ke sia a quel delectamento»), nel Boccaccio («una cerva bian- chissima e bella, la quale a lui era diviso che gli fosse molto cara») e più tardi nel Cavassico (« el me divis che tu devente mat», « el me devis / veder no se’ chi entre quella chiesura») [2]. Esso è raffrontabile con gli a.fr . ço m’est vis ‘ciò mi sembra’, prov. vis m’es ‘mi sembra’ (a cui vien fatto risalire anche l ’a.it . è viso a qualcuno ‘a qualcuno sembra, pare’), che hanno origine nel- l’impersonale lat. VISuM ESt preceduto dal pron. dativo ( MIhI VISuM ESt ‘a me sembra, pare (opportuno)’, per il class. MIhI VIDEtur ) [3]. Per quanto riguarda gli es. di area it. citati bisognerà partire dal costrutto lat. e postulare una successiva sovrapposizione del part. pass. con il sost. lat. V Î SuS ‘viso’, che facilita dunque l’aggiunta della prep. de , come avvenuto in area fr. con la prep. à per le forme del tipo ce m’est avis que ‘penso che’ (alla lettera ‘mi è a viso che/ mi è di fronte che’) [4]. Nel biaschese si ha un ulteriore passaggio, che porta da un uso impersonale ad un uso personale del verbo; qualcosa di analogo avviene ad es. per ≠ bisögná (ad Isone bignará stá ‘bisognerà stare’, ma anche a i o bignò cíed ‘ho dovuto cedere’) o per ≠ tocá (ad airolo, u m tóca nè ‘mi tocca andare’ ma anche i tóchi nè ‘devo andare’) [5]. B i b l.: C hEruB . 2.59 s.v. duvìs , M ONtI 71 s.v. du- vìs , app. 35. [1] S trOzzI 60. [2] tLIO s.v. diviso , DEI 2.1368 s.v. diviso 3 , B attagLIa 4.883 s.v. diviso 3 ; B ONVESIN 153. 47, S aLVIONI , Cavassico 216,224. [3] F LEChIa , agI 8. 402-403, S aLVIONI , BSPav. 2.239, Scritti 3.456, rEW 9384, FEW 14.537; cfr. B attagLIa 21.925 s.v. viso 2 , DEI 5.4068 s.v. viso 2 . [4] S aLVIONI , Cavassico 366, FEW 14.537 e n. 15. [5] V. inoltre S aLVIONI , StFr 7. 236, Scritti 2.66. Genasci DIVISa (diví≈a) nella locuz.v. fè – , far sem- bianza, fingere. V a r.: divisa (airolo), divisi (Bedretto), düisa (ai- rolo).

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