Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

80 DÜÜ DÜÜ di due quinti di litro, utilizzato come misura di mescita nelle osterie (riva s. Vitale). quarantadüü s.m. tipo di antica moneta (Lu- gano). stürdi agg.pl . e pron.pl. tutti e due, entrambi (airolo). trentaduu (brissago), trentadúi (auressio) 1. s.m.pl . Denti (auressio). – 2. nella locuz.s.m. sóo da – , sole che fa capolino tra le nubi quando piove (brissago). 1. Compare nella locuzione mòrdigh i trenta- dúi , avere irritazione, pizzicore ai denti: avere fa- me, patire la fame. vintid s.m. antica moneta del valore di 22 soldi (Grancia). żéronovantad s.m. nella locuz. véss mai nacc föra dal – , non essere mai uscito dallo 092, prefis- so telefonico valido in passato per alcune zone del sopraceneri: non aver viaggiato, non conoscere il mondo (osogna). V. inoltre  daldóo , docòst ( còsta ), düdíd ( did ) Da una flessione tardolat. Duī (m.), Duae (f.), Dua (n.) succeduta a quella class. Duo , Duae , Duo ‘due’; la forma m. düü è di origine metafonetica, mentre riflet- tono la base Duas dell’accusativo femm. (con qualche riserva espressa da parte di salvioni [24]) le var. femm. dóua , dóva , dúa (con -a ) [25]. tracce della distinzione dei due generi e della flessione del numerale lat. si sono conservate inmolti dial. settentrionali (con l’eccezione di varie zone del Veneto, di parte delle parlate lad. non- ché dei dial. cremon. e mantov.), centro-meridionali, e caratterizzavano l’it. antico [26]. – La var. m. déi di soazza e Mesocco corrisponde al normale sviluppo fo- netico locale di una forma döi (con passaggio di oi > öi per influsso della semivocale, assai frequente nei dia- letti alpini, cfr. il borm. döi ‘due’ [27]), mentre la var. dógn di Prugiasco, registrata unicamente dal buch- mann [28], si spiega per analogia con vögn ‘uno’. – Le forme femm. bisillabe dóua , dóuen , dóva , dóven (circ. Mesocco) e dúa (breg.) ricorrono di norma in pausa, con il sost. sottinteso, oppure davanti al sost. preceduto dall’articolo, per cui si dirà: dó vachen ‘due vacche’, ma tuta dóua ‘tutte e due’ (soazza), du dóna ‘due donne’, ma l’énn dúa ‘sono due’ (bondo), ò cataa du brügna ‘ho raccolto due prugne’, ma daman dúa! ‘dammene due!’ (Vicosoprano), dó vòlten ‘due volte’, ma tuten dóven la vòlten ‘tutte e due le volte’ (Mesocco), inoltre léir dúa ‘loro due’, dúa insémal ‘due insieme’ (sopraP. [29]); solo eccezionalmente, e probabilm. in funzione enfa- tica, possono comparire seguite da un sostantivo: l’é témp de piantala giú anca mí, per pudéi mandágh véia anchéi la lètra che da dóven setimanen in sciá ò sco- menzòu ‘è tempo di concludere anche per me, per po- terle inviare oggi la lettera che ho iniziato da due set- timane a questa parte’ (Mesocco [30]), l’énn tütan dúa questiún ca nu énn sénza bièr importanza e grandan cunseguénza ‘sono tutte e due questioni che non sono senzamolta importanza e grandi conseguenze’ (stampa [31]). La var. femm. d di roveredoCapr. ( d dònn ‘due donne’ [32]) pare essere una forma masch. passata al femm., un passaggio che è pure documentato in alcuni punti del territorio berg. [33]. La confusione di genere si registra specialmente negli usi odierni della koinè, dove spesso l’agg. numerale masch. dü si accompagna a un sost. di genere femm., ad es. tra dü setimann ‘tra due settimane’, dü persónn che sa vö bén ‘due persone che si vogliono bene’, o ancora che düball! ‘che due pal- le!’, esclamazione di fastidio. un tale sfasamento e ana- loghe oscillazioni sono comunque già documentati agli inizi del novecento dai corrispondenti per il VsI, limi- tatamente però al sost. m. para ‘paio’ e a qualche altro sporadico caso, e talora nei composti con - mila ‘-mila’, che di regola richiedono la forma femm.: ad es. dó pair (broglio)/ düü (o du ) paiar (sementina)/ düü (o dó ) para (Pedrinate) da müdand ‘due paia di mutande’, or tré al mangia r dó ‘il tre mangia il due’ (Villa Lug.), dümila (Montagnola), doimila (Poschiavo) ‘duemila’. L’espressione quéll di düü ‘il secondo’ (par. 1.5.) ri- sponde a un sistema ormai decaduto, usato per espri- mere i numeri ordinali. – Quanto all’enigmatico düü d’agóst ‘testicoli’ (par. 3.1.13.), vari sono stati i tentativi di spiegazione, nessuno dei quali però pienamente con- vincente e assolutamente certo (v.  agost ) [34]. – Per quanto concerne i composti (par. 6.): il bellinz. antedóo (così come la locuz.inter. cavergn. anta da dó espri- mente rabbia, meraviglia), è una creazione scherz. di tipo eufemico per  antecrist ‘anticristo’, coniata sul modello di alcune formazioni nelle quali -crist è stato sostituito da un numerale o da altre parole di iconimo oscuro, per cui v. antedódes (con dódes ‘dodici’ indotto forse dalla reinterpretazione del cristogramma xPI?), antequatòrdes ‘anticristo, diavolo; inter. che esprime rabbia’ (soazza), anta da cricch ‘inter. che esprime rab- bia’ (Cavergno); – il sost. domái corrisponde all’univer- bazione del sintagma dó mai ‘due mani’, a motivo del fatto che questo tipo di coltello, usato per scortecciare o assottigliare, ha due impugnature alle estremità della lama e si utilizza con entrambe lemani; – la coniazione dell’appellativo düfranch nel senso irridente di ‘omo- sessuale’ risale, a detta di o. Lurati, agli anni sessanta del novecento; se ne ignora lamotivazione: essa è forse da ricercarsi in un gesto scurrile fatto con l’indice e il pollice riuniti ad anello [35], usato per indicare l’ano o i rapporti omosessuali, che può aver richiamato per dimensioni l’idea di una moneta da due franchi; – l’ai- rolese stürdi (fraz. nante) è stato spiegato da salvioni a partire da un anteriore * štüždi , var. con s- intensiva di tüždi (< tüč-düi ) ‘tutti e due’, per dissimilazione delle due cons. sibilanti š - ž > š - r [36]; tuttavia, l’esistenza

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