Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

139 EPIFANÍA EPIFANÍA In una leggenda raccolta a Torre si narra di una donna di Curterio che, attardatasi davanti al- la propria rocca la sera precedente l’Epifania, sente una voce minacciarla: tant crött e tant mört , tante le nocche, altrettanti i morti. La paura non la fa vacillare, al contrario: la donna riesce a de- viare la minaccia su altri esseri viventi: tant pörsc e galinn de Tur , tanti maiali e galline di Torre, che all’alba vengono trovati morti [94]. 4. Altri significati 4.1. A Verscio, pifania , fantoccio di paglia che si usa esporre alle finestre il giorno dell’Epifania. 4.2. Per estensione, a Cavigliano, piufanía par spaguraa i vulcéi , spauracchio per spaventare gli uccelli; – sempre a Cavigliano, faa una piufanía da nèu , fare un pupazzo di neve. 5. Derivati püfaniéta s.f. Giorno successivo all’Epifania (Vezio [95]). Fuori della Svizzera italiana, con lo stesso si- gnificato, la püfeniéta (Loggio Valsolda). Si è deciso di concentrare qui la documentazione etnografica e, in parte, anche linguistica relativa all’E- pifania per evitare di dover riproporre, sotto i numerosi lemmi via via coinvolti, trattazioni che si annunciano in forma tendenzialmente replicata. – La voce qui in esame fa capo all’it. epifania , a sua volta grecismo pas- sato al lat. eccl. EPIPHANīA ‘manifestazione della pre- senza d’una divinità’, in seguito ‘festa che, il 6 gennaio, commemora la visita deiMagi alla grotta di Betlemme’ [96]. Tra i numerosi esiti popolari del lat. EPIPHANīA [97] vi è innanzitutto il breg.  bavanía ; la questione della coesistenza di esiti semidotti ed esiti popolari non è sfuggita al Cherub., il quale segnalava che, nei dial. mil., pifanía e befanía valgono quali esiti «volgari» ri- spetto a epifanía [98]; similm., il corrisp. di Sonvico per il VSI notava che pefana e pifanía sono var. usate assai più comunemente rispetto a epifanía . Per la var. con l’attacco in pre- (Loco), cfr. i calabr. prefanía , a. prov. brefania [99]; l’attacco in pü- della var. di Vezio si deve al contatto della voc. i con la bilabiale precedente (cfr. i casi di pügnata ‘pignatta’, pütürá ‘pitturare’ ecc.) [100]. Invece per le var. pifania (Verscio) e pefana (Cimadera) si dovrà postulare, alla stregua degli it. befana , bol. pi- fagna , ven. pefània , cors. pivània , una forma del tipo EPIPHāNĭA ( epipháneia ), con posizione dell’accento uguale a quella delmodello greco [101]. Il term. epifanía si affianca inoltre a Pasquéta ‘piccola Pasqua’ e a de- nominazioni di tipo perifrastico quali dí di rè Magi ‘giorno dei re Magi’, dí / fèsta di tri rè ‘giorno/ festa dei tre Re’. I corrisp. del VSI sono consapevoli di questa va- riazione lessicale in quanto segnalano che si dice « la pifanía o pasquéta » (Brissago), « pefanía , pasqüéta , pefà- na » (Cimadera), « Epifania , si dice anche Pascquéta» (Minusio), «pifania, pasqueta, festa di re Mag i » (Aro- gno), « l’Epifanía , i rè magi » (S. Abbondio) [102]. Le ul- time due segnalazioni, in particolare, sono indicative del forte impatto del passo evangelico sull’immaginario popolare; il fenomenonon è isolato: anche nelle parlate fr.-prov., ossol., engad., nel sardo e nello spagn. l’Epi- fania vien detta festa/ dì dei re Magi , i re Magi , i (santi tre) Re [103]. La benedizione dell’acqua (par. 1.3.1.2.), celebrata ancora oggi dalle Chiese orientali per solennizzare la memoria del battesimo di Cristo nelle acque del Gior- dano, si riallaccia a un antico culto dei fiumi e delle sor- genti praticato in questa data [104]; secondo quest’uso pagano, di chiara valenza apotropaica, l’acqua attinta nei giorni del solstizio era dotata di speciali proprietà [105]. – A sua volta, la tradizione di benedire il sale o i bambini si rifà a precedenti ritualimagico-simbolici in- tesi a invocare benessere e fertilità [106]. – L’uso di trac- ciare con un gesso benedetto le lettere CMB sulla porta di casa quale segno benaugurante (par. 1.3.1.2.) è atte- stato, ad es., anche nel Grig. rom., inVal Gardena e nelle regioni di lingua tedesca in genere, dove le lettere CMB vengono talora interpretate come le iniziali dei nomi latini deiMagi: Caspar,Melchior eBalthasar [107]. Que- sta usanza, isolata nel panorama della Svizzera italiana (la si è riscontrata solo a Brissago), va attribuita alla pre- senza di residenti tedescofoni, piuttosto consistente nel borgo rivierasco di confine. I canti di questua registrati in Capriasca (par. 1.2.3., 1.2.5. e 1.3.2.2.) si lasciano ricondurre a due tipi: ai can - ti cosiddetti della Befana dell’alta Pieve (Lopagno, Og- gio e Bidogno) si oppongono quelli della Stella, in uso nei villaggi della media Capriasca (Vaglio, Cagiallo, Tesserete). I primi erano effettuati da giovanotti già ol- tre l’età scolare, i quali uscivano di sera, non in nume- ro fisso e non truccati, accompagnati da un suonatore; i giovani si fermavano sull’uscio di casa senza mai en- trare, intonando canti profani in forma dialettale [108] da interpretare come una reminiscenza degli an- tichi riti agrari che le comunità tradizionali di antico regime mettevano in scena nel periodo invernale per augurare fertilità, abbondanza e buona salute. Invece a Vaglio, Cagiallo e Tesserete la tradizione è portata avanti da gruppi di bambini in età scolastica che, tra- vestiti da re Magi, girano per il paese a gruppi di tre, entrano nelle case proponendo canti di argomento re- ligioso, in italiano [109]. Questi componimenti canori, diffusi in un arco geografico che va dal Ticino alla Slo- venia (oltre che in ampie zone dell’Europa centrale non riformata) [110], trovano un antecedente storico nella Nuova operetta spirituale di Giambattista Michi (1651-1690): una raccolta di canti (di cui 36 di impron- ta natalizio-epifanica) scaturiti sull’onda di un vasto movimento musicale-spirituale promosso dalla Con- troriforma, che mirava a togliere ai canti della Stella

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