Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

155 ERBÁ ÈRBA 3. Nel circolo di Airolo, notificare il proprio be- stiame, annunciare e utilizzare il proprio diritto di pascolo o d’alpe; all’inizio di ogni vestidüra , pe- riodo di sfruttamento degli alpi, gli allevatori an- nunciano all’amministrazione o all’assemblea pa- triziale se intendono usufruire del proprio diritto di mandare bestiame all’alpe [5]; «quènci vacch ti indérbat?» u vó dí quènci vacch ti mandat sül pa- scul patrizziál , «quante vacche aderbi?» significa quante vacche intendi mandare sul pascolo del patriziato (Airolo). 4. Credenze Inderbèe míe i vacch in vernedí, perchè i v burle , non mandate le vacche al pascolo per la prima volta in primavera di venerdì, perché si ammala- no (Breno). 5. Derivati sderbá v. Cessare di nutrire il bestiame con er- ba e ricominciare a dargli fieno (Grancia). Derivato di  èrba : nella maggior parte delle va- rianti si tratta di una formazione parasintetica con gli esiti dei pref. AD - (piuttosto che DE - [6]) e IN - di valore ingressivo [7]. Nel senso di ‘far pascere erba’ (par. 2.) il verbo trova riscontri già nei tosc. ant. aderbare ‘pa- scolare, pascere con erba’ e a. fr. aherber ‘mettere il be- stiame al pascolo’, ma anche in diversi dial. come il mil. inderbà , inerbà ‘pascere con erba, mettere all’erba le bestie’, il metaur. aderbé ‘id.’, l’agord. derbà ‘condur- re al pascolo’, friul. injerbà ‘id.’, nonché nel fr. anherber ‘mettere all’erba un puledro’ e, con ulteriore sviluppo semantico, nel rom. aderbar ‘nutrire’ (Ftan) [8]. B i b l.: C HERUB . 2.299, 5.91, M ONTI 72. [1] Ord.Dalpe e Prato 103. [2] R AVEGLIA 99. [3] DSI 6.33. [4] A NASTASIA , Diario 2.243. [5] B EFFA 23,156, L U - RATI , Bedretto 102. [6] P ELLEGRINI , AIVen. 106.262. [7] Cfr. DRG 1.97, FEW 4.407b, DELT 1.138. [8] TLIO s.v. aderbare , FEW 4.407b, S ALVIONI -F ARé , Postille 4109, C HERUB . 2.299, DRG 1.97. Genasci ÈRBA (rba) s.f. Erba. V a r.: érba , èrba ; arba (Biasca), érbe (circ. Ticino, Claro, Cavagnago, Chironico, Fescoggia), èrbe (Mede- glia, Robasacco, circ. Ticino, Sobrio, Gerra Gamb., Bi- ronico, Breno, Novaggio, Landarenca, Braggio). 1. Con valore collettivo, insieme di erbe e pian- te erbacee che crescono su pascoli o prati 1.1. Erba da pascolo La crescita dell’erba, principale foraggio del be- stiame, determina gli spostamenti dell’uomo sul territorio per condurre bovini, ovini e altri anima- li domestici al pascolo: u i vaséva tignila da ünt, l’érba, e maala èna d’in dèna t la vignía dré, in manéra e ti la maévat èna frésa, da mía lassala ní végia , bisognava tenerla da conto, l’erba, e farla mangiare anche man mano che cresceva, in modo che la facevi mangiare anche fresca, da non la- sciarla diventare vecchia (Airolo). Con l’arrivo del- la primavera, quando l’érba la pruísc , l’erba spunta (Bondo [1]), si parte verso i monti maggenghi e poi sugli alpeggi, dove per parecchi mesi il bestiame può consumare direttamente l’erba sul posto: quand i vacch i sént l’udóo da l’érba i vöö pi l fén , quando le vacche sentono l’odore dell’erba non vogliono più il fieno (Rovio), péna ch’u s podéva, i vaséum in Cógn, parché l Cógn l’éva l sid u piünda tamporív: ti i daséat un pò d fégn e péna ’u vegnéa fò l’érba, a tachévan a maè un pò d’érba , appena si poteva, andavamo in Cógn (n.l.), perché Cógn era il posto con l’erba più precoce: davi loro un po’ di fieno e appena spuntava l’erba, cominciavano a brucare un po’ d’erba (Airolo [2]); soprattutto in passato, quando la disponibilità di erba pro capite eraminore e non vi era la possibilità di acquistarla sotto forma di fieno da altri (come invece al giorno d’oggi), condizioni climatiche poco propizie pote- vano causare una stabulazione invernale troppo lunga e rivelarsi molto gravose per la pastorizia, come si leggeva sulla «Gazzetta di Lugano» del 14 luglio 1816 (anno nel quale si risentirono, anche in Europa, le conseguenze sul clima dell’eruzione del vulcano indonesiano Tambora): «nei paesi montuosi la neve non si scioglie, le alpi rimangono senz’ erba e il bestiame che fin dal mese di maggio doveva coprire quellemontagne è costretto a rima- nere nelle stalle e vi è nutrito con grave spesa» [3]. Affinché le mandrie possano godere dell’ érba intréa , erba intera: non pasciuta (Bedretto [4]), bi- sogna impedir loro che entrino a brucare nel ter- ritorio dell’alpeggio dai vicini monti maggenghi; si manda perciò l’aiutante del casaro par ürèr l’èrba , a curare l’erba (Stampa [5]): un óm l’è sgiá nacc in Managóu a curá l’èrbe, parchè cui ded la vall Bedrè a lascian ná int vuluntére i sò bés’c a pa- scurá in du néss alp man man ca taréne , un uomo è già andato a Manegorio [= n.l., alpeggio di pro- prietà di Sobrio, situato in Val Bedretto] a curare l’erba, perché gli abitanti della valle Bedretto la- sciano entrare volentieri le loro bestie a pascolare nel nostro alpe man mano che la neve si scioglie (Sobrio [6]). Al termine della stagione trascorsa all’alpe, con l’avvicinarsi del periodo di riposo vegetativo, si ritorna verso il paese: generalmént i scarga i alp para fin d’agóst, ma quést ann i tirará lá fin ara mitá da setémbru parchè gh’è s nmò dra bèl’èrba ,

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