Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana
156 ÈRBA ÈRBA generalmente scendono dagli alpeggi per la fine di agosto, ma quest’anno si tratterranno fino alla metà di settembre perché c’è su ancora della bella erba (Grancia). 1.2. Erba da fieno Nel frattempo, l’allevatore deve provvedere a rifornirsi di foraggio per l’inverno, ma anche per la primavera e per l’autunno, quando è necessa- rio integrare il pascolo del bestiame con il fieno, dato che l’erba non è sufficiente: l’érba i la maé- van sül pascul, parò i vaséva sémpru véi chi scòrt i; dòpu, magari un ènn u vigniva s na bèla érba e vía, e lóra magari ded fégn i n’évan bisgn un pò mèn , l’erba la mangiavano sul pascolo, però bi- sognava sempre avere quelle scorte; dopo, magari un anno cresceva una bella erba e allora magari di fieno ne avevano bisogno un po’ meno (Airo- lo). Mentre le vacche salgono verso i pascoli del- l’alpe, è dunque già necessario faa èrbe , fare erba: falciarla e raccoglierla (Sementina) e fá fén , fa- re fieno: falciare e raccogliere l’erba in vista della sua essiccazione per poterla conservare. Princi- pale fonte di approvvigionamento sono i prati, spesso rigorosamente separati dai pascoli: ili préi u vegnéa s l’érba e la vegnéa p seèda par fè fégn; ili pascui u i éva l’érba ’i pudéan maè i bés , nei prati cresceva l’erba che veniva poi falciata per fa- re fieno; invece nei pascoli c’era l’erba che pote- vano mangiare le bestie (Airolo). L’erba viene falciata di norma quando è matu- ra: a séghi miga parché l’érba l’é amó vèiga , non falcio perché l’erba è ancora immatura (Lodrino [7]); v. inoltre al par. 1.6. Una volta tagliata, deve seccare bene: i òman batan fò canvéi ünn dré l’èl- tar; lan mata spèndan l’érba; vèrs meżdí as vòlta e la séra, sa l fénn nu l’é sécch dal tütt, as fa s barlèn- gan , gli uomini falciano facendo un’andana dopo l’altra; le ragazze sparpagliano l’erba; verso mez- zogiorno la si gira e la sera, se il fieno non è com- pletamente essiccato, se ne fanno dei mucchi sul prato (Bondo [8]), spantiga l’érba che ò taiò, senò la surbi , spandi l’erba che ho tagliato, altrimenti fermenta (Camorino), ma l’é érba erbénte! , ma è tuttora erba!: non si può ancora portare nel fieni- le, non è seccata a sufficienza (Breg. [9]). A tale scopo, talvolta si sfrutta anche il calore riflesso dalle pietre, come alla Piodascia di Tegna, una roccia liscia su cui un tempo si usava collocare l’erba tagliata sui monti [10]. Lo sfalcio dell’erba avviene di norma in due momenti, ossia tramaggio e giugno (quando si ot- tiene il fieno di primo taglio o maggengo, partico- larmente pregiato) e alla fine di agosto (quando si ricava il fieno di secondo taglio o agostano); in settembre e ottobre vi è l’ultima fase di crescita dell’erba, di qualità inferiore rispetto alle due pre- cedenti che, a seconda delle località, viene fatta brucare direttamente sui pascoli oppure viene falciata e fatta consumare fresca (in tal caso è det- ta anche fieno di terzo taglio o terzuolo), come a Stabio, dove si provvedeva a fá èrba , falciare l’erba da far consumare fresca al bestiame [11]; v. inol- tre ai par. 1.6., 4.1.2. Soprattutto in passato, l’erba falciata nei prati non era sufficiente per la lunga stabulazione in- vernale e doveva perciò essere integrata conquella raccolta altrove: «na büsca de fén l’éva prezziósa» «... i fava ... tüta l’èrba nca n di ombriacc» «sí, da- partütt ..., i gh n’éva mía de sid ... ch’i gh’éva mía r’èrba da töi vía» , «una pagliuzza di fieno era pre- ziosa» «falciavano tutta l’erba anche sotto i casta- gni» «sì, dappertutto, non ce n’erano di posti dove non c’era erba da falciare» (Sala Capr. [12]). ACa- vergno, ad es., parte del foraggio era costituita dal- l’ èrba di imp , erba che cresce nei campi dopo il primo raccolto e che, strappata prima di una nuova semina, veniva fatta essiccare; così anche a Casta- segna, dove l’ érba da chèmp , erba che cresce tra le piante di patate, veniva usata quale foraggio per le pecore; a Giornico si andava invece a t érba di vign , prendere erba delle vigne, che cresce tra un filare e l’altro. Anche il fieno selvatico forniva un importante supplemento al foraggio [13]. Uno dei pochi luoghi risparmiati era il cimitero: a Grono, l’erba che vi cresceva veniva tagliata e bruciata in un cantuccio perché spuntata su suolo consacrato [14]. Considerata l’importanza dell’erba e le conse- guenze nefaste di una sua eventuale carenza, non stupisce di trovare ancorato negli statuti il divieto di falciarla in un terreno di proprietà altrui: «ne- suna persona ... ardisca ... tagliare o strepare herba d’altri» (Morbio Inf. 1590 [15]); potevano sorgere delle liti anche solamente per una piccola quantità di foraggio: «magari i tacava lit per un tochetín de prad» « ... chi che segava, i segava una segada im piú...»«...i dovévadagh indré tuta r’èrba» , «capitava che litigassero per un pezzettino di prato» «[se ca- pitava che] quelli che falciavano davano un colpo di falce in più...» «...dovevano restituire tutta l’er- ba» (Villa Lug. [16]). 1.3. Regolamentazioni per gli spostamenti Soprattutto in passato, la gestione dell’erba era regolamentata all’interno della comunità; era ne- cessario infatti garantirne la normale crescita per predisporre i terreni sia al pascolo, in vista della salita sugli alpi, sia allafienagione. La transumanza doveva perciò avvenire a tappe e secondo scadenze ben precise, stabilite dalla comunità: magari dal vintiquatru d giügn ... fign al prim lüi ... èumda naa a cüraa da lassaa mía passaa s ..., di mòdo che n
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