Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

159 ÈRBA ÈRBA prati vengono concimati: u rüss u s bütéa sémpru fò d’autgn, quand t’é finíd da seè, quand t’é finíd da trasè: iscí l’érba la vignéa s bégn l’ènn dòpu , il letame si spargeva sempre nei prati in autunno, quando hai finito di falciare, quando hai finito di far pascolare liberamente le bestie: così l’erba cre- sceva bene anche l’anno successivo (Airolo). Il corrispondente di Grancia per il VSI asserisce che bruciando i prati l’erba cresce più rigogliosa, ma che eventualmente si può anche lassá ca r’èrba la vaga víia da par lé , lasciare che l’erba se ne vada da sola; tale consuetudine si riflette anche nei suggerimenti fittizi che il prato rivolgerebbe al contadino esposti al par. 5.9. 1.6. Distinzione tra erba e fieno Di norma, il termine èrba è più generico ri- spetto a fén , che designa più precisamente l’erba dei prati, falciata e poi fatta essiccare per la sua conservazione: inc al fénn l’é sechè pòch, l’é ènch érba , oggi il fieno è seccato poco, è ancora erba: in una giornata nuvolosa (Bondo), «oggi fa nuolo [= è nuvolo] con aqua ed anche un poco di sole ma il fieno esendo [= è tuttora] erba » (Breno 1864 [34]). Talvolta però il discrimine non è così netto, poiché entrambi i termini sono validi per desi- gnare l’erba che dev’essere o che è appena stata falciata; il parlante seleziona l’uno piuttosto che l’altro a seconda dell’uso che verrà fatto dell’er- ba, ossia se verrà consumata fresca oppure fatta essiccare: r’èrba benava lassala vegní sú perchè gh’éva da ná a segala , l’erba bisognava lasciarla crescere perché bisognava andare a falciarla (Bi- dogno [35]), ma anche el fégn l’é madúr, l’é óra da seghèll , l’erba è matura, è ora di falciarla (Mesoc- co). La distinzione fra i due termini in base all’u- tilizzo che verrà fatto dell’erba emerge chiara- mente a Gravesano, dove fén viene impiegato per indicare l’erba dei primi due sfalci, falciata per essere essiccata, mentre èrba qualifica l’erba ri- cresciuta dopo l’ultimo sfalcio e destinata al pa- scolo; analogamente a Lugano, dove èrba indica l’erba sia del terzo sia del quarto sfalcio che viene consumata fresca dalle bovine. Talvolta, invece, si usa èrba per designare l’er- ba spuntata da poco, non ancora sufficientemen- te matura per essere falciata, in opposizione a fén impiegato per l’erba ormai matura, destinata a es- sere falciata ed essiccata: l’é mò érbe , è ancora er- ba: è in fiore, non ancora matura (Chironico), da primavéra al spunta l’èrba, da giügn as séga al fénn , in primavera spunta l’erba, in giugno si fal- cia l’erbamatura (Bondo); a Brusio, affinché il fie- no maggengo non perda le preziose sostanze lin- fatiche, lo si taglia di regola prima della completa maturazione, quando è ancora èrba [36]; cfr. al par. 4.2.4. 2. Altri significati 2.1. Con valore collettivo, nel Sopraceneri e a Poschiavo il termine può designare altresì il fieno di bosco o selvatico, ossia l’erba destinata allo sfal- cio e all’essiccazione che cresce sui terreni selvatici: a Gorduno, ad es., si distingue el hén , che cresce nei prati, dall’ èrbe , che si trova invece sui terreni incolti. Il fieno selvatico costituiva un’importante integrazione al fieno falciato nei prati: fè érba , fare fieno selvatico (Ludiano), andaa a l’èrba , andare al fieno selvatico: a tagliarlo e raccoglierlo (Bris- sago); all’inizio del Novecento, il corrispondente di Personico per il VSI segnalava ad es. che la sta- gione da érba , di raccolta del fieno selvatico, durava dal 20 di luglio (la data d’inizio era fissata con de- liberazione assembleare e doveva essere rispettata da tutti) fino a metà agosto, ma per coloro che di- sponevano di pochi prati poteva protrarsi fino a ottobre. 2.2. Con valore collettivo, a Rossa, èrba indica il fieno di primo taglio (ma il dato è forse da con- siderare con le sfumature di significato esposte al par. 1.6.). 2.3. Soprattutto con valore collettivo, erbaccia, erba inutile, nociva, infestante: tòo fòra l’èrba (Ca- vergno), strepaa l’èrba (Giubiasco), togliere/ strap- pare le erbacce, uno dei lavori da svolgere in pri- mavera per ripulire campi e orti ed evitare di danneggiare i coltivi. ACavagnago, ad es., toccava alle donne l’incombenza di strapè l’érbe , strappare l’erbaccia nei campi di segale per mezzo di una zappetta a due punte, consentendo così di arieg- giare il terreno indurito dall’inverno [37]. –V. inol- tre al par. 12. ( erbascia ). 2.4. Generalmente, il termine può indicare an- che una singola pianta erbacea: or crüm l’è n’èrba, l’è fai comè na bissa , il licopodio è una pianta er- bacea, è fatto come una biscia (Vaglio [38]), ra li- ciüga l’è na móstro d’un’èrba; la gira atórn ara bia- va e sa stènta a stüzzala , la veccia è una terribile erba che s’attorciglia agli steli della segale e che non si riesce a eliminare (Biasca [39]). 2.5. Soprattutto al plurale, erbe medicinali: fign i ètt i cugnúsc la virt da l’érb , perfino i gatti conoscono la virtù delle erbe (Cavergno), èrba ch’a la virt da faa sustaa l sangh , erba che ha la capa- cità di fermare il sangue: l’emorragia (Peccia), te la gh’é amò in cusina chèla cardénza piéna de pa- chitt de érb dela tò pòra mam? No véra spezziería de cá ...: chèsta l’è bóna per la tóss, chèsta per el maa de tèsta, chèsta per digirii , ce l’hai ancora in cucina quella credenza piena di pacchetti di erbe medi- cinali della tua povera mamma? Una vera farma- cia casalinga: questa va bene per la tosse, questa per il mal di testa, questa per digerire (Roveredo Grig. [40]); talvolta inunione conuno specificante:

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