Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana
131 EPIFANÍA EPIFANÍA Era opinione diffusa che non dare nulla ai que- stuanti portasse male: solo una fonte bellinzonese segnala che i ragazzi venivano talvolta cacciati in malomodo [12]; in generale va notato che sembra- no assenti, nella Svizzera italiana, le strofette di rimprovero rivolte a coloro che non hanno voluto dare nulla (presenti invece in altri canti di questua; cfr. bonamán , par. 1., carnevaa , par. 3.1.). Più spesso, però, questo rituale era affidato a bambini di età compresa fra gli otto e i quattordici anni, travestiti più o meno sfarzosamente da re Magi. La preparazione poteva già iniziare alcuni giorni prima della vigilia: am metéva s na man- telina négra o qui di guardie, verdón; per fá ra co- róna am ciapava or cartón ondülò e m ra fava fò- ra da lí , indossavamo una mantellina nera o di quelle delle guardie, verde scuro; per fare la coro- na prendevamo un cartone ondulato e la si rica- vava da lì (Tesserete). A S. Vittore, per il travesti- mento bastavano una semplice cotta rossa, un rocchetto e una mitra di carta dorata calcata sulla testa [13]. Per il ragazzo travestito da Baldassarre la metamorfosi terminava con il trucco, che veni- va applicato utilizzando la fuliggine delle pentole o un tappo di sughero annerito sul fuoco; in alter- nativa si ricorreva a un’infarinatura di polvere di cacao [14]. I questuanti portavano con sé accessori diversi rispetto a quelli dell’iconografia tradizionale: vün ar gh’éva sciá ra stéla, m bastón con tacád s na stéla de cartón pitürada in argént, na stéla cométa; vün ar gh’éva sciá un fil de fèr con lá n tolín, meté- vom dénta ora brasa e m pò de incéns …, e quél’altro al gh’éva sciá ra cassetina che l’éva r presépi , uno aveva con sé la stella, un bastone con attaccata una stella di cartone pitturata in argento, una stella cometa; uno aveva un filo di ferro con at- taccato un piccolo recipiente di latta, vi mette- vamo dentro la brace e un po’ d’incenso, e quel- l’altro portava il presepe contenente la cassetta per le offerte (Campestro [15]); stando a una te- stimonianza degli anni Cinquanta del Novecento, il presepe, pur nella sua semplicità (una capanna con alcune statuine di cartone incollate sul fondo e un rudimentale quanto ingegnoso impianto elet- trico per illuminare il Bambino), prendeva forma dopo una settimana di intenso lavoro (Tesserete [16]). L’incenso veniva acquistato in farmacia (Tesserete [17]) oppure procurato da un ragazzino che, qualche giorno prima, si alzava di buonora e si recava alla prima messa per farne richiesta al parroco; in alternativa, si mettevano a bruciare sul focolare delle famiglie ospitanti alcune foglie di alloro o di ginepro (Minusio [18]). Sempre in Capriasca, dove l’usanza non ha su- bito interruzioni [19], le visite si articolano anche in base a motivazioni di tipo sociale: si vanno a trovare determinate persone, soprattutto anzia- ne, perché particolarmente affezionate a questa consuetudine. I ragazzi entrano nelle case, into- nano «Noi siamo i tre Re», mostrano il presepe e incensano il locale. I cantori si spostano a piedi sebbene non sia raro, soprattutto in tempi recenti, vedere un genitore accompagnare in auto per un breve tratto i più piccoli: ògni tant a ga portava in gir anca un quai pá, soratütt per indá in di risto- rant fòra país e catá s un quai franch in pi , ogni tanto anche qualche papà ci portava in giro, so- prattutto per raggiungere i ristoranti fuori paese e raccogliere qualche franco in più (Vaglio). Il ri- cavato della questua viene devoluto in beneficen- za oppure diviso equamente fra i giovani cantori. 1.3. Usanze del giorno dell’Epifania 1.3.1. Pratiche riguardanti la sfera religiosa A pratiche liturgiche celebrate dal sacerdote rispondono non di rado, da parte dei fedeli, gesti di significato apotropaico. 1.3.1.1. È consuetudine che il celebrante, dopo la lettura del Vangelo in chiesa, renda nota la data in cui cadrà la solennità della Pasqua e, di conse- guenza, le date di tutte le altre feste mobili. 1.3.1.2. A Bioggio e a Fusio, dopo la funzione i fedeli potevano attingere l’acqua benedetta e por- tarla al proprio domicilio per l’uso quotidiano: ci si sarebbe fatti il segno della croce la sera, la si sa- Fig. 19. ABrissago, dove la comunità tedescofona è par- ticolarmente numerosa, si nota l’uso di contrassegnare l’ingresso della propria abitazione con le iniziali CMB, che valgono «Christusmansionembenedicat» (Incella, frazione di Brissago, 2020; fot. F. Marcacci).
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