Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

132 EPIFANÍA EPIFANÍA rebbe usata da mettere nei cibi o per bagnare il ra- metto di ulivo che si bruciava per scongiurare la grandine [20]. – A Leontica, ogni famiglia collo- cava una scodella di sale sulla balaustra dell’alta- re maggiore; il sale consacrato dopo la messa ve- niva somministrato nel corso dell’anno anche al bestiame. – ACorzoneso si segnala l’usanza di far benedire i bambini [21]. – A Brissago si riferisce l’uso di contrassegnare per mezzo di un gesso be- nedetto l’ingresso o l’architrave della porta d’en- trata della propria abitazione con le iniziali CMB (da interpretare come «Christus mansionem be- nedicat», Cristo benedica questa abitazione), a custodia e protezione per tutto l’anno dei compo- nenti della famiglia. – ARoveredo Grig., a conclu- sione della funzione religiosa il parroco lanciava monetine, secondo un uso altrimenti tipico del battesimo [22]. 1.3.1.3. AVezio il giorno dell’Epifania si teneva la festa della Confraternita della Madonna del Rosario, verosimilmente per consentire agli emi- granti, presenti in paese dopo aver concluso la stagione lavorativa, di partecipare alla vita comu- nitaria [23] (v. anche al par. 1.7.1.). – A Locarno si ha notizia di festeggiamenti che, nella chiesa di S. Maria in Selva, nella primametà dell’Ottocento si protraevano per tre giorni [24]. – Nel Malcan- tone di fine Cinquecento erano considerati festivi anche i giorni 7 e 8 gennaio: ne fanno fede gli atti delle visite del vescovo Archinti relativi al 1599, dove si notifica che nel villaggio di Sessa queste due ferie erano celebrate «non per voto, ma per abuso [= con intento scaramantico], perché han- no paura della saieta» [25]. – In alcune località del Sottoceneri, come Pura, Massagno, Pambio- Noranco, Ligornetto e Balerna, tra il 4 e il 6 gen- naio si tenevano le Quarantore, tre giorni di pre- ghiera in memoria della permanenza del corpo di Gesù nel sepolcro. A Ligornetto l’usanza si è mantenuta fino al 2007, per venir spostata in se- guito ai giorni immediatamente contigui al Cor- pus Domini. 1.3.2. Molte delle consuetudini descritte per la vigilia (par. 1.2.) si tenevano, con modalità e pro- tagonisti del tutto analoghi, la mattina del 6 gen- naio. 1.3.2.1. Nelle valli occidentali del Sopraceneri il giorno dell’Epifania si configurava quale data d’inizio del carnevale: una brigata di questuanti capeggiati, il più delle volte, da uno o più giovani vestiti da vecchie befane si aggirava per le strade a chiedere offerte per una cena in comune: ala Pi- fanía i va in calcavègia , per l’Epifania vanno di porta in porta chiedendo qualcosa (Vergeletto); cfr.  carnevaa , par. 3.1., v. inoltre  calcavegia , calcagiúvana . – A Brusio, nella discosta frazione di Cavaione, vigeva l’usanza di travestire un ra- gazzo con abiti e scarpe logori, un cappellaccio, una maschera, vecchie giacche sovrapposte e un paio di pantaloni sformati; così conciato, e con il nome rituale di sperluscéra , egli si accompagnava a un altro giovane per una questua fra le vie del paese [26]. 1.3.2.2. In Capriasca, in Val Colla e nell’Onser- none, gruppi di giovani di età compresa fra i di- ciotto e i venticinque anni si recavano in visita dalle ragazze, spesso offrendo loro anche una se- renata, in cambio di qualcosa di mangereccio che in seguito consumavano insieme [27]; i più giova- ni invece andavano a trovare qualche anziano pa- rente, sempre con l’intento di avanzare la tradi- zionale richiesta di un’offerta (Isone, Cavigliano). In altre regioni, come ad esempio in Valle di Ble- nio, i visitatori itineranti ricevevano un bicchieri- no di grappa quale anticipo sulle feste di carneva- le [28]. 1.3.2.3. Nelle immediate vicinanze di Locarno erano un tempo attive alcune comitive di uomini vestiti da re Magi, i quali, provenienti da Muralto o dai villaggi posti sulla collina, si dirigevano ver- so la città: percorrevano le strade di una contrada per poi entrare nelle case dove sapevano di essere attesi; terminato il giro, se il tempo lo consentiva si fermavano per dividere il bottino, consistente in una fetta di panettone, arance e qualche franco [29]. 1.3.3. Falò, cortei e cavalcate Alcune delle manifestazioni del giorno dell’E- pifania sono caratterizzate da una dimensione collettiva e dal fatto che si festeggiava in luoghi aperti, nelle piazze o sui sagrati. 1.3.3.1. Fuori della Svizzera italiana, a Vogo- gna, per l’Epifania si usava bruciare un fantoccio dopo averlo condotto per il paese al suono dei cor- ni. 1.3.3.2. Nel Moesano si tenevano cortei di di- mensioni contenute; aBuseno, negli anni Quaran- ta del Novecento una processione dei re Magi si snodava attorno alla chiesa dei SS. Pietro eAntonio abate; al ritorno il corteo non passava più per la via percorsa all’andata bensì sceglievaun itinerario diverso, in conformità con la Sacra Scrittura se- condo la quale i Magi «tornarono per un’altra via al loro paese» per non incontrare Erode [30]. An- che a Soazza unpiccolo corteo, capeggiato dai frati cappuccini e da tre uomini vestiti da re d’Oriente, usciva in processione attorno alla chiesa di S.Mar- tino iniziando dalla parte rivolta a sud dell’edificio e rientrando sul sagrato da nord, in base a un tra- gitto che era l’opposto rispetto a quello che si era soliti compiere durante le altre processioni [31]: quand che sèra pinina mí, che sèra sgióuna, um ve-

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