Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

190 éSCA éSCA rino per accendere il fuoco (Rossura). Una volta accesa, le si accostava del materiale combustibile (un ramoscello di ginestra, dell’erba secca, degli steli di canapa stigliata, degli sterpi, uno stecchi- no di legno con la punta intinta nello zolfo, uno stoppino di cotone imbevuto di zolfo fuso o fosfo- ro), che produceva una fiamma con la quale si ap- piccava il fuoco alla legna, si accendeva un lume, una lampada a petrolio o la pipa: col batt er azza- lini sura préda a s fava pizzá ra lisca e cora lisca pizza a s fava pizzá el zòfregh e col zòfregh a s piz- zava ra légna , battendo l’acciarino sulla pietra fo- caia si accendeva l’esca e con l’esca accesa si ac- cendeva lo zolfo e con lo zolfo si accendeva la legna (Cimadera). Dopo averla spenta, la si pote- va riutilizzare anche per parecchie volte. 1.2. A Soazza, per estensione, ésca , corteccia di betulla usata per avviare il fuoco. –AGiubiasco, ré- sca , pezzo di corteccia usato dai ragazzi per portare il fuoco benedetto nelle varie case, cfr. al par. 3. 1.3. Generalmente, anche lamateria infiamma- bile posta sulla pietra focaia e accesa con le scintille prodotte dall’acciarino, che trasmetteva il fuoco alla polvere da sparo nelle antiche armi da fuoco. 2. Paragoni L’è cumè na résca , è come un’esca (Viganello), l’è sécch cómo isca , è secco come esca (Augio): di legno altamente infiammabile, che arde immedia- tamente e bene, légna che brusa cumè ésca , legna che brucia come esca (Mesocco), … che la pizza có- me l’ésca , che prende fuoco come l’esca (Soazza); l’è tant cumè èsa , è come esca: di formaggio duro, magro, scadente, disgustoso (Cugnasco), mèrsc có- me lischi , marcio come esca (Gorduno); i curían cumè s’i gh’éssan agi un tòcch d’ésca pizza sóta la cúa , correvano come se avessero avuto un pezzo d’esca ardente sotto la coda (Poschiavo [3]); – l’é cumé chi da l’èsa , è come quelli dell’esca [= gli ambulanti che la vendevano]: è sciatto, stracciato nel vestire (Peccia). 3. Usanze Per la vigilia di Pasqua in Ticino vigeva la con- suetudine (in qualche località conservatasi ancora fino all’inizio degli anni Sessanta del Novecento) di procacciarsi un po’ di cenere o qualche tizzone del «fuoco santo», il falò che la mattina di quello stesso giorno veniva acceso, con la benedizione del parroco, sul piazzale davanti alla chiesa; questi residui venivano portati a casa e gettati nei focolari domestici a scopo apotropaico per scongiurarema- lattie, infortuni, incendi o la tanto temuta grandine. Il piùdelle volte a recare nelle case il «fuoco santo» erano i ragazzi, spesso utilizzando delle esche fun- gine infilzate lungo delle aste o unfilo di ferro; agi- tando e facendo roteare queste filze ardenti per te- nerle accese, giravano di casa in casa a offrire il fuoco benedetto, battendo il comburente sulla le- gna dei focolari e lasciandovi cadere dei pezzettini incandescenti o delle scintille. In cambio riceve- vano qualche spicciolo, noci o uova. Ad Arzo, in- vece, si depositava vicino al fuoco un sacco con- tenente le esche raccolte, perché fossero benedette; dopo di che i chierichetti andavano in giro per il paese a venderle allemassaie, le quali ne gettavano prontamente nel focolare un pezzetto non appena udivano i rintocchi delle campane sciolte, per poi correre a lavarsi gli occhi permondarli e preservarli da eventualimalattie. Altri pezzetti venivano con- servati per essere gettati nel fuoco, all’occorrenza, quando un membro della famiglia o una bestia si ammalava o per scongiurare una grandinata. 4. Locuzioni, modi di dire 4.1. Fóng da l’ésca , fungo dell’esca, poliporo che cresce sul tronco degli alberi, da cui si ricava- va l’esca per accendere il fuoco (Leontica, Calpio- gna, Palagnedra). 4.2. Dá ésca , dare esca: alimentare il fuoco (Soaz- za); – in senso fig.: daa èsca ai ròpp , fomentare le cose: daremotivo, pretestoperché succedano (Giu- biasco). 4.3. L’è pi l témp da l’èsca e l’aciarín! , non è più il tempo dell’esca e dell’acciarino!: sono mutati i tempi (Giubiasco). 5. Proverbi Cola préda, la résca e l’azzilín sa pizza ur fögh tütt i matinn , con la pietra focaia, l’esca e l’accia- rino si accende il fuoco tutte le mattine (Pura). 6. Derivati escatt (Brione Verz.), lascatt , lescatt (circ. Gior- nico) s.m. 1. Chi raccoglie i funghi destinati alla fabbricazione di esche per accendere il fuoco. – 2. Persona malvestita, straccione. esc , es s.m. Pezzo di legno di faggio marcio, usato permantenere la brace durante la notte (Co- mologno). lesón nella locuz.s. fóisg – , specie di fungo da cui si ricava l’esca per accendere il fuoco (Calpio- gna). Dal lat. ēSCA ( M ) ‘nutrimento, cibo; esca per pesci; esca, alimento per il fuoco’ [4]. – La var. arésca nasce dalla concrezione della vocale dell’articolo femm. la , rianalizzato popolarmente come articolo davanti a vo- cale. Le var. con l- sono forme con articolo concresciuto, quelle con r- si spiegano per dissimilazione di l- nella sequenza la lésca [5] oppure per rotacizzazione della laterale. – Per i significati sotto 1.2. cfr. il chiavenn. éšcä

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