Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

134 EPIFANÍA EPIFANÍA composta da cavalieri, paggi, profeti, pastori, rap- presentanti dei popoli, contadinelle ecc., già aveva assunto proporzioni di tutto rispetto [39]. Dal 1957 al 1967Mendrisioha seguito le orme della cittadina di confine; ispirandosi alle sontuose processioni locali di carattere religioso del Giovedì e Venerdì Santo, la sfilata ha avuto uno sviluppo particolare, sia per quanto riguarda la durata (circa due ore) e la partecipazione (almeno 10’000 spettatori), sia per l’impostazione: lodimostra ad es., nell’edizione del 1960, la presenza di «20 gruppi», di «300 figu- ranti» (araldi, pastori, soldati romani) e del carro della Natività [40]. Dagli anni Ottanta del Novecento le cavalcate hannoaspettoemodalitàpiùcontenuti: iMagi con- segnanounpiccolodono ai bambini e, su richiesta, si recano in visita agli ospiti delle case di riposo. 1.4. Doni 1.4.1. Da parte dei re Magi Dai doni (oro, incenso e mirra) dei Magi a Gesù proviene l’usanza di offrire un regalo ai più piccoli nel giorno dell’Epifania. Negli anni delle inchieste per il VSI, ossia attorno al 1910, il 6 gennaio veniva segnalato dai corrispondenti quale scadenza pri- vilegiata rispettoalNatale (v. Denedaa , 1.13.2.1.). Ancora negli anni Trenta del Novecento, le inchie- ste promosse dall’Atlante del folclore svizzero con- fermavano quest’uso, in particolare per il Ticino centrale e meridionale, per il Locarnese e la co- munità cattolica della Val Poschiavo [41]. Inoltre, sempre per quanto riguarda il Sottoceneri e la fa- scia mediana del Canton Ticino, erano tradizio- nalmente i reMagi aportare i doni ai bambini (men- tre nella Riviera, in Valle di Blenio e in Leventina, conformemente all’uso della Svizzera centrale, la figura apportatrice di doni eraGesùBambino) [42]: par Natál da regái a gh n’éva mía, i a purtava i rè Magi , per Natale di regali non ce n’erano, li por- tavano i re Magi (Caslano), l’évamía r Bambín che i ri portava i regali; i éva i rèMagi, perchè i m’a sém- pro dí che r Bambín l’è nassd pòvro , non era Gesù Bambino che li portava, i regali; erano i re Magi, perché a noi hanno sempre detto che il Bambino è nato povero (Cagiallo [43]). Gradatamente la scadenza del 25 dicembre prende il sopravvento (non a caso il corrisponden- te di Viganello annotava che «in molte famiglie i doni dei reMagi sono sostituiti dai regali del Bam- bino, nel giorno di Natale»), con qualche interes- sante distinzione: a Natál, i regái i éva püssée che altro ròba cumè vistii o giügátui, invéci par l’Epi- fanía sa ricevéva ròba damangiá: spagnulétt, man- darín, quai biscòtt , per Natale i regali erano più incentrati su cose come vestiti o giocattoli, mentre per l’Epifania si ricevevano cibarie quali arachidi, mandarini, qualche biscotto (Breganzona). Sempre stando alle inchieste promosse dall’A- tlante del folclore svizzero negli anni Trenta del Novecento, la consuetudine di ricevere un dono dalla Befana emerge nelle zone vicine al confine con l’Italia [44]; v. meglio al par. 1.4.3. In ogni caso i regali giungevano unicamente a patto di essere stati buoni durante l’anno: s’a tu fé ul catív, adíu rèMagi! , se fai il cattivo, addio reMa- gi! (Viganello), se tu sétt miga bón, i rè Magi i t pòr- ta domá carbón , se non fai il bravo, i re Magi ti porteranno solo carbone (Aranno). AMosogno, a coloro che non si erano comportati bene veniva recapitata una bacchetta di nocciolo a indicare che meritavano una punizione. Ai bambini veniva imposto di coricarsi presto in attesa dei re d’Oriente, non senza aver prima esposto il cavagnöö , canestrino (Rovio). La sera tardi gli adulti avrebbero provveduto a deporvi qualche dono, lasciando intendere che provenisse dai Magi: noci, nocciole, frutta essiccata, qualche spicciolo (Rovio), arachidi, un torrone, un paio di calzini, un fazzoletto (Mugena [45]), quaderni sco- lastici e qualchematita (RoveredoCapr. [46]), bam- bole di pezza confezionate alla meglio (Medeglia) e, nei casi di ristrettezze economiche pronunciate, perfino regali riciclati di anno in anno [47]. In al- ternativa, i doni potevano essere deposti inun vas- soietto, inuna ciotola, inuna berretta, inunpiatto, infilati in una calza o in una scarpa; a Minusio e a Brissago, la calza veniva appesa alla catena del focolare. A Borgnone, ancora nel 1967 i bambini potevano trovare appesa alla catena del focolare una corona di castagne lessate con la buccia, da loro ritenute le migliori in quanto benedette dai Magi. Già il Franscini, nel 1837, riferiva di questa usanza: «La sera precedente all’Epifania è aspet- tata con impazienza inmolte famiglie; perciocchè vi è l’uso di far esporre a’ figliuoli qualche canestro o bacile, e di riempierlo di frutta o dolci od altro e di dar loro ad intendere che sono donativi dei tre Re: in altri luoghi è San Nicolao che fa queste pas- sate» [48]. Nel Sottoceneri i bambini esponevano, oltre al cestino, anche un piatto con una manciata di sale e una ciotola di fieno per i cammelli che, dopo il lungo viaggio, necessitavano di ristoro. A Massa- gno, il capofamiglia si impegnava a spazzare da- vanti all’uscio di casa e a rimuovere le impurità dalla fontana affinché gli animali potessero disse- tarsi con acqua pulita [49]. AMugena, oltre al fie- no si era soliti lasciare un bicchiere di grappa per ritemprare i Magi intorpiditi dal freddo [50]. Diversi erano gli stratagemmi per distogliere i più piccoli dal desiderio di assistere di persona al- l’arrivo della carovana: ul pá al picava la pòrta in- tant che la mam la faséva finta da ná lá a vedé chi

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