Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

238 fAChÍN fACIL precocemente acquisito dalle parlate locali in seguito alle prefate vicende migratorie, essendone la figura estranea alla vita sociale ed economica tradizionale della Svizzera italiana. B i b l.: ChEruB. 2.83-85, MONtI, App. 36. [1] MOMBELLI, Proverbi 25. [2] quADrI, Scherpa 7. [3] Cfr. OrELLI, Seicento ritrovato 42-47; v. anche caravana. [4] GALLIzIA, Visite Archinti Loc. ms. 123. [5] SChINz, SvIt. 97,264. [6] frANSCINI, SvIt. 1.253-254. [7] Cfr. VICArI, DSI 4.43-46,52, DErOSSA, treterre 2.20-21, 13.49-53, 15.37-39, 58.52-53, Arte&Storia 14.262-281, OrELLI, Seicento ritrovato 25-32, Arte&Storia 14.240251, KESSLEr, BSSL 22.38-56. [8] Cfr. LOMAzzO, rabisch, ISELLA, Lombardia strav. 75-101. [9] Cfr. ChEruB. 2.84. [10] DELI2 553, PArENtI, LN 80.65-96. Moretti fachiná, -nada, -nón  fachín FACIA (fáča) s.f. Nascondino, rimpiattino (Lumino [1]). Sostantivazione dell’esclamaz. facia! ‘[te l’ho] fatta, ti ho fregato’, pronunciata toccando il luogo della conta quando il giocatore che cerca i compagni ne scova uno, oppure quando uno dei giocatori nascosti riesce a liberarsi ( fá1, par. 6.1.3.). B i b l.: [1] PrONzINI 56. Genasci FACIÁ(fačá) v. nella locuz.v. – vía, recidere con la falciola i ciuffi d’erba che la falce ha lasciato sul prato (rovio). Derivati faciò s.m. Avanzi, rimasugli di fieno rimasti sul prato (fescoggia, Breno). una locuz. simile si ritrova in Val Cavargna (faciá sú‘raccogliere i rimasugli’). È un continuatore del lat. *AffACtārE ‘preparare’ [1]; dal punto di vista semantico si dovrà partire dal concetto di ‘ripassare, ripulire’, affine a quello attestato in altri dial. romanzi di ‘acconciare, preparare; conciare le pelli’ (per cui cfr. anche  faitaae gli esempi ivi riportati); per significati più affini a faciá cfr. ad es. l’it.ant. af[a]itare ‘radere’, il lomb. ant. afaitare‘pulire’ e lo spagn. afeitar ‘tagliare la barba’ [2]. B i b l.: [1] rEW 253, fEW 24.244-256, LEI 1.12011206. [2] LEI 1.1204, COrOMINAS 1.46-47. Arigoni FACIL (fáčil) agg. e avv. facile, semplice. V a r.: facil; facel (Corticiasca, VColla), fascil (Lumino), fazzal (Gorduno), fazzil (Giornico, Soazza, Breg., Poschiavo), fècil (Largario, Olivone), fèzzal (Ludiano). 1. Aggettivo 1.1. Che si fa senza fatica, che non richiede alcuna dote o applicazione particolare, che non presenta difficoltà: dòpo … faum i articul da Natál da tacá sǘ sür l’albur …; ògni articul u gh’èva su fórma, gh’èra cüi facil e gh’èra cüi mèno facil, poi confezionavamo gli articoli di Natale da appendere sull’albero; ogni articolo aveva la sua forma, ce n’erano di quelli facili e di quelli meno facili (Aquila [1]), cünt facil, ch’a s fa sui did, calcolo semplice, che si fa sulle dita (Intragna), nu l’è mía tant üna canzún fácila, non è proprio una canzone facile (SopraP. [2]), strada fácila, strada che si percorre agevolmente (Camignolo), légn facil da lavorá, legno comodo da lavorare (Cimadera). – In unione con sostantivi deverbali figura solo nelle espressioni da fácila cöcia (Astano)/cotüra (generalm.), di facile cottura: che si cuoce presto e senza difficoltà. – In funzione di predicato: l’è püssée facil a inténdes cui zücöö che cu sti mézz pisöö da sti grí, è più facile intendersi coi tedeschi che con queste mezze pere [= sciocchi] di grilli [= italiani] (Bedigliora [3]), vedé i difétt dagli altri l’é facil, cumè l’é facil gavé trópp stima da si stéss, vedere i difetti altrui è facile, come è facile avere troppa stima di se stessi (Poschiavo [4]), e pöö l’éva mía inscí facil per on frá frequentá ona cá condéntana quai dòna, e poi non era così ovvio per un frate frequentare una casa abitata da qualche donna (SalaCapr. [5]). 1.2. Con sensi particolari 1.2.1. Propenso, incline: ómcrüdél, facil amazzá, uomo crudele, che non ci pensa due volte a uccidere (Arogno), facil a comòves, facile a commuoversi (Brissago), facil dabóca, pronto di bocca: lesto a giudicare (Stabio). 1.2.2. Affabile, trattabile, condiscendente, tollerante: l’èmía facil quèll il, non è facile quel tizio (Semione). 1.2.3. Sciolto, spedito: végh laparòla fácila, avere la parola facile (Pedrinate), véss da paròla fácila, essere di parola facile (torricella-taverne), véss facil a parlè, essere sciolto a parlare: avere facilità di parola, parlare con scioltezza, anche essere troppo loquace, poco discreto nel parlare (Giornico). 1.2.4. A Bosco Lug., beffardo: dell’espressione del volto. 1.2.5. Come predicato di una proposizione soggettiva introdotta dalla congiunzione che, esprime possibilità, probabilità che un fatto si verifichi: l’è fèzzal ch’u végnia a fiuchè dumán, è facile che venga a nevicare domani (Ludiano), s’a s ciapèva

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