Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana

239 fACIL fACòCIA r’èqua tröpa buiénta, l’éra fècil ca gh cuséva ul péir adöss, u gniva vía piǘ, se si usava l’acqua troppo calda, era possibile che gli cuocessero le setole addosso, non venivano più via: nello spelare il maiale ucciso (Olivone [6]); l’é piǘ facil ca ün bapp mantégna dódasg fènc, chi dódasg fènc ün bapp, è più facile che un padre mantenga dodici figli, che dodici figli un padre (Soglio [7]). 2. Avverbio L’è vum ch’o s’adóna facil, è uno che si insospettisce facilmente (Mergoscia), la bèola l’è l nöss sass da Valmagia, ch’a sa spiòda facil, la beola è il nostro sasso della Valmaggia, che si sfalda agevolmente (Gordevio), el cagái el faséva stremí pissé facil che una bissa, l’orbettino spaventava più che una biscia (Soazza). – In costrutti nominali, nel senso di ‘probabilmente’: fèzzal ch’u vègn indrè saba matina, molto probabile che torni sabato mattina (Ludiano). 3. Derivati facilézzas.f. facilità (SopraP. [8]). facilitá; fascilitá (Lumino), fazzilitá (Linescio) s.f. 1. facilità. – 2. Disposizione, prontezza, capacità; tendenza, inclinazione. perfacil (Montecarasso, Brissago) avv. facilmente. Ròpp che s rómp perfacil, cose che si rompono facilmente (Brissago), ròba che brüsa perfacil, cosa che brucia facilmente (Montecarasso). It. facile, con il suo deriv. facilità[9]. Le var. del tipo fazzil saranno di importazione e si ricollegano probabilm. a qualche flusso migratorio che le località interessate hanno conosciuto inpassato versoMilano, dove il passaggio di -c- davanti a voc. pal. ad affricata sorda (-z-) è attestato soprattutto inparole di provenienza letteraria, cfr. imil. dezzíd‘decidere’, luzzid‘lucido’, rezzév ‘ricevere’, prozzèss‘processo’ [10]. – Il derivato perfacil (par. 3.) riflette forse l’avv. lat. PErfăCILE ‘molto facilmente’ [11], tramandatosi per canali semidotti. B i b l.: ChEruB. 2.85,98. [1] DOSI 1.142.36. [2] GIACOMEttI 91. [3] ALBErtI, Paul eGhita 25. [4] GODENzI-CrAMErI 27. [5] DOSI 5.72. [6] DOSI 3.135. [7] GIOVANOLI, Alm.Grig. 1978.160. [8] GIACOMEttI 91. [9] SALVIONI-fAré, Postille 3131a, DEI 2.1580, DELI2554, DVt363,375, DELt1.1099, DEV312, EWD 3.214-215. [10] SALVIONI, ID 38.20, Scritti 1.345, SANGA, Dial.lomb. 162-163. [11] thLL 10.1.1348-1349. Galfetti facilézza, -litá  facil faciò  faciá faciòtt  fascia FACITÓR (fačitr) s.m. 1. fattore, amministratore di un’azienda (Verscio, Cavigliano). – 2. Capotecnico (Intragna). – 3. tutore, incaricato della tutela (Cavigliano). Si tratta del toscanismo facitore ‘fattore’, oggi considerato disusato [1], introdotto verosimilmente dalla corrente migratoria che muoveva da questi villaggi verso la toscana (v. ad es.  buzz, caff). B i b l.: [1] BAttAGLIA5.568, DEMAurO2.1009. Genasci FACÒCIA (fakča) s.f. tasca. V a r.: facòcia(Leontica), facògia(Aquila). 1. A Leontica, tasca di un vestito. 2. Ad Aquila, con il termine facócc (al plurale) si indicava una sorta di bisaccia composta da due sacchetti di tela appaiati, congiunti alle rispettive imboccature da bretelle che si infilavano al collo, facendo scendere un sacchetto lungo la schiena e l’altro lungo il petto e l’addome, e che si utilizzavano per trasportare castagne, noci o provviste. I ragazzi la usavano per la questua di capodanno ( bonamán): a gh’èum i facócc, anga …; l’è cuma s’u föss una pianéida di prèvad …; i s metèa sgiǘ iscí: e dumè i èra sachètt - èco - che rivava fin sótt a mèza víita …, vün nas e vün drè. E ra tèsta la restava drènta sti dói sachètt … Dòpo s manzèva a mpiení quèll nas, e pǘ s vultava e metèum quèll piín lá d drè, e pǘ impieníum r’âltra, avevamo la bisaccia, pure; è come se fosse una pianeta dei preti; si metteva addosso così: però erano solo sacchetti, nevvero, che scendevano fin sotto la vita, uno davanti e uno dietro. E la testa restava fra questi due sacchetti. Dopo si cominciava a riempire quello davanti, poi lo si girava e spostavamo quello pieno dietro e riempivamo l’altro [1]. 3. toponomastica I Facòcc, rilievi prativi magri (Ghirone [2]). Considerati i frequenti rapporti intercorsi in passato tra la Sopraselva e la Valle di Blenio, si vedrà nella voce un prestito dal sopras. fagotscha‘sacchetto per la semina; sacco (portato intorno alle spalle) per la raccolta delle radici di genziana’, che il DrG interpreta come risultato dell’incontro di fagot ‘fagotto, fardello’ con sacotscha‘improvvisato sacco da trasporto’ [3]. La presenza della consonante velare sorda rispetto all’originaria sonora, così come il significato di ‘tasca di un vestito’, che il corrispondente di Leontica attesta essere limitato all’uso individuale di qualche «zotico»,

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