Centro di dialettologia e di etnografia

Gh’ém metǘd dü dí a ná a Ginévra , mia madre mi ha accompagnato fin quasi a Cavigliano; ho preso il treno da Ponte Brolla a Locarno, da Locarno abbiamo prose- guito in ferrovia fino a Ginevra, ma era la ferrovia in tempo di guerra, era appena finita la guerra, non c’era- no treni diretti, c’erano i treni omnibus. Abbiamo im- piegato due giorni per andare a Ginevra (Loco 5 ). In quegli stessi anni lo scrittore ticinese Ulisse Pocobelli ha descritto in una poesia il momento della partenza degli emigranti, e lo ambienta proprio in una stazione ferroviaria, mettendone in risalto l’aspetto emoziona- le: a riva l trén: dòpo i ültim basín, i ültim salǘd (e cér- can da fass fórt) ai mam, ai spós, sorèll e fiöö pinín, lór montan comè vün ca va ala mórt; un cifol, p nmò vün, ul trén al va, córan al fineströö par salüdá , arriva il tre- no: dopo gli ultimi baci gli ultimi saluti (e cercano di farsi forti) alle mamme, alle spose, sorelle e figli picco- li, loro salgono come qualcuno che vada alla morte; un fischio, poi ancora uno, il treno parte, corrono al fine- strino per salutare (Melide 6 ). Anche dopo la seconda guerra mondiale era la ferrovia che portava all’estero gruppi o famiglie, come nel caso di questa giovane don- na partita dalla Val Colla con lamadre e due sorelle per ricongiungersi col padre inAmerica: prima sém nai fin a París col tréno, dòpo m a ciapá la nave Queen Elisa- Ferovía 11 Binari provvisori in Piazza Grande, Locarno 1907

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