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«Un altro sguardo» - Marina Carobbio Guscetti

24.11.2018

la Regione, 24 novembre 2018 di Stefano Guerra

L’ottavo ticinese ad assumere la carica di presidente del Consiglio nazionale è una donna. La seconda, dieci anni dopo Chiara Simoneschi-Cortesi. Da lunedì la socialista Marina Carobbio Guscetti metterà temporaneamente la sordina alla militanza partitica. Per un anno si dedicherà alle istituzioni. Convinta della loro ‘forza’, che risiede ‘nella capacità di essere vicine ai cittadini’.

Marina Carobbio Guscetti, è pronto il discorso per lunedì?
Quasi. Poi ne dovrò fare altri due, mercoledì a Bellinzona: quello per la cena praticamente è pronto, l’altro [per la cerimonia al Teatro Sociale, ndr] non ancora. Avrò la versione definitiva di tutti i discorsi solo all’ultimo momento, in modo da integrare qualche spunto di attualità.


Cosa dirà lunedì pomeriggio davanti al Consiglio nazionale?
Parlerò di come penso di condurre al meglio i lavori parlamentari, garantendo il rispetto delle posizioni di tutti. Mi concentrerò poi su due aspetti: la necessità di avere una maggiore presenza delle donne in politica; e il plurilinguismo, quale chiave per una migliore comprensione fra le diverse culture costitutive della Svizzera.

Dieci anni fa, pochi giorni prima di essere eletta presidente del Nazionale, Chiara Simoneschi-Cortesi – ultima ticinese a ricoprire questa carica – ci confidava di sentirsi ‘serena e tranquilla’ e ‘pronta, professionalmente e psicologicamente’. Lei come si sente?
Serena, anch’io. E pronta, anche se non lo si è mai abbastanza. Nei prossimi giorni mi preparerò ancora sui vari oggetti all’ordine del giorno: perché, passata l’elezione, bisogna subito dirigere i lavori. Posso contare su un grande sostegno da parte dei Servizi del Parlamento, e ciò è molto importante. Un po’ di... come dire, non di nervosismo, ma di emozione, questo sì: fino a poco tempo fa il momento sembrava lontano, oggi mi rendo conto che mancano pochi giorni.

Quale sarà la cosa più difficile?
Dovrò ascoltare tutto ciò che si dice. La maggioranza dei deputati parlerà in tedesco, una parte di loro in francese e altri ancora in italiano, qualcuno magari in romancio. Bisognerà capire le nuance, le sfumature nelle varie lingue, per evitare che qualcuno superi il limite e per fare in modo che si resti all’interno di una cornice di rispetto delle opinioni altrui e delle istituzioni.

Non la spaventa la mole di lavoro?
No. Anche perché ho preso la decisione di dedicarvi gran parte del mio tempo: da agosto ho sospeso la mia attività di medico, che avevo già ridotto mesi prima, sino alla fine del 2019. Me ne sono ben resa conto quest’anno, da prima vicepresidente: quella di presidente del Nazionale è un’attività a tempo pieno. Bisogna preparare e condurre i dibattiti durante le sessioni, ma anche presenziare tanti incontri ufficiali di rappresentanza, oppure con la popolazione, con associazioni, enti e così via. Tengo molto al contatto tra politici e popolazione, indispensabile per evitare uno scollamento della politica dalla realtà.

La sua elezione è scontata. Ma i voti ottenuti sono un indicatore di quanto uno sia apprezzato sotto la cupola di Palazzo federale. Se la sente di fare un pronostico?
No. Forse qualcuno non mi voterà, ma questo fa parte del normale gioco politico. Va bene così.

Ha dei nemici, politicamente parlando?
Sono una persona che ha sempre assunto posizioni chiare. So che non posso piacere a tutti. E d’altronde penso che piacere a tutti non sia nemmeno l’aspirazione che un politico deve avere. Un politico deve avere come obiettivo quello di difendere le proprie idee, deve portare avanti delle proposte e trovare delle soluzioni.

Chiara Simoneschi-Cortesi nel 2008 smise di fare politica attiva, dedicandosi appieno alla presidenza del Consiglio nazionale. Lei però è membro di un partito, il Ps, che tiene in gran conto la militanza attiva; oltretutto, entriamo in un anno elettorale. Come si comporterà?
Quando, due anni fa, sono stata scelta dal mio gruppo per la vicepresidenza del Nazionale, ho subito voluto chiarire che il lavoro andava suddiviso fra tutti i membri. Perciò alla fine dello scorso anno ho rinunciato alla Commissione delle finanze, e di conseguenza anche alla Delegazione delle finanze. In pratica sono passata da tre a una commissione.

... la Commissione della sicurezza sociale e della sanità. Continuerà ad essere attiva in questo gremio?
Sì. Parteciperò alle discussioni e se necessario dirò qual è la mia posizione. Quando non potrò esserci, per impegni legati alla presidenza, ci sarà comunque il mio sostituto. Nel plenum, invece, ovviamente non prenderò parte ai dibattiti, né presenterò atti parlamentari. Ma quando mi si chiederà un parere su un determinato tema, non mancherò di esprimerlo, compatibilmente con il ruolo che ricopro.

Mettere la sordina all’impegno politico, alla militanza partitica, per dedicarsi quasi completamente alla carica istituzionale: non si corre il rischio di vedere la passione politica raffreddarsi?
Non penso proprio: la passione rimane. Sono entrata nel 1991 in Gran Consiglio, dopo aver militato in associazioni e nel movimento studentesco. Oggi continuo ad essere attiva in molte organizzazioni soprattutto a carattere sociale e umanitario; lo reputo importante per capire i problemi che toccano la popolazione. Dopo così tanti anni di impegno politico, ricoprire la carica di presidente del Consiglio nazionale per me è interessante: mi permette un altro sguardo, restando per una volta al di fuori dei classici scontri tra partiti. Credo nella forza delle nostre istituzioni, e sono convinta della loro capacità di essere vicine ai cittadini. Per questo accetto spesso e volentieri inviti che mi giungono da associazioni, enti e altre istanze.
Tra una decina di giorni le toccherà dirigere i lavori per l’elezione di due nuovi consiglieri federali. Il battesimo del fuoco...
Gli scenari sono diversi, perché si tratta di un doppio rinnovo del Consiglio federale, per giunta con quattro candidati; è probabile che ci siano più turni. Nei prossimi giorni, con i Servizi del Parlamento e con il futuro presidente del Consiglio degli Stati [Jean-René Fournier, Ppd/Vs], che il 5 dicembre mi assisterà, valuteremo le diverse possibilità e ci prepareremo a ognuna di esse. Ma nella sessione invernale non ci sarà solo questo. Da affrontare avremo il preventivo della Confederazione – sul tavolo vi sono circa 50 emendamenti: i dibattiti dureranno giorni –, le mozioni riguardanti il controverso Patto Onu sulla migrazione, le proposte per aumentare le franchigie di cassa malati e parecchio altro, come l’iniziativa popolare per alloggi accessibili, di cui sono prima firmataria ma sulla quale – nel mio nuovo ruolo – non potrò intervenire.

Torniamo a Chiara Simoneschi-Cortesi: d’intesa con i Servizi del Parlamento, rinunciò a condurre i lavori in italiano per non rallentarli troppo, limitandosi a introdurre i dibattiti nella sua lingua madre. Lei cosa farà?
È stata una delle prime cose di cui ho discusso con i Servizi del Parlamento quando sono diventata vicepresidente. In occasioni particolari, come il discorso di lunedì, mi esprimerò anche in francese e in tedesco. Ma i lavori veri e propri li dirigerò sempre in italiano. Ho avuto una grande disponibilità in questo senso da parte dei Servizi del Parlamento, dove tante persone – a partire dal Segretario generale e i suoi collaboratori – parlano molto bene la nostra lingua. Mi aiutano, preparando documenti in italiano sui quali mi baserò per condurre i lavori. Non va dimenticato poi che tra i parlamentari [che potranno comunque beneficiare della traduzione simultanea, ndr] sono in molti a capire l’italiano, anche se non tutti osano parlarlo. Bisogna dire che in quest’ultimo decennio, anche grazie alle insistenze della Deputazione ticinese, c’è stata un’evoluzione: oggi si è più consapevoli dell’importanza della terza lingua nazionale.

Al Consiglio nazionale i deputati vanno e vengono dall’aula, spesso sono disattenti o chiassosi e devono essere richiamati all’ordine. Come pensa di gestire la situazione?
Molto dipende dall’autorevolezza del presidente. Quanto fa adesso Dominique de Buman [Ppd/Fr, attuale presidente del Nazionale] è interessante: quando il rumore diventa eccessivo, smette di parlare per dieci, venti, trenta secondi. E l’attenzione dei deputati solitamente ritorna.

Farà un uso moderato della campanella, dunque.
A volte anche lui la suona. Come ho fatto anch’io quest’anno, quando mi è capitato di sostituirlo. Ma se non la si scuote con un certo vigore, non è molto efficace. Ad ogni modo, ho notato che quando parlo in italiano l’attenzione è maggiore.

Una donna presidente del Nazionale, per di più in un anno elettorale: spronerà le donne a candidarsi alle ‘federali’?
La carica di presidente del Nazionale dà grande visibilità e favorisce il contatto con la popolazione. Si è invitati spesso a prendere la parola, a portare il saluto a varie associazioni. Vedere una donna in politica che ha portato avanti la sua vita professionale e familiare, potrebbe essere – lo spero – uno stimolo per le donne. Ci sono poi dei progetti specifici di cui mi occuperò: già durante questa sessione, ad esempio, apriremo una pagina web dedicata alle donne in Parlamento. Man mano vi si potranno leggere ad esempio le testimonianze di donne oggi attive in politica, di giovani mamme che siedono al Consiglio nazionale, conoscere la storia delle prime donne elette in Parlamento a Berna, capire come la loro presenza – ma anche quella di certi uomini – abbia portato alla concretizzazione di progetti come l’assicurazione maternità. Nell’arco del 2019, inoltre, vi saranno dei momenti di riflessione: uno di questi ruoterà attorno all’8 marzo, festa delle donne. L’idea è che tutti questi progetti proseguano oltre il mio anno presidenziale, anche perché a succedermi sarà un’altra donna [Isabelle Moret, Plr/Vd].

Presidente del Consiglio nazionale: l’apice della sua carriera politica, oppure un trampolino verso il Consiglio degli Stati o, nel 2023, il Consiglio di Stato?
Intanto i delegati del partito mi hanno concesso la deroga che mi permette di candidarmi nuovamente alle elezioni federali del prossimo anno. Sarà in ogni caso l’ultima legislatura in Consiglio nazionale:dopo toccherà giustamente a qualcun altro. Il nostro obiettivo è di riconquistare il secondo seggio alla Camera del popolo [perso nel 2011, ndr], cosa che ritengo possibile. La candidatura al Consiglio degli Stati è una possibilità, ma toccherà alla base del partito deciderlo. Per l’area rosso-verde, che auspico unita alle elezioni federali in modo da contrastare la destra, potrebbe essere interessante avere una donna in questo ruolo.

E nel 2023, per il Consiglio di Stato?
Io avrò 57 anni... Non si può mai dire mai in politica, ma spero vivamente che si facciano avanti i giovani. Un ricambio ci vuole.

Autori

Marina Carobbio Guscetti

Marina Carobbio Guscetti