Vai al contenuto principale Vai alla ricerca

Managed care, il popolo dovrà decidere su un progetto che ha portato a grandi discussioni il Parlamento

04.06.2012

Le reti che non piacciono ai medici In: La Regione, 31 maggio 2012

Si parla di modelli 'Managed care' quando i fornitori di prestazioni - ad esempio i medici di famiglia o specialisti - si uniscono e coordinano le cure mediche. Gli assicurati in questo sistema rinunciano, principalmente, alla libera scelta del medico, ma devono affidarsi al loro medico di famiglia. Il medico di famiglia invia il paziente allo specialista adeguato dopo una scelta effettuata di comune accordo con il paziente stesso. Lo specialista non è quasi mai nella rete. Lo stesso specialista accoglie pazienti da più reti. Se un paziente è in cura da uno specialista da anni, continuerà la cura dallo stesso specialista, nell'interesse dei pazienti e quindi della rete. I sostenitori del modello garantiscono una maggiore efficienza e una migliore qualità dei trattamenti, il tutto unito a un abbassamento dei costi. Stando però a uno studio voluto dall'azienda di consulenza PricewaterhouseCoopers (PwC) lo scorso anno, allorquando la discussione sulle reti di cura integrate era sotto i riflettori del Parlamento, e realizzato dall'istituto di sondaggi gfs.bern, il 57% degli svizzeri non si voleva assicurare con un modello "Managed care'.

Il progetto, in corso di sviluppo da diversi anni, ha incontrato parecchi ostacoli sulla via della sua concretizzazione durante il dibattito parlamentare. Tanto che la proposta scaturita dopo infiniti batti e ribatti tra le due Camere è stata avversata da numerose associazioni, da alcuni partiti politici e soprattutto dalla Federazione dei medici svizzeri che, dopo consultazione interna, ha deciso di avviare la raccolta di firme per ostacolare, con un referendum, l'entrata in vigore del progetto.

Vi sono però, va ricordato, numerose associazioni di consumatori e di pazienti, nonché l'associazione nazionale dei medici di famiglia e quella dei farmacisti, che a livello nazionale sostengono la proposta in consultazione.

In occasione del dibattito parlamentare dello scorso anno, ricordiamo, Nazionale e Stati si sono ripassati più e più volte la palla tanto che per giungere a una soluzione condivisa è stato necessario fare capo alla Conferenza di conciliazione. Uno dei punti controversi riguardava l'incentivo finanziario per spingere gli assicurati a scegliere il sistema in questione. Il Nazionale voleva che solo le persone affiliate alla rete di cure integrate continuassero a pagare una quota parte del 10%. Per coloro che non aderirebbero al sistema, la quota da pagare salirebbe al 20%. Il Consiglio degli Stati aveva optato per altri tassi: la percentuale per chi rifiuta di aderire al 'Managed care' salirebbe "solamente" al 15%, mentre per gli altri scenderebbe al 7,5%. Come accennato, alla fine senatori e deputati erano riusciti a trovare un accordo minimo che prevede una quota parte da 0 a 10% (variabile a seconda delle reti), plafonati a 500 franchi. Per coloro che sono fuori rete la quota è del 15%(fissa, plafonata a 1'000 franchi).

La soluzione, adottata prima dagli Stati e poi dal Nazionale, salvaguardava alcuni principi importanti che permettono di raggiungere lo scopo della riforma il quale è stato sin dall'inizio legato all'esigenza di una razionalizzazione del sistema di cure senza comprometterne la qualità. Il primo è che se il progetto di legge prevede, appunto, la creazione del sistema delle reti di cure è comunque garantita l'indipendenza dei medici secondo il principio del 'chi cura cura, chi paga, paga'. Come dire che gli assicuratori non potranno organizzare reti sotto la loro diretta responsabilità. Le casse malati che hanno creato reti sottoposte al loro controllo le dovranno quindi sciogliere. Lunghe discussioni si sono poi avute sulle quote di partecipazione alle spese da parte dei pazienti. L'accordo raggiunto risponde agli obiettivi della riforma. Dà degli incentivi a chi opta per il 'Managed care' senza provocare, secondo i calcoli che sono stati fatti, un aumento dei premi delle casse malati, rischio presente se la quota partecipativa di chi sceglie una rete fosse più bassa. Come detto il progetto era piaciuto all'inizio, ma poi è stato rifiutato, in particolar modo per la partecipazione ai costi differenziata e per il mancato obbligo degli assicuratori di offrire reti di cura su tutto il territorio nazionale. D'altro canto l'introduzione della 'separazione dei poteri' tra casse malati e medici non permette di offrire alle casse malati una rete se i medici non vogliono.

Pur non facendosi promotrice della raccolta di firme, la Sinistra ha dato il suo sostegno alla FMH, che, entro i termini di legge, ha raccolto oltre 130mila firme per portare il progetto davanti al popolo. Particolarmente attivi sono stati i medici specialisti che hanno contribuito alla raccolta dell'80 per cento delle sottoscrizioni.



Ignazio Cassis: sì alla legge perché la riforma è necessaria.

Ignazio Cassis è colui che più di altri ha seguito il dossier di cui è stato relatore al Nazionale. Il referendum va quindi respinto. Cassis motiva così la sua posizione.

«Preciso innanzitutto che la riforma della LAMal si impone almeno per due questioni: il contenimento della spesa e la qualità delle cure. Se tutto andasse per il verso giusto nella sanità svizzera, come sembrerebbero sostenere gli oppositori al progetto, una modifica di legge non sarebbe stata necessaria. E invece le cose non mi sembrano stare proprio così. Ecco perché la revisione, le cui discussioni sono iniziate parecchi anni fa, si rende necessaria per risolvere i due problemi che ho menzionato in precedenza».

Il Managed care («termine bruttissimo e per altro molto generale») può contribuire a contenere i premi di cassa malati? «Certo. E con questo progetto abbiamo dato, perlomeno la maggioranza del parlamento, un segnale che si cerca di fare qualcosa per contenere i costi. Studi scientifici, anche di recentissima pubblicazione, ci confortano nelle loro conclusioni, che prevedono che grazie al sistema di rete integrata i costi potrebbero scendere (al netto dai cosiddetti 'buoni rischi') di circa il 12-13%». Il secondo aspetto per cui la riforma si è resa necessaria è quello concernente la qualità delle cure. «In effetti nel dibattito in vista della votazione - spiega Ignazio Cassis - questo aspetto è sovente tralasciato. Ma bisogna ricordare che il sistema sanitario svizzero sta diventando sempre più complesso, con circa 8mila posti di lavoro in più ogni anno, con una sempre maggiore differenziazione di specialità e senza una regia che sorvegli tutto il sistema, la qualità è messa in discussione come pure il rischio di errore è sempre più dietro l'angolo. Basta guardare le cifre: ogni anno in Svizzera, col sistema attuale, si contano circa 1'400 morti evitabili per errori medici legati essenzialmente alla mancanza di coordinazione. Senza parlare delle decine e decine di ricoveri inutili per errori di prescrizione, con i relativi costi che incidono per parecchi milioni di franchi all'anno».

Il progetto in consultazione «è quindi in grado di risolvere questi due problemi in modo da non stravolgere le abitudini della popolazione. Grazie alle reti integrate, il paziente viene preso a carico dal medico di famiglia e viene seguito, se del caso da uno specialista, per tutto il percorso per risolvere il suo specifico problema di salute. Laddove esiste, il Managed care ha dato buoni risultati anche nel nostro Paese, in particolare nella risoluzione di quelli che erano i due aspetti sensibili a monte della riforma. E ulteriori studi (pubblici, universitari e anche delle casse malati) confermano che il Managed care, grazie alla  coordinazione, riesce ad abbattere i costi, e consente un miglioramento della qualità delle cure soprattutto in caso di pazienti cronici grazie al sistema di presa a carico integrato. Mi chiedo quindi come facciano gli oppositori a dire che non è vero che con il Managed care non è possibile abbattere i costi della salute». E dell'aggravio che dovranno sopportare chi non vorrà/potrà accedere a una rete di cura? «Beh... non dimentichiamo che la sanità non è un mercato libero: siamo tutti obbligati a pagare i premi di  cassa malati. È normale che ci siano dei limiti, altrimenti diventa un 'supermercato' che tutti dobbiamo pagare. È giusto che chi si comporta responsabilmente e passa prima dal medico di famiglia sia premiato. Chi non vuole osservare le regole può farlo, ma paga un po' di più. E il prezzo (al massimo 300 franchi all'anno o 80 centesimi al giorno), non appare proibitivo».

Marina Carobbio: no alla legge poiché il progetto ha troppi lati oscuri

Marina Carobbio si è schierata a favore del referendum. «Sono contraria a questo progetto sia come medico che come parlamentare. Ciò per tre motivi: non farà diminuire i costi, rischia di introdurre una medicina a due velocità e il sistema di controllo da parte del Consiglio federale è praticamente nullo». Dalle discussioni parlamentari era emersa la volontà di rinunciare a obbligare gli assicuratori malattia a istituire reti di cura su tutto il territorio nazionale. «Pur essendo di principio favorevole a questo sistema di cura integrata, il progetto in consultazione - spiega la consigliera nazionale - è privo di quegli elementi cardine che lo potrebbero far funzionare. Basti pensare che per le casse malati non vi è nessun obbligo di creare delle reti di cura su tutto il territorio nazionale. Questo significa spalancare le porte a una medicina a due velocità e intaccare persino la qualità del sistema sanitario svizzero». Anche dal profilo economico questa riforma non sembra convincere la consigliera nazionale Marina Carobbio. «Infatti. Chi non aderisce o non può aderire a una rete di cura deve pagare una partecipazione maggiore ai costi con un aggravi di almeno 300 franchi annui, ciò che per molte persone e famiglie, oggi, rappresenta un problema non indifferente. Avrei preferito, già in sede parlamentare, che si rinunciasse all'aggravio del 5 per cento sulla partecipazione ai costi per coloro che non vogliono o non possono aderire a una rete di cura integrata. Tale aggravio  è infatti penalizzante se si pensa per esempio ai malati cronici agli anziani».

Tra le critiche al progetto, Carobbio ricorda anche il rischio che «questa riforma rafforzi eccessivamente il potere delle casse malati. Ogni assicuratore può sottoscrivere dei contratti con le reti laddove ci sono, soprattutto nei centri urbani, mentre per le regioni periferiche potrebbero essere create delle reti ad hoc da parte degli assicuratori costringendo, di fatto, i pazienti a prendere quello che 'passa il convento'».

Di punti positivi, questa riforma non ne ha nemmeno uno? «L'unico aspetto positivo del progetto è dato dall'impossibilità delle casse di gestire in proprio le reti di cura. Con l'introduzione della  corresponsabilità budgetaria per le casse malati, gli assicuratori - specifica ancora Carobbio - potrebbero fare pressione su determinate reti per stipulare i contratti. Vedo quindi male medici e altri professionisti della salute andare a contrattare direttamente con le casse malati. Il rischio è quello di istituire delle vere e proprie 'aziende sanitarie' con grossi costi amministrativi che non porteranno né alla diminuzione dei premi malattia né tanto meno alla diminuzione dei costi generali del sistema sanitario».

Se l'idea di rete di cura integrata «è positiva, il progetto in consultazione spalanca le porte a troppi dubbi (cosa succede, per esempio con i contratti che verranno stipulati tra assicuratori e reti? Come funzionano le dimissioni dalla rete da parte di un paziente?) e perplessità, così come verosimilmente alla medicina a due velocità creando grosse disparità tra i pazienti e non riuscendo neppure a diminuire - conclude Carobbio - né i costi del sistema sanitario in generale, né i premi per i singoli pazienti».

Autori

Ignazio Cassis

Ignazio Cassis

Marina Carobbio Guscetti

Marina Carobbio Guscetti