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Il Patto del 1291 e il Passo del San Gottardo: due simboli della coesione nazionale

01.08.2012

Discorso per i festeggiamenti del 1° di agosto 2012 ad Arosio

Signore Sindaco
Signora Vice-sindaca
Signori Municipali
e soprattutto care e cari Concittadini dell'Alto Malcantone,


Vi siete già chiesti com'era il Ticino nel 1291, anno del Patto federale commemorato stasera? Facciamo un breve passo indietro nel tempo. Il Cantone era abitato da semplici contadini senza apertura sul mondo o al contrario da nobili patrizi?
Stando alle ricostruzioni degli storici a quell'epoca le popolazioni perlopiù contadine delle nostre valli erano impegnate a perseguire tenacemente il bene della loro valle, in nome degli ideali comunitari e solidaristici. Gli specialisti parlano di una popolazione certamente non nobile, e nemmeno ricca, ma "di grande onestà, incline ad aprirsi al mondo, e soprattutto gelosa delle sue libertà".
Novant'anni prima, attorno al 1200, grazie all'intervento della popolazione dei Walser fu realizzato il ponte gocciolante nella gola della Schöllenen, detto anche il "ponte del diavolo", una passerella sospesa nella viva roccia lunga una sessantina di metri, che permetteva di superare la Reuss. A chi risolse il problema tecnico del passaggio attraverso queste gole si può indubbiamente attribuire il merito dell'"invenzione del Gottardo". Grazie alla realizzazione di questo manufatto, il passo del Gottardo acquisì per la prima volta un'importanza europea e come vedremo fu determinante per i destini delle popolazioni che vivevano sui due versanti. Fu appunto a quel momento che i Confederati, Uri in testa, iniziarono a frequentare anche il versante meridionale del valico, cioè il Ticino. Il traffico dei viaggiatori aveva infatti migliorato il tenore di vita degli abitanti soprattutto delle valli a nord del massiccio, che poterono accedere con relativa rapidità ai fiorenti mercati lombardi.
Sia al sud sia al nord del massiccio, i vallerani erano gelosi della recente autonomia acquisita, sinonimo anche di libertà nei traffici e nel commercio, che non poteva essere compatibile con la sudditanza verso una signoria, anche lontana, come quella esercitata dagli Asburgo a nord, e dai Visconti a sud.
Il resto della storia è po' meno felice per noi: l'interesse di Uri per l'apertura verso sud determinò le campagne militari in Leventina e nel Ticino. Tant'è che tra il 1480 e il 1798 gli Urani controllavano l'intera strada del passo, dal lago dei Quattro cantoni alle porte di Bellinzona.
Vi chiederete cosa c'entra il Patto del 1291 con il passo del Gottardo?
Oggi sappiamo che è a grazie al Gottardo che Uri e Svitto hanno ricevuto dall'Impero franchigie analoghe a quelle delle città libere, ed è pure attraverso il Gottardo che lo spirito dei comuni urbani lombardi giunse a fecondare il civismo dei comuni a ridosso del massiccio.
San Gottardo, simbolo di libertà, di indipendenza e di forza. Ma soprattutto cuore e sorgente delle Alpi. Qui si dipartono a forma di croce, quattro grandi fiumi: il Reno, il Rodano, la Reuss e il Ticino, quattro corsi d'acqua destinati a bagnare quattro regioni linguistiche e quattro culture. L'"Helvetia mater fluviorum", mito di una Svizzera madre dei fiumi e guardiana dei colli nel cuore dell'Europa, ha origine proprio nel massiccio del Gottardo.
Ed è altrettanto vero che questo passo centrale del sistema alpino, sorgente dei quattro fiumi, s'inserisce in un più complesso contesto di valichi e di sentieri (Grimsel, Furka, Gries, Novena, S. Giacomo, Oberalp), attraverso i quali, anche con andamento trasversale, circolano e comunicano da sempre, regolarmente, le popolazioni delle varie vallate. L'identità e il benessere della Svizzera è inimmaginabile senza questa roccia e i suoi zampilli.
E allora? Ebbene sì, appunto. I nostri antenati avevano molto meno di noi e in particolare erano privi di libertà ma si sono uniti per salvaguardare la loro autonomia e promuovere i loro interessi.
Per secoli non è stato facile varcare il colle del Gottardo. Impresa ardua, ma non impossibile. L'uomo, pur fra mille difficoltà non si è mai arreso: ha sistemato mulattiere, costruito ponti sospesi. Lungo le pendici del San Gottardo, d'estate e d'inverno, si sono incrociati mercanti, ambasciatori, poeti, pittori, pellegrini, eserciti e anche banditi. Un andirivieni continuo che sicuramente avrà provocato qualche ingorgo già allora.
E con l'arrivo della ferrovia prima, della strada poi, le emozioni cambiano, e con loro anche gli interessi. Dal vicino Regno d'Italia è arrivato un esercito di operai. Nel frattempo politici, ingegneri e baroni del vapore discutevano sulla scelta del tracciato: interessi esteri in gioco puntavano con motivazioni diverse sul Lucomagno o sullo Spluga. La giovane Repubblica ticinese di allora osservava in disparte queste discussioni, indecisa sul da farsi. Alla fine vinsero i gottardisti. Era il 1869 e non è stata l'ultima volta...
Al Gottardo s'interessarono pure i militari e così sono spuntate le fortificazioni e soprattutto il Forte di Airolo, ma anche i primi turisti che hanno dato ossigeno e ali all'economia cantonale.
Nel 1980, cent'anni dopo quella ferroviaria, le prime auto percorrono la galleria stradale, opera che il Ticino ha fortissimamente voluto. Ma se la prima ha destato i fantasmi della colonizzazione da parte degli svizzeri-tedeschi, la seconda ha reso il Gottardo corridoio di transito. Ora il San Gottardo è soltanto un cunicolo da attraversare velocemente, una galleria come tante altre, solo un po' più lunga, a due corsie invece di quattro come tante altre...
Il San Gottardo da sempre sinonimo di potenza, di democrazia, libertà mostra il suo ventre molle: sotto la sua scorza granitica prende spazio Alptransit, e con esso anche nuove polemiche sul completamento del tunnel stradale, e il perseguimento della politica di trasferimento del transito su rotaia. Da simbolo di coesione nazionale, ecco che 800 anni dopo il Gottardo diventa pomo della discordia, simbolo di divisione. Un altro mito che tramonta?
Solo i prossimi anni ci diranno se questo bastione dedicato al nome di un santo rimarrà tra i simboli della coesione del nostro Paese. E d'altronde anche l'altro simbolo, il patto federale del 1291 sembra aver perso smalto se non gliene ridiamo noi uno.
I cittadini a ridosso del massiccio del Gottardo volevano assicurare la libertà per i loro discendenti. Tocca a noi fare la stessa cosa e garantire alle generazioni future condizioni di vita altrettanto buone di quelle che oggi abbiamo. Questo significa avere almeno altrettanto coraggio di quello dei nostri antenati per osare sfidare i nostri nemici.
La sola differenza è che il nostro avversario di oggi è molto più difficile da identificare. Si chiama forse "ingorghi stradali", isolamento, TIR, inquinamento, chiusura di aziende, nuova criminalità, nuova povertà... Non bastano più l'alabarda o il Morgenstern per stanarli, ma nuove armi che purtroppo non abbiamo, non ancora. Che lo si voglia o meno bisognerà essere un pò più eroi di quello che siamo oggi per uscirne, e almeno altrettanto eroici e visionari dei nostri antenati che hanno reso valicabile il Passo del Gottardo.
La "via delle genti" rimane nonostante tutto un collegamento fragile, incuneato com'è tra dirupi, valloni e torrenti pronti a trasformarsi in devastanti eventi naturali che ne causano la chiusura per settimane.
Viviamo poi in un'epoca dove sfide immense c'interpellano al di là delle nostre patrie frontiere. Nel momento in cui l'Unione europea è convinta della necessità di creare rapidamente un nuovo collegamento ferroviario veloce transalpino per collegare Amsterdam - scalo principale dei nuovi commerci fra l'Europa e la Cina - e il Mediterraneo, la Svizzera non ha previsto il finanziamento della nuova linea veloce fra Lugano e la vicina Penisola. L'Italia dal canto suo non ha ancora deciso quale dei trafori previsti sia prioritario (il Brennero, il Moncenisio o il San Gottardo).
Sarebbe imperdonabile se noi Ticinesi non riuscissimo a convincere il Consiglio federale e gli altri cantoni elvetici (al momento sostanzialmente disinteressati) dell'importanza dello sbocco a Sud di Alptransit, che dovrebbe essere inaugurato nel 2016 e completato nel 2019 con l'apertura del tunnel del Ceneri. Oggi più che mai occorre intraprendere i passi necessari affinché la nuova trasversale alpina non finisca davanti a un muro sotto Lugano, e con questo vanificare gli sforzi miliardari di un intero Paese.
Alla rete mancano drammaticamente i raccordi fondamentali con l'Italia e la Germania.
Rimbocchiamoci dunque le maniche, care concittadine e cari concittadini, rimettiamoci al lavoro, e come nel passato evitiamo che il Ticino venga tagliato fuori dai collegamenti ferroviari veloci. La storia c'insegna che il nostro Cantone non ha mai smesso di lottare per rompere l'isolamento cui lo condannava la barriera fisica a Nord e il confine politico a Sud. Occorre un'accresciuta collaborazione con i paesi confinanti per la gestione coordinata e la distribuzione dei transiti. E per far ciò anche la Confederazione dovrà cambiare approccio e ricercare con più forza il dialogo con Austria, Francia, Germania e Italia. Solo così il San Gottardo rimarrà la montagna attorno alla quale è stata creata la Svizzera, riconfermando la sua funzione di "via delle genti" tra il Nord e il Sud.
Che sarebbe il Ticino senza il San Gottardo? Questo è un tema che svilupperò il prossimo 1° di agosto, se ci saranno ancora concittadini che mi faranno la grazia di ascoltarmi.
Grazie a Tutti Voi e viva la Svizzera!