Vai al contenuto principale Vai alla ricerca

“Iniziativa per la riparazione”: un atto dovuto

06.06.2014

La Regione Ticino, 6 giugno 2014

Un capitolo drammatico della storia sociale svizzera non è stato ancora adeguatamente rielaborato. Fino agli anni '80 del secolo scorso furono applicate nel nostro Paese, come anche in diversi Stati d'Europa, misure coercitive "a scopo assistenziale" ai danni di diverse cerchie di persone incolpevoli e particolarmente sfortunate. Sterilizzazioni, castrazioni e aborti forzati, ricoveri coatti in stabilimenti chiusi e senza alcuna decisione da parte di un tribunale, collocamenti extrafamiliari in istituti o famiglie. In decine di migliaia di casi questi provvedimenti draconiani violarono gravemente la libertà e la dignità delle persone colpite. Vittime di questi abusi su larga scala furono gli anelli più deboli della società di allora: madri nubili e i loro bambini, soggetti emarginati, nomadi (soprattutto jenisch), adolescenti e giovani adulti, nonché pazienti di cliniche psichiatriche.

Oggi gli storici e i rappresentanti delle vittime stimano che almeno 25'000 persone ne abbiano riportato gravi pregiudizi e che almeno 20'000 persone siano state colpite da drastiche misure coercitive e da collocamenti extrafamiliari. Migliaia di bambini furono umiliati, fatti oggetto di punizioni corporali e di maltrattamenti e in parte persino sottoposti ad abusi sessuali in istituti statali, religiosi e privati. Molti minorenni collocati in queste strutture furono costretti a lavorare, a detrimenti della loro formazione scolastica. L'arbitrio regnava praticamente sovrano in questi istituti chiusi, sottratti ad una regolare vigilanza da parte delle autorità. Gli abusi rimasero pertanto perlopiù impuniti e le vittime ancora in vita raccontano di esperienze traumatiche costellate di sevizie psichiche e fisiche e di ogni sorta di umiliazione. Adolescenti e giovani adulti vennero internati sulla sola base di una sommaria decisione amministrativa, senza alcuna precisa imputazione. Il loro destino fu la prigione o lo stabilimento chiuso ai fini dell'educazione al lavoro, in quanto sospettati genericamente di vita dissoluta o tacciati di fannulloni.

Nel penitenziario di Hindelbank vennero rinchiuse senza tanti complimenti anche molte donne a cui era rimproverata una condotta viziosa. Autorità e medici di diverse cliniche non esitarono ad estorcere con la coercizione il consenso dei loro pazienti - anche donne gravide e bambini - per sottoporli ad esperimenti farmacologici scientificamente discutibili. Queste cavie umane non venivano informate sulla natura dei test e molte di loro patiscono ancora oggi le conseguenze di tali interventi pesanti sulla loro salute e integrità fisica. Negli istituti le interruzioni di gravidanza venivano autorizzate soltanto se le donne acconsentivano alla loro contemporanea sterilizzazione; alle beneficiarie di prestazioni assistenziali che accennavano qualsiasi forma di resistenza a queste pratiche veniva prospettata la sospensione del sostegno finanziario pubblico. Fino agli anni '70 le autorità tutorie separarono con la forza numerosi neonati dalle loro madri non sposate per la sola ragione che esse vivevano in condizioni di miseria o perché accusate di comportamenti immorali oppure di convivere con alcolisti o sfaccendati. I loro figli appena nati venivano dati in adozione forzata ed esse non erano più in condizione di ritrovarli a causa delle disposizioni vigenti in materia, né ricevevano alcun sostegno da parte delle autorità nelle loro disperate ricerche.

Neppure va sottaciuto il drammatico destino dei circa seicento bambini che tra il 1926 e il 1973, per la sola "colpa" di essere nomadi, vennero strappati alle loro famiglie dai responsabili dell'opera assistenziale "Bambini della strada" promossa da Pro Juventute. Scopo principale di questa operazione era di combattere lo stile di vita in particolare degli Jenisch e di educarli ex auctoritate a divenire persone stanziali, abbandonando il nomadismo.

Un primo passo nel processo di rielaborazione di queste ingiustizie avallate dalle autorità di allora è stato fatto nel 1986 con le scuse espresse dal Consiglio federale nei confronti dei nomadi. Per le vittime dell'opera assistenziale "Bambini della strada" si è in seguito istituito un fondo apposito per il loro indennizzo. Invece, per tutti gli altri gruppi di persone che hanno sofferto a causa delle misure coercitive a scopo assistenziale non si è ancora riusciti, finora, a trovare una maggioranza politica in favore di un'equa riparazione del grave torto da loro subito. Lo scorso mese di gennaio la Conferenza dei Direttori cantonali degli affari sociali ha raccomandato ai Cantoni di alimentare un fondo volontario di aiuto immediato da finanziare in prevalenza attraverso le risorse delle lotterie cantonali. Tale fondo è riservato tuttavia a sostenere unicamente le vittime di misure coercitive che attualmente si trovano in gravi difficoltà economiche e i versamenti saranno quindi modesti. La tavola rotonda che nel frattempo riunisce le vittime e i rappresentanti della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni, delle organizzazioni coinvolte, delle istituzioni, delle Chiese nazionali e della comunità scientifica, è pertanto favorevole al versamento di indennizzi a tutte le vittime, così come prevede l' "Iniziativa per la riparazione". Serve infatti un fondo che consenta una riparazione secondo gli standard internazionali, a favore di tutte le vittime che hanno subito un grave pregiudizio e non solo di quelle che oggi si ritrovano nell'angustia economica. L'iniziativa popolare lanciata recentemente mira dunque alla costituzione di un fondo di 500 mio. di CHF, che consente una riparazione finanziaria completa e un'analisi scientifica di questo oscuro capitolo della storia del nostro Paese. La somma è stata calcolata considerando che sono almeno 25'000 le vittime di misure coercitive oggi ancora in vita. Quelle tra loro che hanno patito gravi torti potranno ottenere prestazioni dal fondo. Sostenere questa iniziativa è un atto dovuto.

 



 

 

 



 



Autori

Giovanni Merlini

Giovanni Merlini